Gli investimenti nell'economia
reale restano stagnanti, le grandi società puntano ad accumulare profitti
speculativi piuttosto che espandere l'attività produttiva, utilizzando il
denaro per finanziare operazioni di riacquisto di azioni, fusioni, acquisizioni
e altre operazioni finanziarie di carattere essenzialmente parassitario. Gran
parte di questo denaro è immesso nei circuiti finanziari dalle banche centrali
per sostenere, artificialmente, l’economia, e tuttavia le politiche delle
banche centrali non servono a evitare il disastro finanziario, ma piuttosto per
alimentare le condizioni stesse che stanno portando inesorabilmente a un nuovo
e più gigantesco disastro.
Un dato emblematico: l’indice
azionario americano Dow Jones dal suo punto più basso, 6.547 punti il 9 marzo
2009, è salito sopra i 17.000 punti, vale a dire di oltre il 250 per cento di
quanto era appena cinque anni fa. Si dirà: ma nel 2009 c’era stato il crollo
finanziario del settembre 2008. Ebbene, il 7 settembre del 2001, pochi giorni
prima della faccenda delle torri, l’indice era sotto i 10mila punti (9.840, per
la precisione, e il Nasdaq a 1.705, mentre ora sfiora i 4.000 punti). E, del resto,
produrre merci a quale scopo, posto che chi ne avrebbero maggior bisogno non ha
denaro per acquistarle?
Sta tutto qui il senso del modo di
produzione capitalistico: non si produce per soddisfare bisogni, bensì il
denaro è investito per fare profitti. In quale società che si ponesse scopi razionali
succederebbe una cosa del genere? Quando faremo i conti con questa premessa che
non è di ordine morale, bensì economico? Nonostante l’ingente massa di denaro e
di valori in circolazione o tesaurizzati, sotto le forme più fantasmagoriche e
demenziali, gli Stati non hanno soldi e le economie del pianeta ristagnano, gli impianti sono sottoutilizzati
o vengono chiusi, la disoccupazione e sottoccupazione crescono, soprattutto
nelle aree di più antica industrializzazione, mentre aumenta ovunque lo
sfruttamento più selvaggio.
La necessità storica ci spinge,
volenti o nolenti, a dover fare i conti con questa realtà, con una economia
decisa da degli psicopatici, individui deliranti che parlano di crescita e di
rigore ma che per motivi di classe si ostinano a voler ignorare le
contraddizioni su cui poggia effettivamente questo sistema economico. La
necessità storica ci spingerà a dover fare i conti con una classe padronale e
dirigente che considera la vita delle persone e il loro lavoro come mere
appendici di un sistema predatorio e criminale (*). Oppure, perire con essa.
(*) L’ha affermato chiaramente il
procuratore generale Eric Holder, nel marzo 2013 davanti al Congresso, che questi grandi criminali non si possono
perseguire perché ciò metterebbe in pericolo l’economia americana e mondiale!
Il guaio è che, al momento (almeno da quel che mi sembra percepire), non vi sia alcuna formazione politica che recepisca l'urgenza di tale necessità storica. In Italia poi assistiamo a una grandissima parte di "popolo" della cosiddetta sinistra disperso dietro la vacuità renziana.
RispondiEliminasolo palude
Eliminale parole di Eric Holder sono la prova tangibile che i governi (e le istituzioni) non sono altro che il comitato di affari della borghesia...
RispondiEliminaappropriato
RispondiEliminaCiao Olympe. Tutto bene?
RispondiEliminaTorna ... sta casa aspetta a te!
Ciao.
son qui, ciao
Elimina