lunedì 21 luglio 2014

Sempre un po' in anticipo


Non possiamo dirci disinteressati della realtà poiché saranno le sue contraddizioni ad afferrarci. Sul fronte internazionale l’orizzonte è cupo, e anche il fronte interno minaccia tempesta. Secondo le occasioni, il sistema afferma di agire sulla fiducia dei cittadini e in quella dei “risparmiatori”, ma in realtà non si fida neppure di se stesso. L’epoca del compromesso sociale è finita. Da un lato la crisi, la caduta del saggio del profitto, spinge il capitale a ridurre a più buon mercato il lavoro e a mutare le condizioni del suo sfruttamento; dall’altro la crisi fiscale degli Stati impone imperativamente il rientro dal debito con tagli sempre più netti e profondi al welfare. A ciò si aggiunge una drammatica situazione di sostenibilità ecologica.

La borghesia in difficoltà è disposta a sacrificare ogni principio dichiarato intangibile pur di salvarsi dal naufragio. Una svolta di tipo bonapartista, un nuovo ordine commissariale, è già in discussione, com’è stato posto in evidenza  qui . Da questo punto di vista il proletariato metropolitano pagherà un prezzo molto alto alle proprie illusioni, alle lusinghe di un benessere spesso effimero e comunque precario, alla propria incapacità di costituirsi come classe dirigente, di prendere il potere.



Ogni tentativo di mettere “ordine” nel sistema è destinato a scontrarsi con la logica prevalente del capitale. Di quale logica, di quali leggi si tratti è stato messo in luce, una volta per tutte, dalla critica marxiana. Per contro gli apologeti non provano alcuna remora e vergogna nel vedere le proprie farneticazioni teoriche fallire miseramente a ogni prova dei fatti. A fronte dell’imponente movimento finanziario, il capitalismo nella sua essenza non è cambiato e non può mutare natura; esso si presenta come “un’immane raccolta di merci”. È nel modo in cui esse sono prodotte e vendute che si rivelano i motivi della lotta tra capitale e lavoro, non meno che le contraddizioni immanenti al sistema di accumulazione. Ma se c’è chi pensa che saranno, di per sé, le crisi ad uccidere definitivamente il capitalismo, ebbene sappia che si sbaglia. La deriva sarà lunga, foriera forse di una nuova gigantesca guerra e forse del crollo della civiltà così come l’abbiamo finora conosciuta.


Ho riproposto integralmente e senza modifiche un post del 28 luglio 2010.

4 commenti:

  1. l capitalismo è la prima faccia (testa) della medaglia mentre l’altra è il rapporto padrone-schiavo (croce).
    Se esiste un padrone deve esistere anche uno schiavo. E viceversa.
    Parimenti se c’è un padrone (o schiavo) siamo di sicuro in presenza di capitalismo. Il capitalismo ha come obiettivo quello di aumentare il profitto a discapito dello schiavo.
    Dalla vendita dei beni prodotti dagli schiavi si produce il profitto per il padrone.
    Da ciò scaturisce la storia ovvero la cronologia degli eventi (guerre) tra padroni e schiavi. Il padrone vince sempre. A volte sfondando il cranio allo schiavo e rimpiazzandolo subito con altri miliardi bell’è pronti. Altre volte concedendo loro qualche beneficio.
    Il capitalismo presuppone grandi ricchezze per il padrone (capitale) e grandi povertà per lo schiavo (fame). Più sarà affamato lo schiavo più sarà disposto a lavorare per pochi denari (talvolta in cambio di una sola scodella di riso).
    La cronologia degli eventi nel tempo (la storia) è la descrizione di guerre fatte per aumentare il capitale (ed il profitto) del padrone (conquista territori, ricchezze naturali etc.) o delle dispute tra ricchi e poveri. Il povero, in definitiva, chiede solo di sposarsi e metter su famiglia regalando alla mamma un trastullo con cui giocare ed al padrone un altro pezzo di ricambio da poter utilizzare per la produzione (schiavo),
    Ogni tanto, come in questi anni, il capitalismo subisce delle crisi esistenziali.
    Quando tutti gli schiavi cominciano a diventare sazi in quanto hanno già una tv in ogni stanza, 2 o 3 cellulari a testa, una o due auto, il frigo, la lavatrice, acqua luce e gas, etc. ,,,, che cazzo vanno a lavorare a fare per produrre altre tv, altri cellulari, altri frigoriferi etc.
    Ecco allora arrivato il momento di una bella guerra.
    Di quelle dove muoiono sempre le truppe e mai i generali ed i colonnelli.
    La distruzione porterà alla successiva ricostruzione ed allora si potrà ricominciare alla grande.
    Il capitalismo si rigenera come la pelle del serpente.
    Basta Un reset. Un semplice reset. Come quando si blocca il cellulare e tu prima lo spegni e poi lo riaccendi.
    Il più delle volte funziona ed il cellulare riprende a funzionare alla grande.
    Siamo nell’imminenza di una grande guerra che dovrà sterminare una gran quantità di schiavi (calmierare l’offerta) e far ricominciare a risalire i profitti dei padroni.
    Ci sono troppi pomodori e troppe melanzane sul mercato.
    Conviene portarli al macero per calmierare il mercato.
    E così sia.

    p.s. buon quasi compleanno al post. Speriamo di leggerlo anche tra 4 anni. O no? boH!

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  2. Al boH di Gianni, mi sorge spontanea una risposta:
    il reset (soluzione) di cui parla, potrebbe essere proprio una nuova devastante guerra mondiale che,attualmente,rispetto a 4 anni fa, non sembra neanche più un'ipotesi da scartare.
    Le 'incomprensioni' internazionali sono in aumento!

    E' una sconfitta ammetterlo, ma il capitalismo cinico e calcolatore ci ha fottuti, nessuno escluso.
    In maniera subdola, prima ha concesso diritti dopo faticose e sanguinose lotte sociali, aumentato lo stato di benessere generale con conseguente allungamento della vita media, abituati ed assuefatti all'indispensabilità dei beni di consumo da noi stessi prodotti, poi, ha messo sul tavolo da gioco (con gran successo) la carta della persuasione, fino a volerci fare accettare che è necessario rinunciare alle " comodità " dei diritti acquisiti, perchè altri schiavi, milioni di persone di popoli oppressi, premono alle porte dei paesi progrediti e cosiddetti civili, per sostituirsi agli schiavi che nun ce vonno più stà alle rispolverate e rinvigorite condizioni di gioco del Potere.

    A volte vorrei avere la fede (quella che alimenta la speranza) dei testimoni di Geova, gli unici che da decenni predicano, contenti, la fine del mondo, e che credeno, fermamente, nell'intervento del loro Dio (Javè), l'unico che,secondo le loro tesi, potrà porre fine ai nostri affanni, ritenendo l'uomo incapace di poter risolvere i secolari problemi dell'umanità.
    Li rispetto ed un pò li ammiro, perchè aspettano con trepidazione i prossimi eventi, pur sapendo, con rassegnazione, almeno dall'interpretazione che essi danno alle Scritture, che dovranno subire una lunga persecuzione.

    Chi vivrà.......(purtroppo !) vedrà.

    Saluti Olympe, e grazie, traggo sempre insegnamento dai tuoi scritti ed anche dai tuoi 'sfoghi'.
    Assunta

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