venerdì 9 aprile 2010

Giuliano o Spartacus?



Uno dei fattori, forse il più rilevante tra tutti, dell’affermazione della Chiesa nella realtà sociale del tardo impero romano, fu la sua capacità di aggregazione attorno alle questioni dell’assistenza e tutela degli orfani e delle vedove, e in particolare della cura dei poveri colpiti dalla gravissima crisi economica, politica e sociale. Se ne mostrò consapevole l’imperatore Giuliano (360-63) che individuò proprio nell’assistenza ai bisognosi l’àmbito in cui il clero pagano avrebbe dovuto competere con la Chiesa. Ma ormai certe scelte erano state compiute sotto Costantino, da questo punto di vista assai pragmatico e lungimirante, e quindi l’azione di Giuliano era destinata a fallire, anche a causa della sua prematura morte, forse causata proprio dal partito cristiano.
Da questo punto di vista avrebbe rilievo la contrarietà di destinare la scelta dell’8 per mille a qualsiasi tipo di organizzazione religiosa, da quella cattolica a quella valdese, poiché tutte le chiese ed organizzazioni di stampo religioso basano la propria forza di penetrazione e aggregazione proprio nel settore dell’assistenza, della carità pelosa e simili.
Da un altro punto di vista, cioè dal punto di vista pratico, tali diatribe lasciano il tempo che trovano, poiché lo Stato garantirà sempre la greppia ben piena a tali organizzazioni, la cui funzione di stabilizzazione e controllo è ben nota. Si tratta solo, in definitiva, di una partita di giro, anzi, di una vera e propria presa in giro. Come vediamo ogni giorno, la mitologia religiosa (e para religiosa) colonizza le mentalità attraverso la comunicazione universale. Tale mitologia stabilisce il segnavia lungo i sentieri intellettuali, martella la memoria mediante la ripetizione di segni che controllano lo spazio e il tempo, condizionano gli spiriti e governano i comportamenti.
Quando, come nell’esempio del post precedente, si assiste ad un cicaleccio tra un cretino convinto e un ateo devoto sul tema del diavolo, con un 20% di share televisivo, bisogna considerare che la battaglia dell’ateismo, se non s’incardina sul piano politico, ovvero sul piano di un cambiamento radicale delle condizioni sociali esistenti, è una battaglia persa.

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