domenica 25 aprile 2010

Il loro 25 aprile


Nel paese dove abito, ma per fortuna non ci sono nato, la cerimonia ufficiale per il 25 aprile, festa della liberazione dai nazi-fascisti, cioè festa anti-fascista e partigiana, avviene tutti gli anni davanti al monumento ai caduti di tutte le guerre (tranne i caduti della guerra partigiana), dove viene posto un palco con microfono, installata una tribunetta e fatta suonare una banda.
Gli inni degli alpini precedono la cerimonia: quello del Piave e poi tutti gli altri. Di canzoni partigianie manco a parlarne. Se chiedi ragione del fatto, ti rispondono che dipende dal maestro della banda; se chiedi al maestro, ti risponde che lui esegue gli ordini.
Gli alpini, rispettabilissimi per molti motivi, con questa festa non c’entrano nulla.  Le unità alpine durante il II conflitto mondiale hanno combattuto sul fronte italo-francese, su quello greco-albanese, in Yugoslavia, e soprattutto in Russia. Incontestabilmente dalla parte dei nazi-fascisti. È vero che dopo la ritirata di Russia molti alpini si sono rifiutati di aderire alla RSI, che non pochi parteciparono alla guerra di liberazione, ma si tratta di scelte individuali, come quelle di molti altri che alpini non erano. Perciò trasformare la festa della liberazione in una specie di raduno dell’ANA è sbagliato e antistorico.
Dopo gli inni di apertura, segue la consueta allocuzione del sindaco. Il giornalista del quotidiano locale mi dice: «Vediamo se anche quest’anno eviterà di pronunciare le parole Resistenza e Partigiani». Gli rispondo: «Scommessa già vinta». Il sindaco tocca tutti i punti della più bassa e generica retorica patriottarda, non dimentico del futuro radioso che attende le comunità padane non appena, tra poco, il federalismo fiscale diverrà realtà. Intanto il locale ras del PDL, un ex insegnante da vent’anni baby pensionato, nel vedermi sibila: «Rossi merde». Ha il pallino per le argomentazioni molto articolate. Gli rispondo per sintesi mostrandogli il dito medio.
Dopo l’allocuzione, i ragazzi delle scuole intonano la cosiddetta canzone di Nassirya (Nasiryya, Iraq). La cerimonia è finita e tutti s’intruppano ordinatamente per la santa messa, con alla testa i labari degli Alpini e dell’Ass. naz. combattenti. Mi avvio verso casa, la nausea agli irti colli e un boccolo di rosa rossa in mano per la mia bella.

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