Le crisi ucraina e taiwanese andrebbero lette in parallelo se vogliamo tentare di capire qualcosa dei giochi ai piani alti della diplomazia. Tuttavia nelle righe che seguono mi limito a offrire un punto di vista (parziale e criticabilissimo, per carità) della situazione creatasi ai confini con la Russia e sul ruolo dei vari attori, tenendo la questione della contesa Usa-Cina solo sullo sfondo.
Putin ha schierato, del tutto legittimamente, un po’ della sua truppa ai confini con l’Ucraina, lamentando le forniture di armi che arrivano a Kiev (come del resto previsto anche da ultimo dal bilancio della difesa appena provato a Washington), nonché le manovre militari Nato nel Mar Nero, denunciate come provocazione (se la flotta russa manovrasse al largo di Miami Beach non credo che Washington gradirebbe).
Con l’enfasi propagandistica di cui sono maestri indiscussi, gli Usa sostengono imminente il rischio di un’invasione dell’Ucraina da parte dei russi. Putin impugna la minaccia militare perché vuole garanzie certe sulle “linee rosse”, vale a dire garanzie ai confini della Russia, fino a chiedere un trattato che escluda l’adesione dell’Ucraina (e della Georgia) dalla Nato.
Putin ha cercato la trattativa diretta con gli USA, ridimensionando il “formato Normandia”, centrato su Francia e Germania, perché Parigi e Berlino sono accusate di parteggiare per Kiev e non s’impegnano affinché siano attivati dall’Ucraina gli accordi di Minsk, i quali prevedono uno statuto di autonomia da concedere alle aree del Donbass a popolazione russa (un fatto che i “commentatori” dimenticano di citare).
Biden ha escluso un intervento militare diretto in caso di avvitamento della crisi ucraina, spendendosi nelle solite minacce di ritorsione economica, che giura saranno durissime, prima fra tutte la sospensione della Russia dal sistema di pagamenti SWIFT, basato sul dollaro. L’altra minaccia economica si concentra sulla non attivazione del gasdotto Nord Stream 2.
In buona sostanza alla minaccia militare russa si risponde con minacce di ritorsione economica il cui maggior onere ricadrebbe sugli europei. Chiaro che questi ultimi non possono permettersi di fare politica estera, come a suo tempo chiese Macron, ovvero “Il diritto di avere un’autonomia, di non essere a rimorchio delle sanzioni americane, di ripensare la relazione strategica con la Russia” ( intervista a The Economist, 2019).
Per esercitare una propria autonomia in politica estera è necessario possedere i relativi requisiti minimi, economici e militari, da far pesare sul tavolo negoziale nel trattare dei rispettivi interessi strategici. La UE nel suo insieme possiede forza economica, ma non possiede una forza militare se non come traballante sommatoria di 27 paesi tra loro in disaccordo su quasi tutto, tanto più ora che è uscita la Gran Bretagna, che con la Francia dispone di una dotazione nucleare bellica e posizioni geostrategiche oltre l’uscio di casa.
La Francia, la Germania e buona parte dei paesi UE sarebbero disponibili ad offrire alla Russia garanzie sulla non avanzata della UE (?) e della Nato ad est, se peraltro nella Nato contassero effettivamente qualcosa. Tuttavia, come ho già messo in evidenza in un post recente, lo scopo della pressione della Nato sui confini russi trova una ragione principale d’ordine strategico globale:
«Washington non ha intenzione di cambiare strategia geopolitica, che mira a fermare l’ascesa economica e militare della Cina, e perciò occorre ostacolare una stretta alleanza tra Russia e Cina, mantenere la Russia occupata in una continua tensione sui propri confini, tenere sotto controllo, quando non impedire, accordi di cooperazione tra la Russia e gli altri paesi europei».
C’è chi sostiene (Caracciolo su Limes, per esempio), che gli Usa si sarebbero accorti del loro errore nel contrapporsi alla Russia (Kissinger lo scrisse chiaramente), che ha spinto Mosca alla quasi alleanza con Pechino, e ora invece cercherebbero una composizione con la Russia per separarla dalla Cina.
Non c’è dubbio che un compromesso con la Russia, offerto nel “formato Quint”, sarebbe funzionale al confronto degli Usa con la Cina, ma se ciò andasse davvero in porto (oltretutto dopo il Brexit?), ciò costituirebbe la premessa per una saldatura ancora più stretta degli interessi economici ed energetici tra UE e Russia. Un’ipotesi questa che sia Washington e sia Londra, per non dire di polacchi e baltici, vedono come fumo negli occhi.
Al momento è ovvio che Putin cerchi la trattativa diretta con Washington, con la chiara consapevolezza che è con gli americani che si gioca la vera partita della competizione strategica in Occidente. Il nanismo politico europeo, le divisioni interne e la totale dipendenza agli interessi Usa non consentono di farsi illusioni. L’UE cerca di procedere su Strategic Compass, di definire una visione strategica comune, di poter votare a maggioranza sulla politica estera e di difesa, di mettere in piedi un consiglio di sicurezza europeo, ma finora si è fatto ben poco.
Si tratterebbe di un parziale recupero di sovranità e di reciprocità “atlantica”, quindi di arrivare un giorno e finalmente a una nuova Jalta con gli europei seduti al tavolo (chi ci mandiamo, a scelta, dei nostri?) e non solo come spettatori. Inutile dire che tutto ciò è e sarà ancora per lungo tempo solo l’argomento di chi sottovaluta i rapporti di forza e dimentica la storia, non solo quella recente.
La geopolitica non è il mio forte , ma quando leggo qualcuno che parla chiaro, apprezzo
RispondiEliminaanch'io, grazie
EliminaApprezzo molto il lavoro svolto su questo blog,ed in particolare sulla geopolitica.
RispondiEliminaSaluti
supponiamo, solo per ipotesi, che l'Europa fosse tentata di cambiare sponda. Come la mettiamo con le forze americane sparse un pò dappertutto, logisticamente insediate , ben armate ed operative? Al di là dell'insipienza dei nostri leaders, non dimentichiamo che siamo di fatto territori occupati.
RispondiEliminaE questo fatto, temo, ha rilevanza anche in questioni del tutto italiane
vista l'ora tarda cercherò d'imbastire un risposta domani.
Eliminaperdoni l'off topic, Madame
RispondiEliminaseguo il suo lavoro da molti anni e sono convinto le Lei deve essere stata, e lo è ancora perbacco, una donna formidabile.
Mi stupisce che nessuno, magari mi è sfuggito ma non credo, lo abbia finora sottolineato.
si dice che siano le donne che subiscono il fascino dell'intelligenza e della cultura, ma non è mica tanto vero, almeno non per me.
La saluto
non è mica tanto vero? non è vero per nulla, caro amico.
Eliminagrazie e cordialità
Il capo della Marina tedesca, vice ammiraglio Achim Kay Schoenbach, ha rassegnato le dimissioni dal suo incarico in seguito alle sue controverse osservazioni sulla crisi in Ucraina. Lo ha annunciato in serata un portavoce del ministero della Difesa. Il vice ammiraglio, che aveva tra l'altro descritto come sciocca l'idea che la Russia volesse invadere l'Ucraina, lascerà il suo incarico "con effetto immediato", ha detto il portavoce all'Afp.
RispondiEliminaRilevato dall'Ansa
https://officinadeisaperi.it/materiali/la-guerra-fredda-diventa-sempre-piu-calda-da-il-manifesto/
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