Scriveva Keynes nel primo capitolo
del suo Le conseguenze economiche della
pace (1919) che “le sembianze esteriori del vivere non ci insegnano ancora a sentire o
a renderci conto minimamente che è finita un’èra”. Potremmo con buona
ragione far nostre le sue parole, le quali non servirono ad evitare però le
conseguenze di quelle compiaciute isterie che fu Versailles. Le immagini tremolanti
e in bianco e nero mostrano quel lungo corridoio di specchi nel giugno del
1919, affollato all’inverosimile di gente venale e senz’altra preoccupazione di
predare qualcosa a danno dei popoli. Lo stesso corridoio, però a
colori, che percorsi a mia volta alcuni decenni dopo nella più asettica
indifferenza adolescenziale.
A mettere insieme i numeri di
quella follia, che costituì una delle due premesse senza le quali Hitler
sarebbe rimasto un oscuro reduce di nazionalità austriaca e di professione
incerta, furono dei personaggi i cui nomi per lo più erano poco noti al grande
pubblico di allora e sono ignoti agli studenti di oggi. William M.
Hughes, primo ministro dell’Australia imperiale, Lord Cunliffe, governatore
della banca inglese, il giudice inglese Lord Summer, sono alcuni dei notabili
che ebbero a che fare, da parte britannica, con il memoriale sulle Riparazioni
trasmesso a Lloyd George. Da parte francese sedevano il ministro Louis Loucheur
e altri dignitari più minuscoli, con in mano le loro evidenze contabili, e il
molto più noto e decisivo Clemenceau. Gli italiani, da parte loro, chiedevano nuova terra, non
bastandogli quella incolta del proprio latifondo. Perciò erano morti 670mila
proletari in prevalenza contadini.
Vero che Keynes chiedeva, come
scriveva nella prefazione all’edizione francese del suo pamphlet, che “l’Inghilterra e gli Stati Uniti concellino
interamente le somme loro dovute dai loro alleati, somme che non hanno alcun
diritto di considerare alla stregua di investimenti commerciali”. Egli
dimenticava forse che due anni prima gli Usa, i banchieri americani, erano
entrati in guerra proprio per difendere l’esigibilità di quei crediti? Keynes
chiedeva ai capitalisti di comportarsi come buoni sammaritani e ai politici di
essere persone di buon senso: illusione!
Sarebbe come chiedere oggi alle
corporation e alle cancellerie delle grandi potenze del pianeta di
sottoscrivere un accordo sull’orario di lavoro per la sua globale e paritetica riduzione,
quindi di rivedere le ragioni di scambio e di rinunciare a una parte dei loro
superprofitti e dei crediti concessi. Come chiedere alla finanza – per sua
natura speculativa – di essere altro da ciò che essa è sempre stata; e alla
politica di guardare con occhi indipendenti e lungimiranti al presente e al
futuro del pianeta senza farsi condizionare dal calcolo venale. Illusione!
C'est le capitalisme, mes chers,
pas le jeu de monopole. Dobbiamo renderci conto che è finita un’èra e agendo
dal lato delle sole politiche monetarie non cambieranno le cose, anzi. E
tuttavia ad ogni livello si mostra plateale l’impotenza dei leader e dei grandi
consessi, poiché a decidere, in ultima istanza, non sono gli uomini, le
istituzioni, come si vorrebbe far credere, ma gl’interessi così come essi sono
determinati dal sistema dello scambio, e cioè, nel loro insieme, dalle leggi
del modo di produzione capitalistico.
Ed è dunque da qui che dobbiamo
ri-partire, non dalle ipnosi politiche e giornalistiche, ossia dalla conoscenza
di queste leggi, se vogliamo avere una qualche consapevolezza del perché le
cose vanno in un modo e non in un altro. In assenza di questa conoscenza e
consapevolezza, si resta nel vago, nel vuoto, nell’illusione, nella fanfaronata
ignorante, ed è velleitario pensare di governare i processi alla cieca, sulla
base di stime ragionieristiche e di grafici, così come, per contro, pensare di contrastare le
stesse leggi di movimento adducendo la volontà di riformare il sistema.
Paradossalmente, presto o tardi,
volenti o nolenti, consapevoli o no, diventeremo tutti marxisti (o giù di lì).
La divulgazione del concetto secondo cui a comandare il mondo è l'economia (lobbies e multinazionali) attraverso politici e capi di stato (da loro pagati e controllati) è la base di qualsiasi ragionamento. Quindi è importante.
RispondiEliminaPerché il popolo crede ancora, e l'ha sempre fatto, che i politici siano eletti democraticamente e messi lì per fare i loro interessi. Renzi ha regaslato 80 € ed ora gli italiani gli darebbero anche il c..o!
