Sempre distratti dalle cazzate di Meloni e di Schlein (la sua famiglia, ebraica, ha origini ucraine), sta passando sotto silenzio la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), che ha ordinato al governo ucraino di risarcire le vittime dell’attacco incendiario del 2014 a Odessa da parte di teppisti fascisti, che causò la morte di 42 persone e il ferimento di altre 170.
La Corte ha stabilito che le autorità ucraine hanno violato l’art. 2 della Convenzione europea per non aver adottato le misure necessarie per prevenire la violenza, per non essere intervenute tempestivamente una volta scoppiati gli scontri, né di aver garantiti soccorsi adeguati alle persone intrappolate nell’incendio della Casa dei Sindacati. Inoltre, è stata accertata una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare a causa dei ritardi nella restituzione del corpo di una delle vittime alla sua famiglia.
La causa è stata presentata alla Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo dai parenti di 25 delle vittime dell'incendio doloso, insieme a tre sopravvissuti al massacro.
Nella sua sentenza, la Corte, in quanto istituzione dell’imperialismo europeo, ha fatto del suo meglio per sostenere la narrazione secondo cui il rogo di 42 contro-manifestanti da parte di teppisti di destra, definiti manifestanti “pro-unità”, era in qualche modo il risultato della “propaganda russa”.
Afferma:
«La Corte ritiene che tale disinformazione e propaganda potrebbero aver avuto un impatto anche sui tragici eventi dei casi in esame. [...] Il movimento filo-russo “Kulykove Pole” di Odessa si è basato in larga misura su messaggi di disinformazione e propaganda aggressivi ed emotivi sul nuovo governo ucraino e sui sostenitori di Maidan, espressi dalle autorità russe e dai mass media.»
Questo stravolgimento della verità (è stato un atto di terrore politico e omicidio di massa compiuto con piena consapevolezza) non spiega perché la polizia e i vigili del fuoco di Odessa siano rimasti a guardare mentre 42 persone bruciavano vive.
Nelle conclusioni della Corte, si ammette che: «Nonostante le numerose chiamate ai vigili del fuoco, che si trovavano a meno di 1 km di distanza, il capo regionale dei vigili del fuoco ha ordinato al suo staff di non inviare autopompe a Kulykove Pole senza un suo ordine esplicito.»
La presenza del termine "disinformazione" nei testi ufficiali, e, per discendenza diretta, nei giornali scritti o parlati, è sicuro sintomo di malafede menzognera, finalizzata a imbonire i fessi. Le istituzioni non devono essere a caccia di disinformatori, e tanto meno sguinzagliargli dietro i loro fedeli giornalisti.
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