L’Osservatore romano di oggi riporta un articolo di Raffaele Alessandrini dal titolo La cattiva coscienza di chi accusa Pio XII e dal sottotitolo ancor più eloquente e programmatico: La spartizione della Polonia del 1939 e i silenzi consapevoli degli Alleati di fronte alla tragedia della Shoah. L’articolo prende avvio con una denuncia precisa, ovvero:
«[…] il disinteresse per gli ebrei e il loro consapevole abbandono da parte degli Alleati nonostante fossero pienamente al corrente dei piani hitleriani di "soluzione finale". Lo ha ricordato anche un ampio servizio di Claude Weill su "Le Nouvel Observateur" del 4-10 marzo 2010 […]».
Quindi l’affondo: «Ora è indubbio che gli Alleati conoscessero da tempo la mostruosa realtà della Shoah come pure la sua entità. […] Henry Morgenthau junior, ministro del Tesoro statunitense durante la guerra, disponeva di prove sufficienti per dire che fin dall'agosto del 1942 a Washington si sapeva che i nazisti avevano progettato di sterminare tutti gli ebrei dall'Europa e che "solo l'incapacità, l'indolenza e gli indugi burocratici dell'America impedirono la salvezza di migliaia di vittime di Hitler" mentre, oltre Atlantico, "il Ministero degli Esteri inglese si preoccupava di più di politica che di carità umana"».
Tutto questo per dire che «vi fu solo un'unica autorità mondiale a levare alta la voce e a incitare gli uomini di buona volontà alla riconciliazione e al dialogo: "Nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra!"». Un’autorità morale che però rimase silente quando, sotto le proprie finestre, venivano condotti ai treni e poi ai lagern gli ebrei romani. Si tratta del solito cantico del tutti colpevoli nessun colpevole, tanto meno chi tuonò genericamente contro la guerra, dimenticando di chiamare per nome e cognome chi l’aveva scatenata e i suoi complici, residenti al Quirinale e a Palazzo Venezia!
Quindi scrive: «Le maggiori potenze d'Europa, Inghilterra e Francia, che avevano tenuto un contegno inerte e perfino acquiescente di fronte all'Anschluss (l'annessione dell'Austria del marzo 1938) e all'invasione della Cecoslovacchia - prima la conquista dei Sudeti, poi, nel marzo 1939, fu la volta della Boemia e della Moravia - non si discostarono dalla loro condotta passiva». Nessuna menzione al fatto che quando Hitler si prese la Cecoslovacchia, la devota e cattolica Polonia, nel suo piccolo, partecipò al banchetto hitleriano, annettendosi la zona della città di Cieszyn. Per non dire poi della spartizione postbellica della Slesia e Pomerania, dello svuotamento di città tedesche, le razzie e gli stupri, l’occupazione delle terre ucraine, ecc.. Insomma, la Polonia patì l’indicibile, ma non fu solo vittima innocente.
Il passo più interessante dell’articolo è il seguente:
«Ma ciò che veramente risulta al vertice delle preoccupazioni di Papa Pacelli è […] che un avvicinamento germano-sovietico avrebbe portato non solo alla guerra in Europa, ma che, in caso di uno scontro portato dalla Germania alle altre potenze del continente, vi sarebbe stato alla fine il bolscevismo a rivestire le parti del tertius gaudens che, tenutosi inizialmente ai margini del conflitto, avrebbe potuto godere dei vantaggi della situazione intervenendo al momento opportuno ai danni degli altri due contendenti sfiancati dalla lotta per imporsi definitivamente sull'Europa».
In cima alle preoccupazioni di Pacelli c’era anzitutto l’anticomunismo (ne ho accennato qui).
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