lunedì 26 gennaio 2015

L’inquietudine


L’inquietudine agita l’Europa. Oltre 120 milioni di poveri sono un motivo sufficiente. Le condizioni generali che per alcuni decenni hanno permesso ai paesi capitalisticamente più avanzati un welfare diffuso, stante anche il saccheggio degli altri paesi, non ci sono più e non si riproporranno.

Quale rimedio? C’è chi suona la campana per più tasse ai ricchi e distribuzione delle elemosine, e tuttavia una maggiore equità, pur necessaria, non rimuoverebbe una sola delle cause del disastro. L’altra campana rintocca la solfa sulle riforme, quelle che negli ultimi decenni sono servite a impinguare il grande esproprio.

La borghesia sa bene che non è possibile operare alcun reale mutamento dell’ordine vigente senza che tutto vada all’aria. Non c’è riforma che tenga, i “rivoluziobari” delle promesse sono solo delle macchiette. Lord Castlereagh, ministro degli esteri inglese, nel 1815 poteva assicurare che i rivoluzionari di quel tipo “non sono mai meno temibili di quando sono al governo, mescolati agli altri” (*).

Alla base di tutto c’è un’antinomia logica che perfino i borghesi non stupidi conoscono molto bene (all’argomento ho dedicato centinaia di post in questo blog, perciò non voglio ripetermi), dunque sono ben contenti che si facciano avanti di questi riformatori, i quali sono come dei fisici incapaci di misurare con esattezza posizione e velocità dell’elettrone e che perciò tentano con tutte le forze di fermarlo.


(*) Charles Kingsley Webster, The Foreign Policy of Castlereagh, vol. II, p. 547 (Appendice).




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