mercoledì 14 aprile 2010

Falsificazioni cattoliche


Scrive Luciano Canfora sul Corriere dell’11 aprile:
Nell'autorevole Dizionario ecclesiastico diretto da Angelo Mercati e Augusto Pelzer, due pilastri della dottrina vaticana, si legge ancora che Ipazia «fu uccisa in una dimostrazione popolare perché avversa al cristianesimo», si precisa non senza improntitudine che il vescovo Cirillo fu estraneo alla cosa, e si squalificano gli storici antichi che lo inchiodano, tra cui lo storico cristiano Socrate scolastico (circa 380-440 d.C.), con l'argomento che sarebbe vissuto «un secolo più tardi» laddove fu palesemente coevo dei fatti!
Non deve stupire: il cristianesimo, quale si afferma a partire dal IV secolo, diviene prevalentemente un’operazione istituzionale, la realizzazione di una strategia con scopi sociali e politici ben precisi, alla quale concorrono i più eminenti funzionari dello Stato. Dato questo carattere di potere particolare, falsificazioni, mistificazioni e interpolazioni in atti e documenti, diventano la norma.
Salvatore Claderone, nel suo fondamentale Costantino e il cattolicesimo, pubblicato in origine da Le Monnier nel 1962 e quindi riedito in anastatica per i tipi de Il Mulino nel 2001, così si esprime dopo aver passato in rassegna le direttive politiche di Costantino di fronte al mondo cristiano:
Idee e fatti rivelatori di un “cristianesimo” interiore, o piuttosto di un “puro politicismo”? Il problema, se già detto, non sussiste, perché è mal posto nel momento stesso in cui si pretende di definire Costantino in rapporto a paradigmi estranei e lontanissimi dall’ambiente in cui egli operò e – quel che più conta – astrattamente astorici. Sembrerà un paradosso; ma di Costantino si può affermare che sia stato un “cristiano” e insieme un “politico”, ma di quel “cristianesimo” e di quel “politicismo” che potevano sussistere al principio del IV secolo, nelle strutture effettive che furono proprie di quella società e di quello Stato. Costantino fu il grande costruttore di un organismo statale unitario, la cui formula nuova era destinata a sopravvivere per molti secoli; in quell’organismo il cristianesimo doveva avere il suo posto e la sua forma; tale forma non poteva essere diversa da quella indicata da Costantino: “cattolicesimo unitario”.
Ci si dovrebbe anzitutto chiedere come mai le questioni religiose, anzi, la questione religiosa per eccellenza, il cristianesimo, avesse assunto in quel tempo un rilievo così straordinario e tutto sommato inedito nella storia di Roma e dell’Impero in rapporto ad un singolo culto. Qual era il motivo della persecuzione del culto cristiano? Il rifiuto di riconoscere la natura semi divina dell’imperatore di turno? Si tratta di una panzana. La comunità ebraica, da cui emanava l’eresia cristiana (e non solo), non versava forse nella stessa situazione? I motivi della persecuzione sotto Diocleziano non erano solo motivi di ordine teologico, di scontro tra teogonie diverse. Del resto i culti mitraici erano molto diffusi e prevalenti non solo nell’esercito. Cosa induceva i livelli più alti dello Stato ad occuparsi di un culto tanto da farlo diventare, a cavallo tra III e IV secolo, una questione centrale della politica imperiale?
Il conflitto tra paganesimo e cristianesimo è anzitutto uno scontro di strutture (che alla buona definisco dell’assistenza) e di forme politiche di rappresentanza (la vicenda di Ipazia lo conferma) antagoniste. È in tale quadro che debbono essere individuate e spiegate le dinamiche sociali e politiche che portarono dapprima alla persecuzione del cristianesimo e poi alla sua cooptazione da parte di Costantino e di Licinio (di quest’ultimo è il documento, riprodotto da Eusebio e poi da Lattanzio, fatto passare, impropriamente, come l’Editto di Milano). Si tratta di un’opzione funzionale, in un’epoca di gravissima crisi, alla rimodulazione degli assetti e degli istituti del sistema. Una lotta per il potere che, dati i tempi, non poteva assumere le forme moderne dello scontro politico, e perciò si traveste ideologicamente come scontro tra fazioni religiose. Una forma dello scontro che si manterrà attiva per più di un millennio, cioè fino al sorgere di nuove condizioni sociali ed economiche decisive.

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