giovedì 31 luglio 2014

Una situazione di disastro da cui non sarà possibile ripartire


Sono successe cose, in questo paese, che fino a vent’anni fa sarebbero state considerate fantapolitica. Stanno accadendo cose che fino a dieci anni addietro parevano inverosimili. Nel prossimo futuro saremo testimoni di fatti che fino ad un anno prima in pochi avranno chiaramente previsto, sebbene in molti comincino già oggi a temere. È sufficiente fare una ricerca su questo blog per verificare che cosa intendo per “piano inclinato”. E basta leggere Taine (ne ho parlato in alcuni post mesi addietro) per avere contezza delle calzanti analogie tra passato e presente. Sempre che la borghesia non scateni un altro grande macello, come cent’anni or sono. A tale riguardo lo scrivono chiaro anche storici borghesi come Cardini e Valzania:

L’unica alternativa possibile sembrava rappresentata da una esasperazione progressiva delle tensioni sociali destinata a produrre una rottura simile a quella che alla fine del Settecento aveva consentito alla borghesia di accedere al potere attraverso l’atto rivoluzionario che aveva portato alla dissoluzione dell’ancien régime. Se non si fosse provveduto a una redistribuzione delle ricchezze nazionali, qualche cosa di simile sarebbe accaduto di nuovo a meno che le forze e le energie sociali compresse in condizioni di particolare sfavore non venissero convogliate in una direzione alternativa, attraverso una forzatura in chiave nazionalistica ….. (La scintilla, p. 20).





Del resto, che cosa aspettarci oggi da una classe dirigente senza alcun merito ma abbastanza scaltra da aver convinto un popolo in coma che non c’è alternativa a se stessa? Una classe dirigente parassitaria che non ha alcun radicamento nel passato ed è stata allevata nell’ozio più inconcludente e dissipatore, affascinata dalle proprie chiacchiere, la cui cultura è quella dell’oblio, la cui memoria storica non va oltre la propria anagrafica. Ci ha ridotto con svariati pretesti a vivere con un ottantaquattresimo di quello che loro incassano nel dolce far niente, portandoci tra un baloccamento e l’altro in una situazione di disastro da cui non sarà possibile ripartire, non almeno in condizioni normali e se non dopo generazioni.

5 commenti:

  1. Cara Olympe, questo, secondo me, è un libro da leggere:
    http://ilmanifesto.info/il-novecento-di-giovanni-arrighi/

    Quello che Vecchi non dice è che Arrighi quando afferma che “ La crisi non coincide mai, tuttavia, conla fine di un modo di produzione, bensì con una sua trasformazione coincidente con uno spostamento Geografico del centro dello sviluppo economico", tale TRASFORMAZIONE AVVIENE ATTRAVERSO UNA GUERRA!
    Saluti

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    1. c'è da osservare, a mio parere, che storicamente non tutti i modi di produzione sono uguali, che lo spostamento geografico, per esempio, a seguito della riscoperta colombiana c'è stato ed è il motivo della decadenza italiana e del fiorire del nord europa. nel capitalismo lo spostamento geografico sposta le contraddizioni da un'area ad un'altra, il famoso de te fabula narratur ..... già oggi in Cina si tende a spostare certe produzioni in paesi limitrofi, ecc. soprattutto la crisi non coincide con la fine del modo di produzione capitalistico in quanto la crisi è consustanziale al capitalismo, al dualismo della merce in quanto valore d'uso e valore di scambio. al proposito ho scritto infiniti post. ciao

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  2. tutti i difetti dell'Italia sono emersi, assieme a qualche stronzetto, grazie alla crisi. Anche ci fosse ripresa, ora, la vergogna non finirebbe più.
    Origine della crisi, palla al piede durante il suo sviluppo, infine pietra al collo della ripresa, questa è la nostra classe dirigente, da berlusconi a monti a letta a renzi, sempre gli stessi ideali... Tutti uomini ripugnanti, da non consegnare nemmeno alla storia (carità di patria). ma personaggi di second'ordine rispetto alle deficienze culturali del paese.
    Nonostante tanti puzzoni in ogni dove istituzionale, buona parte del paese è proprio indifferente, altra parte molto molto ignorante (al punto da votare per le camorre di turno), i più saggi abbandonano, soccombono, nessuno governa, ognuno si fa gli affari suoi nei limiti dell'impossibile.
    Anche a me gli antropologi chiedono ma che fai? non fai? stai lì a scrivere commentini? canticchi? non imbracci fucile? - Eh, ma... io no sapevo... non c'ero, son tutti criminali si sa, io non ho mica fatto niente: Italia.

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  3. Se guardiamo il cuore della crisi cioè il conflitto capitale-lavoro- anche se tanti "specialisti" e tanti bravi e diligenti elettori di "sinistra" fanno finta di credere che gli operai non esistono più- la borghesia ha saputo salvaguardare i propri interessi molto molto meglio del proletariato e dell'ex ceto medio in via di spappolamento. Ha creato un mito quello dell'individuo proprietario di cui di volta in volta si sono appropriati i berlusconiani, i leghisti, il pd. "Le classi non ci sono più", "siamo tutti sulla stessa barca" questo ci hanno detto e ci dicono creando ognuno il nemico che fa più comodo: il privilegiato, il fannullone, il clandestino ...
    Garanzie non ce ne sono più, i contratti collettivi sono un ricordo sbiadito però le rendite finanziarie continuano a d avere tassazioni ridicole da noi, chi paga le tasse sono i lavoratori dipendenti, i precari la pensione la vedranno solo in fotografia.

    Ma in Italia anche le tragedie, come il disastro economico-sociale-culturale che stiamo vivendo, spesso sono rappresentate come commedia, l'eterna commedia all'italiana, perché alla fine quella è una forma rassicurante: ci si specchia, ci si ride su, si da la colpa sempre a qualcun altro che ovviamente è peggio di noi e poi ci si assolve. Se si rimane su questo terreno.
    Il ventennio neoliberista e la sua egemonia culturale hanno portato a pensarci sempre e solo come individui e questa è la strategia preferita dal potere.
    Ci sono settori sociale prima protetti- penso alla scuola- dove si inventano qualifiche che mettono precari di serie a contro precari di serie b e questo dopo riforme disastrose a vantaggio solo dei privati. Lo stesso capita con le cooperative in tantissimi settori, ma pure nelle aziende private, nell'industria dove per la stessa mansione ci sono contrattualità diverse e quindi diritti e stipendi diversi.

    Le reazioni a tutto questo nel senso del passo riportato nel post sono minime. La coscienza di classe si può vedere per chi ne ha voglia solo nelle lotte della logistica e del facchinaggio ma sono gocce nel mare.

    L'unica consolazione è che anche la borghesia in Italia non sa dove andare e che direzione far prendere alla crisi e il sistema politico è scassato e privo di credibilità come mai prima.

    Grande è il disordine sotto il cielo e la situazione sarebbe eccellente

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    1. conosco molto bene la situazione lavorativa nelle piccola industria, avrei tante cose da dire, purtroppo non interessano quasi a nessuno (così per altri argomenti)

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