giovedì 1 aprile 2010

Corsi e ricorsi/4


[continua da QUI]

Hjalmar Horace Greeley Schacht (1877-1970) era figlio di William Leonhard Ludwig Schacht, vissuto a lungo negli Stati Uniti, dove aveva lavorato 30 anni alla filiale della Equitable Life Assurance di Berlino. 

Dal 1918, Hjamar Schacht è nel consiglio di amministrazione della Nationalbank für Deutschland (Banca Nazionale della Germania), accanto al banchiere Emil Wittenberg, tra l'altro membro del comitato direttivo della prima banca sovietica, fondata nel 1922, Ruskombank, diretta dal banchiere svedese Olof Aschberg. Il direttore del dipartimento esteri della Ruskombank, lo statunitense Max May, fu vicepresidente della Guaranty Trust Company, una filiale di una delle colonne di Wall Street, JP Morgan.

Schacht a soli 31 anni è a capo della Dresdner Bank. Nel 1923 è nominato responsabile economico della Repubblica di Weimar e vara una serie di misure che riducono l'inflazione e stabilizzano il marco tedesco. L’anno dopo è promosso presidente della Reichsbank. È inoltre, fatto molto rilevante, amico del capo della Banca d’Inghilterra, Montagu Norman. Insomma, una figura chiave della finanza tedesca degli anni Venti come lo sarà poi negli anni Trenta.

In un precedente post [qui] si accenna alle gravi difficoltà finanziarie del NSDAP, accentuate dalla sconfitta elettorale del novembre 1932. È bene rammentare che Schacht, pur non essendo mai divenuto formalmente membro effettivo del NSDAP, fu un patrocinatore del finanziamento a favore del partito di Adolf Hitler, soprattutto nella disperata situazione creatasi a cavallo tra il 1932-‘33.

A Colonia, dove resideva il banchiere Kurt von Schröder, il 4 gennaio 1933 arrivarono Hitler e von Papen per colloqui intesi a risollevare le finanze del NSDAP. A Norimberga, Walther Funk, dal 1938 successore di Schacht al ministero dell’economia, elencherà tra i sottoscrittori che garantirono allora i debiti del partito: Fritz Thyssen e altri affiliati dell’industria pesante, Emil Georg von Strauss della Deutsche Bank, Kurt Paul Schmitt e Eduard Hilgard delle assicurazioni Allianz, Friederich Reinhardt della Commerz und Privat Bank, la Deutsche Erdöl, cioè la più grande compagnia petrolifera della Germania.

Non servirono i contanti, bastarono le firme dei magnati. Goebbles annotò nel suo diario, dopo le parole di disperazione scritte in dicembre, questa frase: «La situazione finanziaria è migliorata all’improvviso». Questo conferma, ancora una volta, che l’ascesa non irresistibile al potere di Hitler percorse anche una via tutt’altro che elettorale.

Che fine fecero poi i finanziatori di Hitler? Il tesoriere del partito nazista Schwarz, curiosamente, non resistette all’interrogatorio degli Alleati e morì; von Schroeder fu interrogato, ma solo come testimone a Norimberga, e non disse nulla; Thyssen negherà quanto scritto in un biografia dal giornalista Emery Reves di essere "uno degli uomini più responsabili per l'ascesa di Hitler"; infine Schacht, dopo tre anni di prigione, fondò una banca ad Amburgo spergiurando che gli hitleriani si erano autofinanziati.

Ma torniamo al punto dal quale siamo partiti nel precedente post: come trovare rimedio alla crisi, ovvero esportare senza svalutare.

Per cercare di comprendere cosa avvenne i quei cruciali anni di crisi è necessario aver presente che si stava combattendo una guerra commerciale di proporzioni mondiali, nella quale le due più grandi potenze economiche, Usa e Germania, e la più grande potenza coloniale, la Gran Bretagna, giocavano ovviamente un ruolo predominante (il Giappone ne giocherà una tutta sua in oriente).

Gli Usa, dopo aver lasciato che il dollaro si deprezzasse inusitatamente, volevano la liberalizzazione dei mercati allo scopo di favorire le proprie esportazioni e risollevarsi così dalla crisi (Reciprocal Trade Agreements Act del giugno 1934). La Gran Bretagna non aveva alcun interesse a togliere i propri dazi nell’area del commonwealth, mentre la Germania aveva un disperato bisogno di valuta estera e di credito. Una guerra commerciale contro il maggior partner economico, gli inglesi, sarebbe stata un suicidio; ma anche da parte inglese il commercio con la Germania era fondamentale per le esportazioni. Assistiamo così alla stipula di un accordo bilaterale di fatto contrario agli interessi “liberisti” degli Usa.

I punti nodali della manovra di Schacht furono: 1) l’accordo commerciale anglo-tedesco sui pagamenti del 1° novembre 1934, quindi lo «strano» – come lo definisce lo storico Adam Tooze – prestito concesso dalla Bank of England che consentì alla Germania di regolare l’enorme volume di crediti commerciali insoluti; 2) lo sganciamento dall’economia americana con il ritiro dal trattato di commercio e amicizia in atto dal 1923, poi il conseguente crollo delle ragioni di scambio tra Germania e Stati Uniti; 3) il tentativo concentrato di coinvolgere negli scambi tedeschi i produttori dell’Europa sudorientale e dell’America Latina che mettevano a disposizione succedanei delle materie prime di cui aveva bisogno il Reich. Eccetera.

In buona sostanza intervenne un mutamento importante nella struttura delle importazione ed esportazioni tedesche e quindi nelle relazioni con i diversi paesi, consentendo, per esempio al Brasile, di svincolarsi dalla visione di una zona emisferica di libero scambio teorizzata dal Segretario di Stato americano Cordell Hull. Del resto, com’è noto, tutta la storia del capitalismo, ma non solo, va letta anzitutto come storia delle relazioni commerciali e dei conflitti economici tra le diverse potenze. 

[continua? solo se vedrò interesse da parte dei lettori]

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