martedì 18 marzo 2025

Epochenbruch

 

Nonostante possieda quasi 500 miliardi di dollari di ricchezza, Elon Musk è preoccupato quasi quanto una famiglia italiana media verso la fine del mese. Per la sua Tesla le vendite non vanno per niente bene. A cominciare dal più grande mercato automobilistico del mondo: la Cina. E nonostante sia previsto che le vendite di veicoli elettrificati, principalmente a batteria o ibridi, quest’anno nel celeste impero supereranno quelle con motore a combustione interna. Anzi, proprio in ragione di questo.

La vendita di veicoli elettrici ha subito un rallentamento anche in Europa e negli Stati Uniti. Altro fatto di rilievo è il primato nel 2024 dei marchi cinesi nella stessa Cina: sono passati dal 38% nel 2020 al 56%, dimostrando di essere in grado di sfidare le compagnie giapponesi, americani ed europee. La guerra dei prezzi, innescata due anni fa da Tesla, è il risultato dell’entrata in produzione del suo impianto gigante a Shanghai, la cui capacità produttiva va da 750.000 a un milione di unità.

Da questa guerra al momento stanno uscendo rafforzate alcune società cinesi, non solo BYD, ma anche altre come Changan, Chery e Greely, le quali l’anno scorso hanno superato il milione di vendite ciascuna. L’accordo con Tesla del 2018, è l’applicazione della strategia di mettere in una piscina, in questo caso il mercato cinese delle auto elettriche, un pesce predatore, in modo che gli altri pesci spaventati nuotino più veloci.

I cinesi hanno imparato a sfruttare le forze di mercato, facendo piangere calde lacrime ai liberali di casa nostra.

Impressiona il balzo in avanti di BYD, che può trovare un confronto storico solo con la Ford dopo la prima guerra mondiale. Con la gestione scientifica del processo produttivo, il famoso modello T introdotto nel 1908, Ford rivoluzionò l’industria dell’automobile, dando inizio alla motorizzazione di massa del secolo scorso, passando in soli quattro anni, dal 1920 al 1924, da 460 mila a quasi due milioni di autoveicoli venduti.

BYD dal 2020 al 2024 è passata da 400 mila autoveicoli a più di 4 milioni, decuplicando le vendite. Così come già successe con il sistema tayloristico di Ford, sono stati introdotti nuovi sistemi di produzione. Nel caso di Tesla e BYD, dopo decenni di organizzazione orizzontale con il trasferimento della produzione di componenti a fornitori esterni, si è tornati all’integrazione verticale, con la produzione interna dei componenti.

L’auto elettrica non è solo un motore elettrico montato su un telaio, essa richiede una trasformazione radicale del modo di costruire automobili, con la distruzione di quote considerevoli del capitale fisso esistente. I tedeschi, ma non solo loro, sono chiamati a imparare la dura lezione. Questo cambio di strategia dei grandi marchi non promette bene nemmeno per il settore italiano della componentistica per auto.

L’industria automobilistica è stata la spina dorsale dell’economia europea, con 6,5 milioni di posti di lavoro diretti. Secondo il rapporto del 21 marzo 2024 Global auto Outlook: Steering through turbolence di Allianz Research, l’auto elettrica metterebbe a rischio nell’Unione Europea 730.000 posti di lavoro, di cui almeno 260.000 in Germania. Si comprende perciò la necessità di riconvertire una parte dell’industria automobilistica civile in produzioni di armamenti.

Il passaggio all’elettrico non è solo una questione tecnologica, ma anche e soprattutto politica e strategica. Con buona pace di quella “climatica”, utile per gettare fumo negli occhi alle plebi.

Ecco perché vedere l’elettrificazione dell’auto solo dal punto di vista degli effetti climatici e delle emissioni inquinanti distorce la visuale. È necessario vedere l’elettrificazione del sistema dei trasporti in una prospettiva strategica, tenendo conto che l’Europa dipende dalle importazioni di petrolio per la quasi totalità dei suoi consumi. Per lo stretto legame tra petrolio e motore termico, l’interruzione delle forniture farebbe collassare il sistema dei trasporti europei, e quindi l’economia.

Posto che un conflitto bellico tra potenze imperialistiche riguarda solo il quando e non la sua possibilità (la spartizione del mondo non è il preludio a una nuova coesistenza, ma la premessa di una lotta per la vita o la morte), anche per la Cina la sicurezza energetica è da tempo una priorità sia economica che militare. Pechino è preoccupata per la possibile distruzione delle linee di rifornimento di petrolio, perciò ha definito prioritario lo sviluppo delle fonti energetiche domestiche, sia convenzionali e sia rinnovabili.

È proprio vero quello che si legge e si sente oggi sui media, il mondo è cambiato. Per dirla con il cancelliere tedesco in pectore: Epochenbruch, rottura epocale. I cinesi lo sanno da decenni e si sono portati avanti, mentre l’Europa (e fino a ieri gli Stati Uniti) ha bisogno dell’Ucraina per fare bau alla Russia. Perfino quello stravagante di Trump appare un gigante del pensiero strategico rispetto a Obama e Biden. Un’epoca di paradossi, non c’è che dire.

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