Per noi moderni, la condizione
dello schiavo antico è qualcosa di quasi inconcepibile, di orribile. Eppure,
per gli antichi, specie se nati schiavi, la condizione servile era considerata
uno stato normale. Non ricordo più quale autore classico della tarda romanità (ma
se mi sovviene ve lo dirò) descriveva la disperazione degli schiavi domestici
allorquando il loro padrone li "manumetteva" (*), con ciò affrancandoli dalla
loro condizione ma anche interrompendo loro la somministrazione dei mezzi di sussistenza. Questi schiavi liberati si trovavano da un giorno all’altro, con
le loro famiglie, sprovvisti di un tetto e dei mezzi di mantenimento, e dunque
ridotti nella miseria più nera dovevano ricorrere alla carità del clero
cristiano e spesso assoggettarsi ai più umili e ingrati lavori (**).
E qual è, dunque, nella sostanza,
la differenza tra lo schiavo affrancato antico e il libero cittadino odierno? Vai a dire a qualcuno che egli è uno schiavo, il servitore del suo padrone,
sia esso individuale o una grande impresa. L’anima
addormentata dalla solennità dei precetti democratici non accetterà di
ammetterlo, anzi insisterà con forza che egli è un cittadino che gode dei diritti
previsti dalla sacra costituzione, insomma un uomo libero e votante. Un uomo
veramente libero non è trattato come un calcolo ragionieristico e non è
costretto a lavorare per bisogno. Qualunque persona antica, di qualunque censo,
queste cose le sapeva bene. Lo sanno bene – e se la ridono – anche le nuove
maschere della nobiltà fondata sulla ricchezza predata col libero mercato.
Il compito fondamentale della
democrazia capitalistica è quello di impiegare i propri schiavi al bisogno e di
preservarli – compito demandato alle istituzioni statali, ai media, ai
volenterosi imbecilli – dalle pericolose idee del comunismo, che come evidenza
storica insegna, è equivalente al totalitarismo. Anche quando lo schiavo
moderno è costretto ad emigrare per “cercare fortuna”, ciò fa parte non già del
totalitarismo economico del sistema, bensì delle opportunità che la libertà del
sistema gli offre. Compreso il migrante che ondeggi in un gommone, sedotto dal
miraggio di una schiavitù migliore.
La democrazia capitalistica offre a tutti
l’opportunità di essere uguali come concorrenti alla ricchezza, ma quali leggi
dello scambio regolino nell’insieme
tali opportunità è omesso con cura. E chi non ce la fa a raggiungere una
posizione sociale che sembri almeno dignitosa, si prende pure la crudeltà di
essere un inadatto. E poi c’è chi non ce la fa nemmeno a raggiungere le coste
della Sicilia, e allora vada in malora mentre noi intoniamo l’Inno alla gioia (visto che quello di
Mameli ci ha tradito sui campi di calcio).
Chi decide gli investimenti, il
riparto dei profitti, i tassi d’interesse e di disoccupazione, il credito e il
debito, la natura e la quantità dei nostri bisogni, il modo in cui nutrirli o
sollazzarli, e tutto ciò che realmente riguarda più dappresso i liberi
cittadini votanti? Non sono forse gli stessi che con le loro raccomandazioni
mercantilistiche – ben infiorettate nelle aule universitarie e nei media – ci
spronano a lavorare di più per la “crescita” e a essere sempre più parsimoniosi
come salariati e sempre più spendaccioni come consumatori? Credete ancora che
questa classe di profittatori e sanguisughe sia interessata alla nostra sorte,
e soprattutto sia necessario tenerla in vita?
(*) Ricordo che la manumissione,
per esempio quella per censo, esisteva già da molto tempo; infine venne in uso
la manumissio in ecclesia nel periodo
cristiano.
(**) Il papa Francesco omette di
dire su quali basi sociali nacque la pelosa filantropia cristiana mirabilmente
sfruttata da quel suo grande predecessore che fu Costantino imperatore.
Come giustamente sottolinei tu, gli schiavi sono ben preservati da certe idee.... è una strada lunga e laboriosa, ma c'è da dire che la borghesia sta facendo di tutto per diventare la peggior nemica di se stessa. E' solo questione di tempo!
RispondiEliminaPerlomeno se gli sforzi schiavisti servissero a costruire un mondo migliore, uno farebbe lo schiavo con più entusiasmo.
RispondiEliminaCosa stiamo producendo? Come, in quali quantità, con quali scopi?
Se escudiamo UNA PARTE della produzione alimentare, UNA PARTE ANCORA PIÙ PICCOLA della produzione industriale e UNA PARTE ANCORA PIÙ PICCOLISSIMA dei servizi, il resto del lavoro svolto dalle persone è un inutile sacrificio.
