lunedì 19 aprile 2010

Tutto il tempo necessario


Kabul. Entro la fine dell'anno, la Nato vuole vedere concreti progressi in Afghanistan, dove la situazione ristagna. È il portavoce dell'Alleanza Appathurai a sottolineare tale esigenza. "Resteremo tutto il tempo necessario perché la nostra missione abbia successo, ma non potrà essere per sempre" ha dichiarato il portavoce, ribadendo che entro il 2010 in Afghanistan dovranno essere compiuti progressi tangibili anzitutto sul versante della sicurezza.
L'Osservatore Romano, 18 aprile 2010
Ed infatti:
L'esercito americano ha chiuso il fortino nella valle di Korangal, in Afghanistan. In termini di vite umane era costato 42 soldati e centinaia di feriti. Molto sforzo per nulla, perché la valle nella provincia orientale di Kunar, desertica e spopolata, restava e resta saldamente in mano taleban nonostante l'impiego di risorse materiali e umane. Non è l'unico avamposto sigillato: nel 2007 e nel 2008, spiega il New York Times, due fortini e una base satellitare sono stati chiusi nella valle di Waygal in Nuristan e nel 2009 due ne son stati chiusi, sempre in Nuristan, nell'area di Kamdesh. Con la base di Korangal sono state abbandonate anche altre cinque basi satellitari. Qualcuno (oltre ai giornali americani) se n'è accorto?
Il manifesto, 17 aprile 2010

* * *
La posizione geografica dell’Afghanistan e la particolare natura del suo popolo conferiscono al paese una rilevanza politica che, nell’ambito degli affari dell’Asia centrale, non sarà mai troppo sottolineata. La forma di governo è la monarchia, ma l’autorità di cui il sovrano gode sui suoi turbolenti e focosi sudditi di tipo personale e molto indefinita. Il regno è diviso in province, ciascuna controllata da un rappresentante del sovrano, il quale raccoglie le tasse e le invia alla capitale. Gli afghani sono coraggiosi, intrepidi e indipendenti; si occupano esclusivamente di pastorizia e agricoltura, rifuggendo il commercio e gli scambi che sdegnosamente lasciano agli indù e ad altri abitanti delle città. Per loro la guerra è un’impresa eccitante e una distrazione dalla monotonia delle abituali attività. Gli afghani sono divisi in clan, sui quali i vari capi esercitano una sorta di supremazia feudale. Soltanto un odio irriducibile per l’autorità e l’amore per l’indipendenza individuale impediscono loro di diventare una nazione potente; ma questa stessa irregolarità e incertezza nell’azione li rende pericolosi vicini, capaci di essere sballottati dai venti più mutevoli o istigati da politici intriganti che eccitano astutamente le loro passioni.
Friedrich Engels, voce Afghanistan, in The New American Cyclopædia, v. I, 1858, estratto.

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