lunedì 17 gennaio 2022

Parliamo di soldi

 

Se c’è chi pensa il contrario, si metta tranquillo. Non c’è stato nessun complotto, né bisogno di un piano particolareggiato perché lo stato delle cose finisse per aderire perfettamente alle esigenze del capitale e di quei ceti sociali economicamente forti che vivono di profitti, di rendite e di speculazioni, la cui principale occupazione consiste nel mungere la mucca statale quanto più possono e però mostrando odio per tutto ciò che è pubblico.

La vecchia politica specializzata ha perso il suo tempo e deve confessare di essere finita in un fosso. Il riformismo, inteso come strategia fine a se stessa, aveva il proprio scacco garantito in anticipo, esattamente per le stesse ragioni dei riformismi del passato. E non si possono fare sconti nemmeno alla prospettiva della rivoluzione, che in Italia è sempre stata storicamente del tutto irrazionale rispetto ai rapporti di forza.

I rapporti sociali di classe, pur con tutti i distinguo storici che vogliamo metterci dentro, stanno ritornando speditamente a essere sostanzialmente quelli di epoche passate. Basterebbe leggere la riforma degli scaglioni irpef per farsi ragione che tutti i partiti sono d’accordo nel favorire i ceti abbienti e nel far scivolare sempre più in basso nelle condizioni di sopravvivenza i ceti popolari, i più colpiti dall’aumento di prezzi e tariffe, così come dai costi occupazionali dalla cosiddetta transizione ecologica. Persino il presidente di Confindustria, per motivi tutti suoi, ha bollato come un “paradosso incredibile” l’aver destinato il taglio dell’Irpef ai redditi alti, anziché concentrarlo a vantaggio di quelli medi e bassi.

Non è un caso che da anni non si parli più di economia (roba da cinesi), ma di tassazione e di ridurre i costi della manodopera alle aziende. Tutte idee molto originali nelle mani sadiche degli eredi di Milton Friedman e degli apostati di Federico Caffè, che hanno portato in oltre trent’anni a una creazione di posti di lavoro molto debole, scarsa innovazione, precariato a manetta, smantellamento delle tutele e aumenti salariali inconsistenti. Il che dimostra, per la millesima volta, che sarebbe onesto smettere di dar retta a certa gente e passare alle vie di fatto.

Sennonché la martellante realtà ha consigliato alle testine più lucide di fronteggiare la crisi e il passaggio d’epoca facendo ricorso a politiche espansive d’impronta neokeynesiana, però si tratta di misure fatte con i piedi, anzi, con le zampe.

Abbiamo al potere del personale politico che passa molto del proprio tempo a escogitare bonus a capocchia, dilapidando risorse e facendo nuovo debito per sostenere una crescita destinata a spegnersi in gran parte con l’esaurirsi dei relativi fondi pubblici, trovando viepiù del tutto normale che le aziende paghino stipendi da fame. Il resto della loro giornata quelle stesse persone lo passano in tv ad adorare se stesse.

Hanno buon gioco nel distrarci con la farsa dell’elezione presidenziale, ossia con la contesa tra due vecchi reazionari, uno pragmatico che anche in pubblico non sa trattenere il proprio cinismo, mentre l’altro vuole diventare il nano più alto d’Italia. Dopo Segni e Saragat e aver visto salire al Quirinale banchieri ed ex stalinisti, di che cosa dovremmo stupirci o addirittura preoccuparci?

Parliamo piuttosto di soldi. I 1.800 miliardi di liquidità che dormono nei conti correnti, sono sicuramente frutto di piccolissimi risparmi centellinati in una vita di lavoro e rinunce, proventi di piccole e grandi eredità, ma non solo di questo è costituito il “risparmio” in un paese dove l’evasione fiscale è la regola e l’elusione disposta per legge.

Il risparmio gestito sta registrando performance strabilianti mentre c’è gente che per mesi e mesi non ha avuto reddito per via del noto virus e delle sue varianti. Ben oltre 52 miliardi negli ultimi mesi, scrive il quotidiano “giallo”: «Il valore è quasi raddoppiato rispetto ai circa 28 miliardi del 2020. Nel corso degli ultimi dieci anni le masse [di denaro] gestite dagli operatori italiani sono aumentate del 154%: si tratta di un ritmo di crescita superiore rispetto a quello registrato in Europa».

Si è passati da 610 miliardi di euro del 2011 agli oltre 1.550 miliardi di fine 2020, e solo di denari gestiti da operatori italiani (Mediolanum, Fineco, Banca Generali, Azimut e Anima). C’è tuttavia da considerare che la preferenza delle “famiglie italiane” (inclusi clienti istituzionali, fondazioni o grandi società) è accordata per il 40% a società di gestione (SGR) estere, ma per quanto riguarda i soli fondi comuni i gestori internazionali prevalgono.

Ha ragione Bersani quando sostiene che in Italia nessuno muore di fame. Ringraziamo la contessa Onigo per il suo buon cuore, per aver votato a favore dell’iva sui prodotti assorbenti non compostabili per l’igiene femminile, ridotta dal 22 al 10%; per il congedo di paternità di dieci giorni e altre fondamentali riforme.

Soprattutto grazie al sottotenente Drogo per aver sostenuto la spina dorsale del paese con l’incremento della spesa militare, che toccherà quest’anno il record di 25,82 miliardi euro (26,49 miliardi considerando anche i costi indiretti e il costo delle basi statunitensi), con un incremento del +3,4% rispetto al 2021, dell’11,7% sul 2020 e del 19,6% sul 2019. Grazie delle nuove armi per 8,27 miliardi di euro (+13,8% rispetto al 2021), con un balzo del 73,6% negli ultimi tre anni (+3,512 miliardi rispetto ai 4,767 miliardi del 2019).

Non passerà molto tempo (fino alle prossime elezioni?), che l’inevitabile esplosione del debito e dei disavanzi sociali quale risultato di questo prosciugamento volontario delle risorse pubbliche, legittimerà le più disperate richieste di tagli alla spesa sociale e privatizzazioni di quel poco che è rimasto di pubblico.

6 commenti:

  1. Queste animate discussioni sul Presidente della Repubblica, fatte mentre il Paese è in ginocchio sotto tutti i profili possibili e immaginabili, assomigliano un po' a quelle che, su un pullmann che precipita da un viadotto, possono nascere fra chi vuole sedersi dietro e chi davanti... E non si può neanche dire che siamo alla canna del gas. Con i prezzi che ha preso. P.S. Felice di essere tornato a leggere il blog dopo qualche problemino di salute. :)

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    1. sul pullman ci siamo solo noi
      quanto al prezzo del gas, chi se ne frega. loro si scaldano a champagne

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    2. Si assolutamente. Io mi riferivo ai discorsi che sento fare da gente che non ha alcun interesse personale sul fatto che venga eletto il Berlusca, Draghi o chi per loro. Persone che stanno sul pullman e neanche si accorgono di precipitare. Sullo champagne ho letto che hanno messo a punto una nuova filiera ecologica e tutti soddisfatti citano i dati: -20% di gas serra per bottiglia, 90% di rifiuti industriali riciclati e -50% dei fertilizzanti azotati. I padroni del vapore possono stare a posto sia con la loro coscienza che con il loro gargarozzo.

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  2. Cara Olympe,
    a volte penso che solo i cinesi possano spezzare le catene che ci siamo fatti mettere
    e subito dopo penso che i cinesi ne abbiamo in serbo di ancora piu' pesanti.
    vedremo.

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    1. quanto a catene il mondo è sempre stato un gran emporio di ferramenta

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