martedì 6 gennaio 2015

The Butler


Ieri ho visto il film The Butler (*). Come dice il titolo, racconta di un maggiordomo, e nel farlo rappresenta alcuni aspetti della segregazione razziale negli Stati Uniti d’America nel ‘900. Il film esprime il punto di vista del regista e sceneggiatore, Lee Louis Daniels, il quale fa dire al protagonista una cosa di una certa forza a proposito dei campi di concentramento: gli americani dovrebbero ricordare quelli che per duecento anni sono esistiti in casa loro. Poi sono arrivati i diritti civili e l’uomo nero divenne presidente.



E dunque la segregazione razziale sarebbe un retaggio del passato. C’è perfino un 10 per cento di studenti bianchi che frequenta le scuole di neri e ispanici. Saranno senz’altro figli di genitori molto progressisti. Un 15 per cento dei bianchi intrattiene pure qualche relazione privata con gente di colore, e i newyorkesi sono abituati a vedere molta diversità sui marciapiedi e nei parchi, in piscina, nelle giurie dei tribunali, in televisione (i pubblicitari sono molto attenti alle “quote” razziali) e in coda allo sportello di una banca.

Tuttavia nei ristoranti, nelle chiese e nei locali notturni, la fauna è molto più monocromatica. Nei ristoranti di New York frequentati da bianchi, ci sono anche i neri e gli asiatici, però ti servono a tavola e lavorano in cucina. E non mi pare che la composizione dei quartieri e delle zone residenziali sia molto diversa che in passato, come dimostrano queste immagini:




Insomma, New York è la seconda area metropolitana degli Usa (superata solo da Milwaukee) per segregazione neri-bianchi e la terza per bianchi-latinos. Un altro stereotipo che crolla (qui).

Sia chiaro, i meccanismi d’esclusione, non sono più quelli della segregazione pura e semplice imposta con divieti espliciti e normati. Prevale la separazione per censo, per fasce di reddito, come del resto avviene ovunque. I neri ricchi, con buona istruzione e impieghi adeguati, sono relativamente pochi. Il divario di reddito tra neri e bianchi non riguarda solo gli stati del sud ma tutto il paese. Se guardiamo poi i tassi di disoccupazione tra i neri, essi sono eloquenti.

Se non ci piace chiamarla segregazione razziale, possiamo definirla separazione etnica, e questa separazione permea la società americana. Se Martin King diceva che le 11 della domenica sono le ore dove in America si fa più marcata la segregazione, mezzo secolo dopo le cose non sono cambiate di molto. Pare che solo il sette per cento delle chiese americane abbia una frequentazione “eterogenea”.

Se osserviamo la nostra società, e dunque non solo quella americana, è facile ravvisare come sia la diversa condizione sociale a produrre separazione, non solo tra neri e bianchi, ma anche tra bianchi ricchi e quelli poveri. Questa situazione in Usa, così come in Sudafrica, è aggravata dallo stigma razzista, ma anche in Europa il razzismo è un fenomeno in forte ascesa.

Il razzismo non ha però solo motivazioni economiche, altrimenti non si spiegherebbe per esempio perché gli indiani (dell’India) vivono separatamente dai neri e gli ebrei chassidici non si mescolano con gli italo-americani. Ma questo è già un altro discorso.

(*) Il termine butler deriva, per corruzione, da bouteillier.


7 commenti:

  1. ..... indiani (dell’India) vivono separatamente dai neri.
    In quale stato ? Andhra Pradesh, Tamil Nadu ? Loro ritengono estranei anche e soprattutto gli occidentali. Mentre i cinesi allargano nelle città i loro rapporti monogamici (?!)
    I Lubavitch non si mescolano a nessuno, come i torinesi con i 'napoli' nel '60.
    I Palestinesi non li vuole nessuno, e i maghrebini si sopportano tra di loro.
    I kazachi pian piano espellono anche i russi autoctoni.
    Tutsi e hutu ?
    ...............
    ...............

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    1. intesi come comunità indiana, gli usa hanno la terza comunità indiana del mondo

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  2. Non era chiaro il dove, era sufficiente la prima risposta. Comunque grazie.

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  3. Oggi le comiche:

    Il livello del dibattito economico tra gli "scienziati"

    http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-01-07/da-boston-piketty-chiama-armi-economisti-075511.shtml?uuid=ABcXNrZC

    Ciao,gianni.
    PS. Di marchionne dopo il truck vedremo il crack.

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    1. avevo visto, grazie. ancora non ho avuto il coraggio di leggere, farò domani

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  4. Se il soldo è ereditato, c'è poco da fare. In un sistema dove poi il tuo stipendio finale è proporzionale a quale università hai frequentato (la cui retta è ugualmente proporzionale), è ancora più evidente.
    American dream stocazzo, insomma.

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