I due editoriali di Eugenio
Scalfari, quello di domenica scorsa e quello di oggi, sono durissimi con il
presidente del consiglio. Se domenica scorsa Renzi Matteo era il pifferaio
magico, oggi Scalfari cita la “banda di musicanti che accompagnano il suo
piffero”: Delrio, Serracchiani, Boschi e quant'altri, i quali esprimerebbero il
“cerchio magico”, come già fu per quello di Andreotti, Craxi, Forlani, Bossi e
Berlusconi, quest’ultimo citato con due pendagli laterali non scelti a caso,
Dell’Utri e Galan! Insomma, non proprio un attestato di stima da appendere in
anticamera a palazzo Chigi.
E ciò, a mio modo di vedere, è
dovuto anche per il trattamento subito da Enrico Letta per la candidatura a
presidente UE, non solo non sostenuta ma bensì ostacolata da Renzi, il quale con
un sarcasmo degno del Vernacoliere
disse che in sede europea “nessuno ha fatto il suo nome”. Spettava evidentemente
a lui, Renzi, proporre il nome di Letta! Ecco allora gli editoriali in cui
Scalfari spara ad alzo zero con vetriolo al posto dell’inchiostro:
Le riforme cui pensano sia Renzi sia Berlusconi sono due, tutt'e due in
materia elettorale ed una di esse anche in materia costituzionale: quella del
Senato e quella della Camera dei deputati. Nessuna delle due si occupa né di
crescita economica né di sviluppo né di coesione territoriale, di investimenti,
di occupazione giovanile e no, di equità sociale. Niente di simile. Per di più
riguardano eventi che si produrranno alla fine della legislatura che avviene
nell'aprile del 2018, cioè tra quattro anni.
La presa di posizione di Scalfari
non riguarda ovviamente solo la causa di Letta nipote, prima liquidato da Renzi
come premier e poi come candidato presidente UE, né sospetto scriva solo per
curatela della fronda piddina. Ciò che non va giù a Scalfari è proprio
l’accordo con Berlusconi sulle due riforme elettorali. Del resto, quale tipo di
accordi puoi fare con un personaggio simile? E dunque, come dargli torto a Scalfari, tanto più che di ben altro
si dovrebbe soprattutto occupare Renzi, dal momento che, come rileva Scalfari,
“i decreti attuativi delle leggi
definitivamente approvate, a partire dal governo Monti, tuttora giacenti sono
ben 511”.
Questa impasse attuativa non
dipende dalla lentezza del Senato, ossia dalle lungaggini del ramo parlamentare
che Renzi vuole liquidare, come del resto dimostrano i numeri riportati da
Scalfari sui tempi di approvazione delle leggi da parte di palazzo Madama. Osserva
Scalfari che il mancato varo dei decreti attuativi dipende dalle resistenze frapposte
dalla “burocrazia ministeriale che
dovrebbe approntarli. Non lo fa, non si sa per quali ragioni e questo è il
punto che bisognerebbe appurare per renderli immediatamente esecutivi e punire
o addirittura rimuovere dai loro luoghi i responsabili”.
Bella scoperta; da tempo
immemorabile si sa che senza l’input tecnico e amministrativo dell’apparato
burocratico dello Stato le leggi non diventano effettivamente esecutive. Il
nodo della questione è in quel “non si sa
per quali ragioni” adotto da Scalfari.
E invece si sa benissimo per quali motivi di carattere generale i vertici
della burocrazia statale frenano e ostacolano l’attuazione delle leggi.
Anzitutto perché l’apparato burocratico dello Stato rappresenta un potere, in
questo caso un potere che diventa forte in un momento storico in cui gli altri
poteri si mostrano deboli e sfiancati; e ogni potere, in quanto tale, è
portatore d’interessi, primo tra tutti naturalmente quello del proprio effettivo
riconoscimento tra le parti.
Per ultimo, Scalfari cita la
questione davvero spinosa per i prossimi mesi e anni, ossia quella della
cosiddetta “flessibilità” dei conti. Dalla Germania vengono le note resistenze,
e tuttavia Scalfari si dice fiducioso sul fatto che Renzi saprà giocare la
partita usando di sponda Draghi. Però egli chiude così l’editoriale: Good night and good luck.
Risulta curiosa l'odierna contestualizzazione da parte del dott.Scalfari sempre in pista, della norma che fu del fascio ma è consustanziale alla maggior parte dei governi di qualsiasi tipo essi siano : '' i ministri (presidenti del consiglio compresi) passano mentre i direttori generali restano ''.
RispondiEliminaQuesti infatti sono il vero zoccolo duro con cui dovrà combattere (!?) il giovane Matteo, l'altro è la massoneria internazionale.
Con i Letta non è stata una mossa particolarmente intelligente, e un caffè passando da palazzo giustiniani era opportuno prenderlo.
Però una ragione ce l'ha, è a noi stessi che bisogna augurare good night mentre assistiamo in eurovisione al derby Renzi - Draghi, arbitro Lagarde.
Il good luck vale invece per tutti, infatti a novant'anni si potrebbe avvicinare il tempo e la meta dove anche lui diventerà povero e ahimè comunista.