Se il liberalismo ha fatto
derivare il significato politico di “cittadino” dal suo status sociale, ossia
dai beni in suo possesso, la democrazia contemporanea ha poi validato
l’universalità di tale condizione in senso giuridico, sebbene, come rilevo
spesso, in modo più formale che sostanziale per quanto riguarda il proletariato. L’orientamento socialdemocratico, nel
dare forza alle istanze sociali, è stato infine fondamentale perché ha fondato
energicamente la democrazia sulla reale qualità dell’umanità e della condizione
del cittadino, anche se non ha potuto superare incagli decisivi per giungere
alla liberazione del proletariato dalla sottomissione capitalistica (*).
È il caso di richiamare l’attenzione
su come gli ideali socialisti, pur con tutte le distorsioni che inevitabilmente
hanno subito (si pensi allo stalinismo), siano stati essenziali nel processo, e
come essi debbano tornare ad essere vivi se non si vuole ripiombare, come
sembra, in situazioni che sembravano superate e quasi dimenticate. Del resto
nemmeno il liberalismo è rimasto immune da distorsioni, basti pensare alla
concezione manchesteriana (cui ci vorrebbero, mutate le forme, ricondurre) e al
colonialismo, per non dire della non velata condiscendenza con la quale le
democrazie liberali hanno guardato ai fascismi europei, alle dittature latino americane, arabe, ecc..
Questo processo di sviluppo è
durato secoli, non decenni, e ha riguardato prevalentemente le nazioni
economicamente più sviluppate, posto che molta parte dell’umanità è tutt’ora in
una fase meno avanzata dello sviluppo. E tuttavia lo sviluppo economico, ovvero
l’ineguale sviluppo, per quanto fattore importante, non basta a spiegare, sotto il profilo di cui s’è detto, i
motivi dell’emancipazione civile e sociale di alcune aree del mondo rispetto ad
altre più o meno arretrate. Qui è necessario richiamare in gioco i motivi
storici e culturali alla base delle differenze, i quali (e le quali) in non piccola parte
possono spiegare anche i problemi seguiti alle grandi migrazioni in occidente.
Mi chiedo se i valori e i principi
fondamentali sviluppati da questi tre grandi movimenti storici che chiamiamo
liberalismo, democrazia e socialismo, e che da noi ormai hanno acquisito una
forma normativa (nelle carte dei diritti umani e nelle costituzioni),
deideologizzata (nonostante i tentativi della reazione), imperativa e d’obbligo
per tutti gli stati e i popoli civili, si possa adattare in definitiva a
contesti sociali che per storia, ambiente, tradizioni, peculiarità religiose e
culturali sono tanto diversi e anche distanti dai nostri.
Mi pare che la risposta sia già
nella formulazione del problema, laddove le forme politiche, religiose e gli
assetti sociali di molti paesi, penso a quelli mediorientali ma anche ad altri,
sono tutt’altro che organicamente collegati (salvo per singoli sporadici
elementi) ai valori e principi fondamentali dei tre grandi movimenti storici di
cui sopra. Credo di poter escludere che quegli Stati e quei popoli vengano ad
appropriarsi della cultura, della politica e della mentalità democratiche se
non sotto la spinta di necessità imponenti che determinino nel loro approccio
alla vita e alle cose una radicale rivoluzione.
(*) Nella mia concezione, come mi
pare di aver fatto riferimento più volte, non vedo il superamento del
capitalismo e della società borghese come il miraggio di una società concepita
in modo astratto e solo nei suoi aspetti positivi. Tale visione non rientra in
una concezione dialettica della realtà.
Curiosità: http://www.adnkronos.com/fatti/esteri/2015/01/13/dalai-lama-fondo-sono-ancora-marxista_GY84GuokivHSnXCtEchYsM.html
RispondiEliminaCara Olympe,
RispondiEliminaavrei voluto scrivere un lungo pezzo per darti ragione di unsacco di cose.
Non pensare che quello che scrivi non serva,molti ti leggono e tu li aiuti con la lucidita'dei tuoi commenti
c
Per chi ha avuto l'opportunità di vivere o di visitare l'Oriente - vicino,medio,lontano - ed oggi, avrà constatato il risultato desolante e disatroso del trasferimento dei nostri principi oltre la consegna del frigorifero, mentre continuano inesorabili le loro derive. Noi infatti siamo sempre il meglio. L'eventuale radicale capovolgimento sociopolitico non credo possa comunque coinvolgere gli elementi sovrastrutturali; peraltro sono più vecchi e saggi di noi e non vedo perchè dovrebbero abdicare alla loro storia per adottare in toto futuri ingenui e filantropi missionari con i loro sistemi economici, ideologici o scientifici, purchè coerenti.
RispondiEliminaL'internazionalismo organico potrebbe avere un lontano esito europeo, quello extra tanto ottimisticamente improbabile quanto oggi anacronistico.
Ho sempre cercato di sollecitare i giovani affinchè viaggino, oggi più di quanto non abbiano fatto ieri; del resto per i molti che ahimè vengono mantenuti a casa dalle rispettive famiglie in atmosfera controllata smartphone tanto vale che lo siano con più profitto in giro per il mondo (le spese sono irrisorie). Uno tra i risultati immediati più tangibile sarebbe il giudizio prudente e circostanziato sulla meteora islamica e sulla sintesi del redattore adnkronos che capisce di mahayana quanto il mio aiutante salumiere (quantunque liceale diplomato e laureato in Storia).
lr
Olympe, è difficile emanciparsi quando si è sotto tutela: http://www.resistenze.org/sito/os/dg/osdg8g25-003535.htm
RispondiEliminaSaluti
lo sappiamo, è un lungo elenco
EliminaMah. Sarà che in gioventù ho fatto indigestione di Cèline e ancora ce l'ho sullo stomaco, ma io penso che la maggior parte di coloro che hanno preso parte al processo di sviluppo di liberalismo, democrazia e socialismo (e comunismo) non capisse già allora una beneamata minchia di quel che stava facendo.
RispondiEliminaIl borghese vedeva i nobili ricchi e seguì il liberalismo perchè voleva essere ricco come loro, il cittadino voleva prendere delle decisioni per sè e non farsi comandare da un re sedicente ispirato da Dio, il comunista voleva mangiare e non schiattare in una fabbrica dodici ore al giorno.
Le masse hanno sempre preso l'utilitarismo personale e l'hanno appeso al carro di un'ideologia, di una filosofia, di una religione.
La 'crisi' del liberismo a cui stiamo assistendo è scoppiata non perchè l'umanità s'è risvegliata con una coscienza di classe, o perchè ora ci sembri immondo che un padrone guadagni in un anno quello che un operaio non potrebbe in cento vite, o perchè ci siamo accorti che abbiamo rovinato l'Africa, ma solo perchè i soldini stan finendo, un sacco di gente ha le pezze al culo ergo comincia ad incazzarsi.
Insomma, se i pakistani vengono qui è per appropriarsi del frigo, non della democrazia.