Sembra di capire, anzi è senz’altro vero che Bertinotti non esclude di credere in una dimensione trascendente, dunque in una dimensione metafisica. Si schernisce, dice che è una cosa troppo intima per parlarne pubblicamente in dettaglio. Ma intanto lo fa sapere. Posso capire, stante il peso della vecchiaia, i dubbi esistenziali di un’anima comune a riguardo dell’enigma dell’uscita dal tempo, ma che dire di un leader politico che voleva rifondare il comunismo fin dal nome del suo partito? Che Bertinotti sia stato, al pari di molti altri ex Pci e dintorni, un violentatore degli ideali in cui diceva di credere, non va posto in discussione.
Sostiene di credere ancora nel socialismo, dunque nel riformismo, come ha dato prova coerente per tutta la sua vita e fin dalle sue origini politiche. Ha sempre giocato da terzista. Bertinotti nel 1998 face cadere il governo Prodi. Quest’ultimo, di nuovo a cavallo e conoscendo la vanità del leader comunista, nel 2006 ne assecondò l’elezione a presidente della Camera (*).
Bertinotti, nella sua prima sortita post-elettorale del 2006, non usò chiaroscuri: «Ogni iniziativa politica nei confronti della Cdl sarebbe una stonatura, una sgrammaticatura e dunque la ricerca di intese istituzionali per la ripartizione della cariche è un errore politico cui saremmo indisponibili». Che sepolcro imbiancato.
Bertinotti dedicò quell’elezione al seggio più alto di Montecitorio “alle operaie e agli operai”. Francesco Cossiga, il personaggio più pirandelliano di quell’epoca, gli mandò un telegramma in cui si definiva il “secondo unico marxiano d’Italia dopo di te”. Chissà cosa direbbe oggi quello stravagante bipolare se sapesse della parabola di Bertinotti anche in materia religiosa. Gli regalerebbe un rosario.
(*) La Stampa del 12 aprile 2006: Cancellando un suo precedente auspicio in questa direzione, il Professore ha giudicato negativamente l’ipotesi di assegnare una delle presidenze delle Camere all’opposizione: «No, non lo faremo - ha detto Prodi - non fa parte del nostro programma». Certo, il probabile prossimo presidente del Consiglio potrebbe avere interesse a tenere aperto il dialogo con l’opposizione - o almeno con la sua parte più moderata, quella che fa capo all’Udc - ma per le presidenze delle due Camere sa già di dover soddisfare tre prenotazioni importanti: quella di Massimo D’Alema e di Fausto Bertinotti per la Camera dei Deputati e quella di Franco Marini, della Margherita, per la presidenza del Senato. E dunque con tre aspiranti per due poltrone, Prodi è in qualche modo costretto a giocare nella sua metà campo. Anche perché i due pretendenti per la presidenza di Montecitorio restano motivatissimi.
Scusa, la Cdl è l'acronimo di casa della libertà?
RispondiEliminaies
EliminaUna volta simili personaggi sarebbero stati collocati nella "pattumiera della storia."
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