mercoledì 12 dicembre 2012

Il Club di Berlino



Grillo ha ragione. In un partito come il suo non c’è spazio per i rompiscatole. In questo senso il genovese è un leninista coerente. Ce ne fossero nel Partito democratico come lui. Una cosa che invece non è chiara del programma di Grillo è la ricetta di come uscire dalla crisi. Non basta tagliare i costi della politica e gli sprechi, recuperare alcuni miliardi di qua e altri di là. Anche se, bisogna ammettere, incominciare a ridurre certe spese è questione di decenza.

Si pensi, ad esempio, alle scorte per i vari personaggi, pare si spendano circa 500 miliardi di lire. Pardon, 250 milioni di euro. Solo Berlusconi ha almeno 40 guardie che gli guardano il culo e la spesa stimata è tra i 2,5 e i 5 miliardi di lire annui. Gli uomini al seguito del re del bunga-bunga possono contare su un compenso economico doppio rispetto ai colleghi che svolgono servizi di sicurezza ordinari. Sono di fatto equiparati ai colleghi dello spionaggio e controspionaggio, ma in realtà non svolgono alcuna di queste funzioni. Infatti, non fanno capo al ministero degli interni ma ai uno dei tanti organismi segreti italiani.

Uscire dalla crisi significa altro. Grillo, come del resto gli altri attori sulla scena, non può fare molto. Anche perché non si tratta semplicemente di una classica crisi di sovrapproduzione, oppure di una crisi commerciale o finanziaria, ma è tutte queste cose e molto altro, fondamentalmente una crisi di sistema come mi pare di aver accennato in diverse e noiose occasioni. Tanto per dire, non è l’euro a essere una moneta sbagliata, ma piuttosto come l’euro è pensato e gestito. E ciò dipende anzitutto dalla volontà della Germania (per esempio e tra l'altro il rifiuto di voler sottoporre a controllo le sue banche).  Lo stesso discorso vale per la concorrenza, il commercio e la finanza. Da soli non contiamo nulla e in Europa poco. Ma soprattutto gli interessi della borghesia non sono i nostri interessi, anche se obtorto collo ne siamo pesantemente coinvolti.

La strategia, come ho scritto nel lontano novembre scorso, resta quella di scompaginare il quadro politico perché dalle elezioni non esca un vincitore netto, in modo che nel gioco restino intatti gli inossidabili interessi dominanti. Del resto, metter mano a un disastro di decenni non è impresa facile. Pensare che ciò accada stando all’opposizione, facendo ostruzionismo in parlamento e denuncia nel paese serve forse ad agitare un po’ i media ma conta assai poco. Grillo ne è cosciente e del resto egli stesso dice che il suo movimento rappresenta un’alternativa alla deriva populistica di destra. E fino a un certo punto sa anche che la sua iniziativa fa parte del gioco di cui dicevo. Come scrivevo nello stesso post del 24 novembre, non c’è nulla da cambiare.

Con Monti Mario abbiamo avuto uno scampolo di quella che il 12 luglio 2010 chiamavo “dittatura commissaria”. Un esperimento soft, per il momento. Il 17 luglio 2010 – è trascorsa un’era geologica – scrivevo: Nelle progetto di Berlino, questo processo “richiederà restrizioni discrezionali ai poteri sovrani”, ovvero il controllo effettivo sulla politica di bilancio dovrebbe quindi essere assunto da “un individuo o gruppo di individui con familiarità con le caratteristiche regionali del Paese debitore”. Questo “individuo o gruppo d’individui”, sarà nominato da un comitato di esperti in Germania, noto come Club di Berlino.

Quindi proseguivo: Il piano tedesco rivela la totale incapacità delle classi dirigenti di affrontare la crisi economica, nel quadro tradizionale della democrazia borghese. Recentemente, Schäuble ha ammesso una verità che a nessun ministro piace rendere pubblica: i governi prendono ordini dai mercati finanziari. Ora, al fine di placare le banche, Schäuble è pronto a trattare gli Stati insolventi come le imprese in fallimento. Schäuble – descrivendo il concetto base del piano tedesco – ha dichiarato: “Ogni volta che una società rischia il fallimento, i creditori devono abbandonare una parte dei loro crediti. Lo stesso vale nei casi di fallimento nazionale”. Egli dichiara che gli Stati a rischio insolvenza saranno trattati allo stesso modo delle società in liquidazione, ossia saranno sottoposte da parte di un’agenzia esterna a un controllo efficace dei loro bilanci.

4 commenti:

  1. ti leggo da tempo e con interesse. I tuoi post sono sempre approfonditi e interessanti anche quando non li condivido...

    poi pero' ogni tanto te ne esci con certe ingenuita' tipo il partito leninista...

    L'ultimo che ha rivendicato questa accezione in Italia qualche mese fa s'e' ritrovato leninisticamente Belsito tesoriere... insomma non mischiamo la storia tragica con la grottesca farsa che stiamo vivendo...

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    1. confido sempre che i lettori sappiano cogliere l'ironia

      ciao

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  2. a proposito dei nostri sibaritici parlamentari e delle loro scorte , la settimana scorsa ho fatto veramente fatica a riconoscere il compassato Fausto Bertinotti in una intervista nella quale , alla domanda se ritenesse corretto e giusto beneficiare ANCORA di una scorta speciale , si è scagliato sulla giornalista di turno come un'autentica iena. giuro faccio ancora fatica a credere fosse veramente il Fausto col cellulare al collo e i gilettini di pura lana.

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