Quali che fossero i motivi, reali o solo supposti, che hanno indotto il presidente del consiglio a non mettere pubblicamente la faccia sull’ultimo ennesimo decreto, che priva totalmente dei propri diritti più elementari milioni di persone (peraltro trascurando i presupposti sociali che hanno condotto molte di queste persone – non tutte soggette a comportamenti irrazionali, ma sulla scorta di legittimo e motivato dubbio – a tale posizione di rifiuto e di opposizione), è un esempio che segna come pochi altri la linea di frattura tra leadership politica e società in un momento storico che definire cruciale non è esagerazione.
Se questo è l’uomo delle grandi decisioni “irrevocabili”, l’ultima “risorsa” del Paese, il deus ex machina cui anche dall’estero ci si rivolge per avere lumi, allora in termini di leadership siamo messi molto male, peggio di ciò che pessimisticamente ma realisticamente già si sapeva. Governare un Paese non è come gestire una banca, nemmeno con i poteri dello stato di emergenza e a colpi di decreti. La voglia di tornare a una vita normale di una popolazione ormai prostrata da due anni d’incessanti stimolazioni spesso contraddittorie, di decisioni prese dietro i paraventi della competenza scientifica, fa il resto.
Si comprende anche come il presidente della repubblica non veda l’ora di levare le tende. Forse spinto da una promessa fatta di mettere al Quirinale il suo successore designato (ma anche qui i desiderata sono contrastanti), tuttavia non va sottovalutato che negli ultimi 45 mesi quest’uomo ha dovuto ingoiare diversi rospi e destreggiarsi tra pupi che volevano fare i pupari. Né si deve desumere, dalla sua aria bonaria, che egli sia un nonno seduto in poltrona che con una mano accarezza il gatto e con l’altra i nipotini. In tal caso vorrebbe dire di non aver letto tra le righe la sua biografia.
Egli ha evitato, contrariamente al suo predecessore con Monti, di conferire il laticlavio a Draghi prima della sua nomina a presidente del consiglio, il quale alla fine dei giochi potrebbe trovarsi con un pugno di mosche in mano, salvo intese con il nuovo inquilino che a sorpresa dovesse insediarsi al Quirinale. Il laticlavio che giungesse dopo le frustrate aspirazioni sarebbe un premio di consolazione che saprebbe comunque di beffa. Non sarebbe insolito che chi entra papa nel conclave, ne esce cardinale. Una volta che il pallino sarà in mano ai cosiddetti grandi elettori, tutto avverrà a carte coperte e a sangue freddo.
Da parecchi mesi mi domando che fine abbiano fatto le libertà teoricamente garantite dalla costituzione. Pare che i 139 articoli siano stati cancellati con l’eccezione di uno, anzi mezzo: il primo comma dell’art.32. Questo evento, di per sé traumatico, lo sarebbe un po’ meno se qualcuno se ne accorgesse. Invece, si conferma il mio sospetto che delle libertà civili non gliene freghi niente a nessuno. Sospetto già suffragato dall’elenco delle battaglie civili su cui i “buoni” hanno combattuto in questi anni. Però è anche peggio di così: è proprio lo stesso concetto di libertà a risultare oscuro, come si dimostra osservando la confusione, molto diffusa, col concetto di democrazia. Nel momento del misero naufragio di tutte le politiche di salute pubblica (ogni riferimento al Terrore è non casuale) uno si domanda se ne valeva la pena. O forse sì, ne valeva la pena, perché così si è fatta chiarezza.
RispondiEliminaUna società di classe, per definizione, è una società dominata da una classe, la quale esercita il proprio potere per mezzo dello Stato, delle leggi e altri meccanismi di codificazione, adattando e modulando i rapporti sociali secondo forme corrispondenti ai propri interessi e alle situazioni contingenti. Nulla che non sia già stato posto in luce da giovane Marx, poi dal vecchio Marx, dal marxismo in generale e perfino da una certa sociologia radicale borghese. Del resto, anche il nome di questo blog non è stato scelto a caso.
EliminaL’opposizione di cui siamo testimoni in questi nostri anni, il rifiuto di certe pratiche sociali e tutto il resto, dai diritti civili all’ambientalismo, sono pratiche e rivendicazioni sostanzialmente di natura prepolitica, che credono ancora che questo sistema sia riformabile in senso positivo e progressista, salvo accorgersi poi che tutto ciò che infine è concesso si realizza perché le condizioni e gli interessi sono maturi, che per contro ci vuol poco per fare molti passi indietro. Con ciò non voglio negare che quella lotta per i diritti civili e per altre questioni non sia necessaria, ma è condotta pur sempre nell’alveo di un’opposizione laterale. È un procedere a zigzag che non cambia le condizioni di fondo della società, vale a dire i rapporti sociali di sfruttamento. Un po’ come le eresie religiose che s’opposero nel medioevo alla Chiesa di Roma in nome di un rinnovamento evangelico, di un ritorno allo spirito originario del cristianesimo. Nessun cambiamento sostanziale venne in nome di quei propositi.
(solo per osservare che per il laticlavio a draghi non c'era uno slot libero; a meno di non torna re - tanto ormai, forzatura più forzatura meno - alla interpretazione precedente: cinque cavalli per ogni caligola e non cinque in tutto)
RispondiEliminaIl prodotto non cambia, resta a terra
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