Anche a livello di ricerca scientifica (voglio escludere una parte importante di ricerca a livello biochimico-medico) il capitale mette lo zampino, con l'unico scopo di poter scrivere "abbiamo collaborato con l'università X" perché fa "più figo" e vendi di più.
Stiamo perdendo tempo: dovremmo ricostruire le città, eliminare una volta per tutte il fottuto motore endotermico, convertire il più possibile a elettrico e mezzi pubblici, ingegnerizzare metodi per LAVORARE MENO e con PRODUTTIVITÀ QUALITATIVA più alta.
Insomma, ci vorrebbe un'organizzazione sociale della produzione. Il problema è che poi a capo di tutto questo ci andrebbe l'ennesima testa di cazzo e rovinerebbe tutto.
Stefano
[...] Il problema è che poi a capo di tutto questo ci andrebbe l'ennesima testa di cazzo e rovinerebbe tutto.[...]
EliminaDiciamo che ci sono delle buone probabilità estensive.
Infatti per gestire questo tipo di trasformazione sono necessarie specifiche e profonde competenze, pertanto si ripropone l'istituto della delega che 'dovrebbe' essere tutt'altra cosa dall'attuale, nelle persone prima che nel metodo. Avanzo una mia osservazione da uomo della strada con grossissimi limiti : non fidandomi affatto, gradirei conoscere in anticipo organizzatori e programmi dell'organizzazione sociale alla quale si fa riferimento per questo elenco che presenta già una sua notevole complessità, pensandolo oltretutto in un possibile perimetro marxista. A fronte di tutto ciò che è stato espresso nel post precedente, vedrei in questo un molto probabile - dolce eufemismo - anello debole della catena (forse il più debole).
PS [...] dovremmo ricostruire le città [..] Quando le città vengono decostruite fino a diventare degli snodi di traffico, la vita stanziale che esse accoglievano una volta scompare a mano a mano dalla memoria. E' che in questo caso ci riferiamo milioni di metri cubi in essere.
Posto che per quello che mi rimane da vivere non ho intenzione di ribaltare i miei gusti sessuali, su questa analisi posso
unicamente concordare. Mi verrebbe da aggiungere che molti lavori non sono un inutile sacrificio, sono semplicemente inutili.
Post bellissimo ed esaustivo.
RispondiEliminaHai fotografato l'incoscienza degli umanoidi.
Vorrei che lo leggesse tutto il mondo.
È perfetto.
Mi sono innamorato di te.
Il problema sa qual'è Olympe (o almeno, uno dei più grossi), è l'informazione, non a caso designato come Quarto Potere. Mi spiego: se milioni di persone leggessero diciottobrumaio, invece di, che sò, Repubblica, o il Corriere della sera, o Panorama, e compagnia cantante, che ti riempiono la testa di...cazzate ideologiche (poi ovviamente, ci sono televisione cinema internet, etc., a riempire tutti i vuoti con la loro..."pubblicità occulta"), non so fino a che punto, questo sistema, questo stato di cose, per quanto tempo resterebbe in piedi.
RispondiEliminaLa saluto Olympe.
Luigi
in tal caso metterei subito la pubblicità nel blog
Eliminaciao Luigi
L'analisi dei rapporti sociali secondo la natura di classe è dai Greci che risulta quasi imprescindibile (v.Luciano Canfora) e 'l'intercambiabilità' in una società di possibili uguali è un'ossimoro.
RispondiEliminaPerò l'opinione del Sig.WS di ieri - 'gli uomini non sono uguali nè intercambiabili' - forse mancava dell'aggettivo 'intellettualmente' e il richiamo alla natura umana, da Natura madre matrigna ,di fatto e/o per fortuna non si può trascurare. C'è.
L'impegno didattico e/o di sopportazione da parte dei migliori (Togliatti non c'entra) verso i meno dotati e meno coltivati in una società futura non saranno dovuti per carità cristiana ma lo dovrebbero per etica scientifica, termine utilizzato per sola comodità. Ho anche difficoltà nel pensare che la giusta perequazione economica faccia scaturire d'emblee quella intellettuale. Qualche anfratto lo potrà colmare la scuola primaria.
Tutto questo per dire che la dieta antiproteica giornalistica e catodica (cinema q.b.) suggerita dal Sig.Luigi l'ho iniziata da un pezzo, nel contempo il mio disposto neuronale sta tentando con fatica di riempire telematicamente i vuoti arcaici; devo aggiungere che a mio vedere la lettura periodica di blogs (che brutta parola) come quelli curati da M.de Gouges o dal Dott.Castaldi o consimili, esercitata da milioni di persone (capisco peraltro il senso dell'iperbole) porterebbe con sè due esiti: l'ottimismo sociologico o il pessimismo della constatazione della generale incomprensione.