martedì 8 luglio 2014

Oppure ...


Gli investimenti nell'economia reale restano stagnanti, le grandi società puntano ad accumulare profitti speculativi piuttosto che espandere l'attività produttiva, utilizzando il denaro per finanziare operazioni di riacquisto di azioni, fusioni, acquisizioni e altre operazioni finanziarie di carattere essenzialmente parassitario. Gran parte di questo denaro è immesso nei circuiti finanziari dalle banche centrali per sostenere, artificialmente, l’economia, e tuttavia le politiche delle banche centrali non servono a evitare il disastro finanziario, ma piuttosto per alimentare le condizioni stesse che stanno portando inesorabilmente a un nuovo e più gigantesco disastro.


Un dato emblematico: l’indice azionario americano Dow Jones dal suo punto più basso, 6.547 punti il 9 marzo 2009, è salito sopra i 17.000 punti, vale a dire di oltre il 250 per cento di quanto era appena cinque anni fa. Si dirà: ma nel 2009 c’era stato il crollo finanziario del settembre 2008. Ebbene, il 7 settembre del 2001, pochi giorni prima della faccenda delle torri, l’indice era sotto i 10mila punti (9.840, per la precisione, e il Nasdaq a 1.705, mentre ora sfiora i 4.000 punti). E, del resto, produrre merci a quale scopo, posto che chi ne avrebbero maggior bisogno non ha denaro per acquistarle?

Sta tutto qui il senso del modo di produzione capitalistico: non si produce per soddisfare bisogni, bensì il denaro è investito per fare profitti. In quale società che si ponesse scopi razionali succederebbe una cosa del genere? Quando faremo i conti con questa premessa che non è di ordine morale, bensì economico? Nonostante l’ingente massa di denaro e di valori in circolazione o tesaurizzati, sotto le forme più fantasmagoriche e demenziali, gli Stati non hanno soldi e le economie del pianeta ristagnano, gli impianti sono sottoutilizzati o vengono chiusi, la disoccupazione e sottoccupazione crescono, soprattutto nelle aree di più antica industrializzazione, mentre aumenta ovunque lo sfruttamento più selvaggio.

La necessità storica ci spinge, volenti o nolenti, a dover fare i conti con questa realtà, con una economia decisa da degli psicopatici, individui deliranti che parlano di crescita e di rigore ma che per motivi di classe si ostinano a voler ignorare le contraddizioni su cui poggia effettivamente questo sistema economico. La necessità storica ci spingerà a dover fare i conti con una classe padronale e dirigente che considera la vita delle persone e il loro lavoro come mere appendici di un sistema predatorio e criminale (*). Oppure, perire con essa.


(*) L’ha affermato chiaramente il procuratore generale  Eric Holder, nel marzo 2013 davanti al Congresso, che questi grandi criminali non si possono perseguire perché ciò metterebbe in pericolo l’economia americana e mondiale!

6 commenti:

  1. Il guaio è che, al momento (almeno da quel che mi sembra percepire), non vi sia alcuna formazione politica che recepisca l'urgenza di tale necessità storica. In Italia poi assistiamo a una grandissima parte di "popolo" della cosiddetta sinistra disperso dietro la vacuità renziana.

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  2. le parole di Eric Holder sono la prova tangibile che i governi (e le istituzioni) non sono altro che il comitato di affari della borghesia...

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  3. Ciao Olympe. Tutto bene?
    Torna ... sta casa aspetta a te!
    Ciao.

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