Bahnhof Zoo di Berlino. È l’alba del 30
gennaio 1933, cielo color piombo ma non nevica. Al terzo binario è in arrivo un
treno che per tutta la notte e parte del giorno prima ha attraversato da sud a
nord la Germania. In uno scompartimento riservato di una carrozza di prima
classe trovano posto il generale Werner von Blomberg e il suo aiutante di
campo, colonnello Walter von Reichenau. Sono partiti da Ginevra, dove il
generale rappresenta la Germania alla conferenza per il disarmo. Indossa un
cappotto privo di martingala e con collo in pelliccia. Il colonnello è già nel
corridoio del vagone e sta scrutando dal finestrino due ufficiali superiori in
attesa sulla banchina.
I viaggiatori scesi dal treno sono raggiunti
dai due ufficiali che scattando nel saluto militare. Il primo ufficiale è il
colonnello Oskar Hindenburg, aiutante di campo del padre, il presidente della
Repubblica, feldmaresciallo Paul Ludwig Hindenburg; l’altro ufficiale, è il
maggiore von Kuntzen, aiutante di campo del generale Hammerstein-Equord,
comandante in capo dell’esercito. Il generale Blomberg è atteso dal presidente,
convocato d’urgenza, e il colonnello Hindenburg gli farà strada. Anche il
maggiore von Kuntzen invita Blomberg a seguirlo, gli vuole parlare il capo dell’esercito,
Hammerstein. Dopo un momento di comprensibile imbarazzo, Werner von Blomberg
decide di salire nell’auto del colonnello Oskar Hindenburg, per dirigersi verso
il luogo dell’incontro con il presidente della Repubblica, in Wilhelmstrße, 73.
Blomberg ha 54 anni, discende da una nobile
e antica famiglia di militari. Intelligente ma non brillante, marziale quanto
un tedesco della sua condizione. Seppur amante dei salotti, a differenza del
suo collega Hammerstein [*], considera le mot d’esprit riprovevole. È stato
cadetto a 13 anni, capitano nella prima guerra mondiale in servizio nello Stato
Maggiore della 19a divisione di riserva; promosso al grado di maggiore nel
1917, venne trasferito al comando della 7a armata dove fu poi insignito di una
croce a qualche merito. Attualmente, oltre a rappresentare la Germania a
Ginevra, comanda l’esercito in Prussia. È spesso ospite nella tenuta di
Hindenburg, ed è favorevole ad affidare l’incarico di formare il nuovo governo
ad Adolf Hitler [**].
Walter von Reichenau è figlio di un generale
prussiano e porta il monocolo. Ritiene di essere l’espressione di una
superiorità razziale che segnerà il destino del mondo. Entrato in servizio nel
1903, prende parte alla prima guerra mondiale servendo sul fronte occidentale,
meritandosi la croce di ferro. Nel 1918 è promosso capitano. Nel 1932, un suo
zio ardente nazista lo presenta a Hitler; conquistato dalla personalità dell’uomo
che già si fa chiamare Führer è tra i primi esponenti dell'esercito ad
abbracciarne la causa.
Oskar Hindenburg non è una mente sveglia,
come non di rado nei rampolli di secondo stampo, ma esercita comunque molta
influenza sull’anziano padre. Pochi giorni prima di ricevere i suoi ospiti alla
stazione ferroviaria, era stato segretamente ospite nella casa di un
commerciante di vini nazionalsocialista, certo Joachim Ribbentrop, amico
dell'ex cancelliere von Papen, con il quale era stato ufficiale sul fronte
turco durante la guerra. Fino a quella sera, secondo il sottosegretario di
stato Otto von Meissner, Oskar si era opposto a ogni compromesso con i nazisti.
In quell’occasione incontrò Adolf Hitler e con lui s’intrattenne a quattr’occhi
per un’ora. Anche se non si saprà mai che cosa si siano detti in
quest'incontro, è un fatto che il capo nazista perforò la resistenza di Oskar
Hindenburg, coinvolto pesantemente nello scandalo degli aiuti alle regioni
orientali.
Blomberg fu accolto dal segretario di Stato
e fatto accomodare nell’anticamera dello studio del presidente Hindenburg. L’anno
prima, l’anziano e mitico feldmaresciallo era stato rieletto, sebbene
personalmente riluttante, alla presidenza della repubblica, battendo alle
elezioni l’ex caporale Adolf Hitler, che al primo turno ottenne il 30,1% e al
ballottaggio appena il 36% delle preferenze. Hitler per candidarsi alle
presidenziali doveva ottenere la cittadinanza tedesca, poiché era ancora
cittadino austriaco. La prima idea, bastando un incarico pubblico per ottenere
la cittadinanza, fu di nominarlo “professore di sociologia organica” presso l’Istituto
di tecnologia di Brunswick, ma tale progetto sollevò le proteste degli
accademici locali e fu abbandonato [Cross, pp. 160-61]. Quindi si ricorse a una
manovra da operetta: «il 25 febbraio fu annunciato che il ministro nazista
degli Interni dello Stato di Brunswick aveva nominato il signor Hitler addetto
alla legazione di quello Stato a Berlino, divenendo automaticamente cittadino
tedesco, e di conseguenza eleggibile» [Shirer]. Hindenburg si trovava da tempo
alle prese con una crisi politica, istituzionale e sociale molto difficile e
pericolosa, culminata nel settembre 1930 con l’avanzata elettorale dei partiti
nazionalisti e antisemiti di destra, il NSDAP di Hitler e il DNVP (Partito
popolare nazional-tedesco) del magnate dei media Alfred Hugenberg. Questi
partiti, tuttavia, pur disponendo della maggioranza relativa dei voti al
Reichstag, non avevano una forza parlamentare sufficiente a formare una
coalizione di governo. Per contro, i socialdemocratici e i comunisti, i
centristi ed i cattolici, non riuscivano a trovare un accordo per opporsi
validamente ai nazionalisti con un fronte unico, lasciando perciò la Germania
in una condizione di instabilità politica, con ripetute tornate elettorali,
cambi di governo e una situazione economica e sociale ingravescente.
