giovedì 1 aprile 2010

Frumentaria ed eucaristia


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In  questo post avevo tratteggiato, senza suggestive pretese e tuttavia sulla base di fonti eccellenti, un’ipotesi sull’origine storica dell’eucaristia cristiana. Ora, l’Osservatore romano, al quale non sarà sfuggita l’importanza fondamentale di tale contributo su un tema così centrale per la teologia cristiana in generale e per quella cattolica in particolare, ha preso posizione con un articolo a firma del rev.mo mgr. Giovanni Carru. Quanto viene descritto dal monsignore sul tema della simbologia eucaristica, nei fatti irrobustisce i dubbi e avvalora l’ipotesi di come l’eucaristia debba essere intesa come un lascito della tradizione pagana del banchetto funerario, refrigerium. Ma a tale ipotesi (in realtà molto di più di una mera ipotesi), mi pregio di aggiungerne un’altra e che il prelato invece mai si azzarderebbe di prendere semplicemente in qualche considerazione, e cioè che l’eucaristia (agape), inizialmente, nelle forme della distribuzione di pane, vino e verdure, altro non sia stata, sul piano pratico e sociale e nell’àmbito della grave crisi economica del tardo antico, che una prassi di sussidio succedanea dei frumentaria e dei cosiddetti caro porcina, cioè della consuetudinaria distribuzione gratuita di viveri ai cittadini bisognosi o che comunque ne avevano diritto.

  
La raffigurazione del banchetto alle origini dell'iconografia paleocristiana
Pane e uva per non morire mai

di Giovanni Carrù

Al centro dell'arco di fondo della "cappella greca" nelle catacombe di Priscilla si staglia la suggestiva scena di un banchetto dipinto, alla metà del iii secolo, su un vivace fondo rosso, che solleva l'immagine in un'atmosfera simbolica, che, in passato, ha suggerito agli iconografi di interpretare la singolare rappresentazione come la prima testimonianza dell'Eucarestia nell'arte cristiana. La scena, come è noto, propone una situazione conviviale costituita da sette personaggi sistemati attorno a una tavola a forma di sigma:  tra questi, un uomo anziano, che occupa il posto di onore in cornu dextro, sembra spezzare il pane con grande solennità, mentre sulla tavola sono disposti coppe e piatti colmi di pesci e pani. Ai lati, sono sistemati sette cesti di pani, a memoria del miracolo neotestamentario della moltiplicazione (Matteo, 14, 13-21; Marco, 6, 32-44; Luca, 9, 12-17; Giovanni, 9, 26-37). Un'altra particolarità della scena è rappresentata dalla presenza di una donna a capo velato, che partecipa al banchetto, secondo un uso che si diffonderà per la solennità della celebrazione eucaristica.

La pittura della "cappella greca", che è associata ad altre scene neotestamentarie (guarigione del paralitico, resurrezione di Lazzaro, l'adorazione dei Magi) e veterotestamentarie (Noè nell'arca, Daniele tra i leoni, il sacrificio di Abramo, Susanna tra i vecchioni, i tre fanciulli nella fornace, Mosè che batte la rupe) e ad alcuni simboli riconducibili alla Resurrezione (la fenice, le stagioni), ha dato luogo a molte discussioni relativamente alla sua interpretazione. Se, infatti, il grande iconografo tedesco Joseph Wilpert intese la situazione figurativa come una vera e propria fractio panis, più di recente la nostra scena è stata interpretata come un più semplice banchetto funerario, secondo una tradizione iconografica già sorta nell'arte pagana e ripresa anche dai cristiani, specialmente negli affreschi delle catacombe dei santi Pietro e Marcellino, dove molte rappresentazioni alludono, con ogni evidenza, al rito funerario del refrigerium, ossia a quel banchetto simbolico organizzato in onore dei defunti, in occasione del dies natalis dei fratelli scomparsi.

Tutto questo ci induce a pensare che l'immagine del banchetto, nella cultura paleocristiana, propone diverse accezioni, nel senso che può alludere ora ai banchetti edonistici di puro intrattenimento, ora a un rito funerario, ora a una condizione paradisiaca,
ora alla moltiplicazione dei pani, ora all'Eucarestia. Questa ultima accezione, comunque, nei primi secoli, appare assai raramente, come per una sorta di discrezione nei confronti di un mistero estremamente delicato e solenne, nell'ambito della genesi dei sacramenti cristiani.

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