In
attesa dell’apertura ufficiale delle presidenziadi, parliamo d’altro, cioè
della guerra e delle sue vittime.
Le
vittime del secondo conflitto mondiale furono oltre 50milioni (e altrettanti
furono i feriti), delle quali grossomodo circa la metà furono civili. Nella
Giornata della Memoria sarebbe opportuno ricordare tutte le vittime civili,
anche se la vicenda delle vittime deportate e decedute nei lager richiama com’è
ovvio un maggior pathos e una maggior riflessione su quanto accaduto.
È
un argomento delicato quello della Shoah, poiché dopo quella tragedia è
difficile sottrarsi a delle valutazioni riflesse. Spesso nella pubblicistica è
data una posizione quasi acritica che vede milioni di persone uccise con il gas
e poi cremate nei forni. In termini di entità e modalità si tratta di una
posizione insostenibile. Per contro, si passa alla posizione opposta, quella
che nega senza sprezzo del ridicolo l’esistenza di un programma di sterminio.
C’è da dire che molte delle esecuzioni avvennero sul posto come nel 1942 in
Ucraina e Bielorussia con la liquidazione di alcune centinaia di migliaia di
ebrei da parte delle Einsatzgruppen.
In Galizia andò anche peggio, con il Vernichtung
durch Arbeit, ossia l’annientamento attraverso il lavoro (*).
Il lavoro. La
questione della manodopera si fece pressante dopo la crisi militare del
1941-’42, anzi fu una preoccupazione assillante della dirigenza tedesca nel
vano tentativo di eguagliare l’Armata rossa. È necessario tener presente che il
Reich si trovava a dover affrontare una nazione enormemente più vasta, molto
più ricca di materie prime strategiche e sostenuta da una popolazione
numericamente doppia. La Russia ricevette poi ingenti aiuti di mezzi e
materiali dagli alleati, anche se va chiarito che il “miracolo” sovietico non
fu dovuto agli effetti del Lend-Lease Act
che non cominciò a incidere sul fronte orientale fino al 1943.
Nei
tre anni giugno 1941- maggio 1944, il tasso medio di perdite umane della
Wehrmacht sfiorò i 60.000 morti al mese. Solo nell’aprile e giugno 1943 non superarono
i 20.000 caduti mensili, ma già nel luglio il numero salì a 85.000. Nel gennaio
dello stesso anno, in coincidenza della caduta di Stalingrado, i morti erano
stati 180.000. Nell’agosto del 1944, tali perdite raggiunsero l’incredibile
cifra di quasi 280.000, mentre nel luglio precedente 165.000. Si tratta di
quasi mezzo milione di caduti in due mesi e solo sul fronte orientale.
Solo
per riferirci al 1942, si deve tener conto che i teenager tedeschi fornirono
alla Wehrmacht meno di un milione di reclute, sufficienti a malapena a
rimpiazzare le perdite inflitte dall’Armata rossa. I selezionatori dovettero
così estendere il reclutamento ai tedeschi di mezza età esentati in precedenza,
e coinvolgere almeno 200mila uomini prelevati dalle fabbriche di armamenti.
Pertanto, se si vuole comprendere uno degli aspetti salienti di ciò che avvenne
a scapito di ebrei, perseguitati politici e prigionieri, bisogna tener conto
della necessità disperata di incrementare la produzione con il più grande
programma di costrizione forzata della storia.
*
C’è
una buona dose d’ironia in ciò che accadde agli ebrei dell’Est ad opera dei
nazisti. Secondo le intenzioni dei loro persecutori e assassini essi
appartenevano a una razza inferiore e cioè ai semiti. Oggi sappiamo che gli
ebrei dell’Est non avevano nulla a che fare con i semiti, ma come
scrive lo storico israeliano Shlomo Sand “ nessuno è veramente interessato a sollevare
pietre da cui potrebbero uscire scorpioni velenosi pronti a pungere l’autorappresentazione
vigente dell’éthnos e sulle
rivendicazioni territoriali”.
(*)
Sul fatto che si fosse deciso lo sterminio non vi sono dubbi, basterebbe
leggere il testo del discorso tenuto dallo Reichsführer-SS Himmler il 6 ottobre
1943 a Posen (Poznan), capitale del Warthegau. Non si deve confondere,
come spesso accade, tale discorso del 6 ottobre 1943, tenuto a Posen, con un primo discorso tenuto nella
medesima località il 4 di ottobre (questo primo discorso è stato assunto come
prova al processo di Norimberga). È in questo secondo discorso che parla della
“difficile” decisione di eliminare donne e bambini. Tale discorso è noto solo
dagli anni 1970. A dire il vero, alcuni passaggi di tale discorso presentano
aspetti controversi sul piano filologico e storico, tuttavia non si può semplicemente tacciarli di "falso".
"Spesso nella pubblicistica è data una posizione quasi acritica che vede milioni di persone uccise con il gas e poi cremate nei forni. In termini di entità e modalità si tratta di una posizione insostenibile. Per contro, si passa alla posizione opposta, quella che nega senza sprezzo del ridicolo l’esistenza di un programma di sterminio."
RispondiEliminaChapeau per l'obiettività e l'equilibrio, molto difficili da gestire in un argomento come questo.
Olympe, nell’istituzione di queste giornate c’è sempre tanta retorica e tanta ipocrisia. E’ il solito gioco del Dito e della Luna.
RispondiEliminaOgni 3’’(tre secondi) nel mondo, c’è un essere vivente che muore di fame, l’1% della popolazione detiene il 50% della RICCHEZZA non di 8 miliardi di persone, ma solo dei 2 miliardi del mondo occidentale(gli altri 6 non contano), dalla fine della II° Guerra Mondiale ci sono state centinaia di piccole guerre con più di 15 milioni di morti, nel 2012 si sono spesi in armamenti 1753 miliardi di dollari in valori reali, preferendo, sempre a quei famosi 2 miliardi, tagliare istruzione, assistenza sanitaria e altri servizi sociali. Ed allora di che parliamo?
Saluti