Il cancelliere Hermann Muller cadde sullo
scoglio dell’assicurazione contro la disoccupazione e fu sostituito dal
cattolico Heinrich Bruning, sostenuto dall’esterno dai socialdemocratici, al
quale dal maggio del 1932 subentrò quell’anima bella del cattolico Franz von
Papen, che non trovò una maggioranza che lo sostenesse. Si arriva così alle
elezioni legislative del luglio 1932, nelle quali i nazisti ottennero il 37,3%
dei voti, non abbastanza per formare un governo con a capo Hitler, semmai
Hindenburg avesse consentito di affidare l’incarico di cancelliere al “caporale
boemo”, capo di un partito di “delinquenti”.
A novembre, in nuove elezioni, i nazisti,
che pagavano sfiducia e stanchezza nel proprio elettorato, persero due milioni
di voti e 34 seggi, ottenendo il 31,1 (il Partito popolare nazional-tedesco
ebbe solo l’8,5). A Monaco e in Franconia erano il più forte partito, ma in
tutti gli altri distretti erano stati battuti dal Centro cattolico.
Complessivamente potevano contare 247 seggi su 584, cioè ancor meno che nel
luglio precedente (267 su 608). Per il partito nazista l’esito delle elezioni
significò il disastro, la spinta propulsiva che aveva portato il NSDAP di
vittoria in vittoria fin da 1929 si era ormai esaurita.
All’indomani della sconfitta elettorale di
novembre, le divisioni tra l’ala destra e sinistra (pensa un po’!) del partito
nazista, che avevano afflitto il nazionalsocialismo negli anni Venti,
riemersero improvvisamente. Scrive Joachim Fest: «Hitler avrebbe potuto
divenire cancelliere soltanto di un governo che avesse dalla sua la maggioranza
parlamentare; e poiché il capo dello NSDAP evidentemente non era in grado di
assicurarsela, il segretario di stato di Hindenburg, Meissner, gli indirizzò
una lettera» nella quale liquidava
ogni velleità del «Signor Hitler» alla nomina a cancelliere. Nella lettera si
diceva testualmente: «il Signor Presidente del Reich non può non temere che un
gabinetto del genere da Lei guidato si trasformi inevitabilmente nella
dittatura di un partito».
Sul fronte finanziario, con migliaia di
funzionari di partito e le SA, che da sole costavano due milioni e mezzo di marchi
alla settimana, il NSDAP era alla bancarotta. Eloquente in tal senso l’annotazione
tratta dal diario di Goebbels secondo cui Hitler, in dicembre, se ne uscì con
questa frase: «Se il partito va a pezzi, tempo tre minuti e la faccio finita
con un colpo di pistola».
L’avanzata comunista nelle elezioni del
novembre 1932 metteva una paura matta alla borghesia e nelle plebi rurali.
Ai primi di dicembre Hindenburg, anche sotto
la pressione di parte delle forze armate di cui il generale Kurt Schleicher era
ministro, diede l’incarico di formare il nuovo governo proprio a quest’ultimo,
il quale considerava Hitler come “un pericoloso maniaco”. Ciò avvenne con grave
scorno del suo rivale, von Papen. Il 31 dicembre Goebbles scrive: «sparite
interamente ogni prospettiva e ogni speranza». Assunti i pieni poteri,
Schleicher fece una mossa popolare tentando di aprire ai sindacati (questi
peraltro in profonde divergenze con i socialdemocratici) avviando la prima
iniziativa nazionale per la creazione di lavoro. «Gustav Stolper ricordò poi
una scherzosa colazione tenutasi presso la cancelleria del Reich nel gennaio
1933, in cui Schleicher e i suoi collaboratori fecero a gara nel prevedere
quanti voti avrebbero perso i nazisti nelle elezioni che Schleicher intendeva
indire nella primavera successiva. Gli editoriali di capodanno della stampa
berlinese erano ottimisti. “Vorwats”, il quotidiano socialdemocratico, salutò
il nuovo anno con il titolo: «Ascesa e caduta di Hitler».
[*] Most often two of these qualities come together.
The officers who are clever and industrious are fitted for the highest staff
appointments. Those who are stupid and lazy make up around 90% of every army in
the world, and they can be used for routine work. The man who is clever and
lazy however is for the very highest command; he has the temperament and nerves
to deal with all situations. But whoever is stupid and industrious is a menace
and must be removed immediately!
[**] Correlli Barnett, Hitler’s generals, a
p. 130 si legge: «A decisive factor for Blomberg's future career was the fact
that he did not get on very well with the powerful chief of the miniterial
office at the Defence Ministry, Major General Kurt von Schleicher ».
Nessun commento:
Posta un commento