Guardando al passato possiamo
comprendere quanto sia stato velleitario credere nella realtà e possibilità di
un socialismo laddove dominava lo stesso principio capitalistico dello scambio
di equivalenti e per di più su una base materiale della società angusta e
miserabile.
La trasformazione sociale dal
capitalismo al comunismo è possibile solo se le forze produttive hanno
raggiunto un certo grado di sviluppo, non prima. Di qui inizierà un lungo
percorso che porterà gli uomini ad essere liberi quando cambieranno le
condizioni materiali e sociali del lavoro, ossia quando sarà scomparsa la
subordinazione servile alla divisione del lavoro e questo perderà la propria
natura di valore di scambio.
Marx ha ben chiarito, tra l'altro,
che è lo stesso movimento storico del capitale a creare le condizioni per il
superamento del modo di produzione capitalistico, laddove si presenta sempre
più marcata la sproporzione fra il tempo di lavoro impiegato e il suo prodotto,
di modo che il furto del tempo di lavoro altrui, su cui poggia la ricchezza
odierna, si presenta come una base miserabile rispetto all’inedita situazione
creata dallo stesso sviluppo del capitalismo.
Dal punto di vista, per così dire,
tecnico, possiamo trovare conferma di questo processo in atto semplicemente
guardandoci intorno, o prendendo ad esempio notizie come quella circolata in
questi giorni e che vede la Foxconn impegnata a muoversi verso linee di
produzione robotizzate. È appunto il lavoro morto che si mangia sempre più
quello vivo, laddove il capitale investito in sempre maggiori quote di capitale
costante in rapporto a quello variabile pone le premesse per una sua sempre
maggiore difficoltà di realizzare saggi di profitto adeguati in rapporto ai
capitali investiti.
Non c’è da stupirsi che stando così le cose s’investa di più sulla distribuzione che sulla produzione, che la
gestione del capitale diventi più redditizia nella circolazione finanziaria che
nell’industria, salvo poi assistere periodicamente allo scoppio di bolle sempre
più grandi per la semplice ragione che la circolazione e la speculazione non creano ricchezza, ma distribuiscono a piacer loro quella prodotta dal lavoro. Perciò si può affermare che l’inutilità
e criminalità di questo sistema economico è quotata in borsa.
Il ritiro del capitale dalla
produzione, o la sua allocazione in aree a maggior sfruttamento della
forza-lavoro e a costi più bassi, ha prodotto disgregazione sociale e disorientamento in un’atmosfera di corruzione, di letargo
rassegnato degli elementi migliori e di parodistica ribalta degli spiriti più clowneschi.
Inutile spiegare queste
mutazioni del capitalismo a quegli asini che praticano la venalità come un’arte
e insistono con le solite litanie sulla crescita, il debito, il deficit e tutti
gli artifici contabili di un mondo pietrificato. Quei venditori d’illusioni
monetizzate che rovistano dati e grafici nella stagnazione senza tenere in
nessun conto che la produzione basata sul valore di scambio sta crollando e
diventa un anacronismo.
Sarebbe come spiegare a un feudatario che le nuove
condizioni economiche impongono la liberazione dei suoi servi perché la
manifattura ha bisogno di manodopera libera, oppure cercare di convincere un
funzionario delle dogane dell’ancien régime che le cinte daziarie sono un
impedimento alla libera circolazione delle merci e offrono un buon pretesto
alla rivoluzione in nome della libera circolazione delle idee.
L'organizzazione della società, da quando esiste il mondo, è sempre stata di tipo capitalistico ovvero ha sempre seguito la legge del più forte. Pesce grande mangia pesce piccolo. Nessuna particolare distinzione tra noi, definiti intelligenti, e gli animali, definiti stupidi. Il più forte impone al più debole di faticare per lui altrimenti lo uccide -> nascita del rapporto padrone - schiavo. Da ciò discende tutto.
RispondiEliminaOra succede che a furia di fare figli (produzione schiavi) i padroni si siano arricchiti a dismisura sfruttandone la forza lavoro e "pagandola" sempre meno fino ad arrivare a non pagarla quasi più come accade oggi. Oggi il salario non consiste più nel concedere il sale allo schiavo ma direttamente nel concedergli di vivere. Il surplus di forza lavoro e l'incalzante automazione (robottizazione) stanno distruggendo anche la logica del rapporto padrone-schiavo. La forza lavoro globalizzata (schiavi) vale quasi 0. Lo schiavo (lavoratore) ormai è vicino al punto di non ritorno (non avere più alcuna "forza contrattuale"). Non valere nulla significa, tra l'altro, non avere i soldi per comprare i beni prodotti dal capitalista. A chi cazzo venderà i beni prodotti il capitalista padrone? Siamo all'imminente scoppio della bolla. Che se ne fa un padrone di uno schiavo che vale 0 e che se ne fa uno schiavo di un padrone che non lo paga? A che servirà produrre un bene se i compratori (schiavi) non se lo potranno comprare?
Molti schiavi saranno mandati al macero come i pomodori o le melanzane per calmierare il mercato (guerre) e/o diventeranno hamburger per Dudù.
Ciao cara.
Gran post... lo appenderò in sala.
RispondiEliminaChapeau!
in sala parto? ciao
Eliminacome hai fatto a saperlo ?? ;-P
EliminaInsomma non c'è speranza.
RispondiEliminaOrizzonti buii a ben guardare davanti a noi, sarò tacciato di pessimismo o realismo?
Mi chiedo se l'impulso alla sopravvivenza prenderà mai il sopravvento all'anestetico oblio delle coscienze di massa, pur riconoscendo in tale staticità di azione e pensiero una rassegnazione nobile.
In altre parole oltre a non votare, a comperare merci con ratio e consapevolezza, a rispolverare l'umanesimo sepolto in noi, mi domando, cosa può fare il singolo?
Mi ricordo riunioni condominiali all'ultimo sangue...
Grazie per ogni tipo di stimolo, anche quello buio di oggi.
Roberto
sul fare non ho risposte, o almeno risposte certe e ad ogni buon conto non dirò mai a nessuno; armiamoci e partite. potrei fare un blog di successo se distillassi e vendessi illusioni di ogni tipo, ma è la cosa che m'interessa meno.
Eliminaanzi, sono proprio le "facili risposte certe" il male da evitare come la peste... sarà la necessità storica a fare il grosso del lavoro. Al limite dovremo essere lì pronti, in modalità psicostoria alla Asimov, a cogliere le occasioni giuste per rendere il mondo, si spera, migliore.
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