Il popolo di Renzi, per fare chiarezza, è costituito da una massa di replicanti solida e stabile abitualmente sonnacchiosa ma pronta a svegliarsi e correre alle urne (anche con il catetere e la flebo attaccata) alla minima promessa di qualche soldo o di una social card, una confezione di zucchero e caffè, la dentiera gratis, 5 kg. di pasta, 5 di Tavernello, pannoloni gratis, etc.
Basta poco per essere felici!
I media, per questi robot senza cervello, valgono come il vangelo, la predica della domenica. Hanno tutti lo stesso sorriso beato di quelle suorine che affollano piazza San Pietro la domenica dopo viaggi lunghi ed estenuanti per vedere il papa. A volte la telecamera di "a sua immagine" (magistralmente condotta da santa Lorena Bianchetti) indugia su qualcuna di loro che sembra stia lì lì per raggiungere un orgasmo plurimo in mondovisione.
Per loro, e per tanti altri, Dio vede e provvede. Li dice anche (don) Matteo e papa Francesco. E che vuoi più dalla vita? Un viaggio a Medjugorje?
Ciao cara
Basta non sostituire Don Matteo a qualche Komsomol. Alla lunga non si vedrebbe la differenza e non so nemmeno chi sarebbe più simpatico.
EliminaPensare che tutti gli esseri umani cerchino la libertà per il fatto che, talvolta, alcuni la cercano equivale a dedurre che il volo sia la vera natura del pesce dall'esistenza del pesce volante. Il popolo desidera adorare chiunque le dia il pane perchè desidera autorità e vive con la speranza del miracolo con il culto moderno della scienza.
RispondiEliminaIl fenomeno comprende l'avvenimento di Piazza Rossa dove file interminabili (me compreso) hanno in molti anni sostato ore in piedi al gelo nell'attesa di sfilare frettolosamente davanti ad una teca di vetro (infatti il distinguo con una qualsiasi cripta basilicale diventa arduo).
Auspicare una totale riforma 'dei sistemi' - perchè il riferimento deve essere necessariamente internazionale - secondo gli schemi economici marxiani può essere una soluzione o così dovrebbe essere per tutti o giù di lì.
Vedremo cosa potrà succedere dopo: ma saremo ,spero ,ancora tutti qui per discuterne.
scusa, quali sarebbero gli schemi economici marxiani di riforma dei sistemi (e quali, dunque, i sistemi da riformare)?
EliminaNon sono un economista né un particolare suo appassionato pertanto la chiacchera, non solo telematica, è di per sé semplicistica.
EliminaCredo che sulla base di un’economia perversa di mercato globalizzata le applicazioni non siano del tutto omogenee (gli USA non sono la Cina, Saudi Arabia o Emirates non sono il Messico ecc.), nel contempo sarà forse opportuno comprendere come i vari popoli possano interpretare le formule marxiane e soprattutto applicarle nella loro dimensione dopo la necessaria contestualizzazione storica.
Abolizione della schiavitù in ogni forma, riappropriazione del bene pubblico, perequazione e libertà in tutte le sue forme ecc. ecc. sono la base del pensiero occidentale impegnato da secoli dallo scarto tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere. Ma non siamo unici pensatori al mondo.
Si rimane colpiti dal fatto che in un futuro prossimo o escatologicamente venturo, consenzienti o no, consapevoli o distratti ma soprattutto in un contesto paradossale, diventeremo TUTTI marxisti.
Ho conosciuto molto il mondo in largo (e anche un po’ in lungo) e non riesco a figurarmi un’adesione totale al pensiero marxiano, soprattutto nelle sue premesse filosofiche, riferendomi in particolare al miliardo e seicento musulmani e al mezzo miliardo di induisti (i già marxisti indiani peraltro escono dai canoni).
Da uomo della strada non so se ho capito molto, al momento penso di appartenere alla schiera dei ‘giù di lì’.
NB Don Matteo per età è fuori e di fatto è già negli apparatciki.
Per diventare, dopodomani, tutti marxisti o giù di lì, dopo un ieri come quello passato da poco, vuol dire scendere oggi all'inferno e poi risalire...se resteranno forze a sufficienza. Mi vien da dire così, e sento un brividino..
RispondiEliminaPer diventare, dopodomani, tutti marxisti o giù di lì, dopo un ieri come quello passato da poco, vuol dire scendere oggi all'inferno e poi risalire...se resteranno forze a sufficienza. Mi vien da dire così, e sento un brividino..
RispondiEliminaSecondo me, il problema non si pone. In futuro nessuno diventerà marxista, neanche giù di lì.
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