giovedì 20 novembre 2014

Solo attraverso il lavoro ...


La rivista Le Scienze di questo mese offre un “numero speciale” molto suggestivo, dedicato alla ricostruzione dell’evoluzione umana, con l’intendo d’informare il lettore sulle ultime novità per ciò che riguarda la ricerca paleontologica, con articoli specifici su diversi temi, dal nuovo albero genealogico all’origine delle disuguaglianze. Per il momento, cercherò di dire due cose sull’articolo dal titolo “Datemi un martello”, il quale riguarda il percorso evolutivo degli ominini da quando sono scesi dagli alberi a quando cominciarono a fabbricare i primi strumenti.

Il paleoantropologo Ian Tattersall scrive che questi antichi fabbricanti di utensili erano andati parecchio oltre l’orizzonte cognitivo delle grandi scimmie: “Anche con un addestramento intensivo, le grandi scimmie moderne trovano impossibile capire come colpire un sasso con un'altra pietra per staccarne una scheggia nel mdodo intenzionale seguito invece dai primi ominini. Uno degli impieghi di queste schegge riguardava la macellazione di mammiferi erbivori.



La cosa non può che trovarmi d’accordo visto che proprio alcuni giorni or sono, riprendendo un post del 20 novembre 2013, scrivevo:

Per la fabbricazione di questi strumenti, sia pure grezzi, è necessaria la padronanza di una varietà di concetti ben definiti, compreso quello che presiede alla selezione dei materiali lapidei idonei (selce, ossidiana, ecc.), quindi la comprensione della meccanica della frattura, e la capacità di pianificare l’uso della forza e l'angolazione appropriata con cui colpire con il “martello” sulla materia prima (il nucleo) per ricavarne un fiocco, ossia la punta della dimensione e forma desiderata. In sintesi, l'artigiano deve avere un’immagine mentale dello strumento desiderato e poi decidere sulla sequenza dei passi necessari per produrre l'utensile destinato ad uno scopo specifico, ossia a una diversa attività (uccidere e macellare un animale, per esempio).

Per quale motivo gli uomini, a differenza delle grandi scimmie, siano arrivati a questo stadio di sviluppo evolutivo, il paleoantropologo proprio non lo sa. Egli parla genericamente di evoluzioni di “geni e cultura”, di aumento della massa cerebrale, fino ad arrivare a scrivere che “questo sviluppo sembra essersi verificato durante l’esistenza della nostra specie, Homo sapiens, evidentemente sotto la spinta di uno stimolo culturale; è del tutto plausibile individuarla nell’invenzione della massima attività simbolica, il linguaggio”.

Oltre a questo, l’homo sapiens di professione paleoantropologo non va. Da che cosa abbia avuto origine questo cazzo di “stimolo culturale” che ha portato alla fabbricazione di strumenti e soprattutto al linguaggio umano, il paleoantropologo non lo sa dire (e manco si pone il problema). In tutti l’articolo la parola lavoro compare una sola volta, ma non per indicare l’attività umana specifica, bensì in riferimento al “lavoro della selezione naturale”.

Con questi scienziati della tautologia, del linguaggio come prodotto dello “stimolo culturale” e, a sua volta, di questo fantomatico “stimolo” come risultato di non si sa bene che cosa, dove volete che vada la scienza? Finché si tratta di collazionare ossa tutto va bene (o quasi), ma poi quando si tratta di spiegare il resto si fa buio pesto.

I primi collettivi umani emersero dal regno animale col e dal lavoro. Il punto di partenza dell’evoluzione umana non è rappresentato dallo “stimolo culturale”, ma dalla attività lavorativa, generatrice e trasformatrice dell’intera vita sociale. Attività finalizzata e mediata da molteplici strumenti ma tesa, qualunque siano le sue forme specifiche, alla produzione e alla riproduzione di rapporti sociali.

Che cosa diceva il Vecchio? “Per esaminare la connessione tra la produzione intellettuale e la produzione materiale, è anzitutto necessario concepire anche quest’ultima non come una categoria generale, ma in forma storica determinata”.

Intervenendo attivamente sulla natura esterna per controllarla ed in qualche misura sottometterla alla soddisfazione coscientemente preordinata dei propri bisogni, l’antenato dell’uomo cominciò a modificare e a dirigere la sua stessa natura: cominciò a prodursi socialmente come uomo.

È nel complesso processo di produzione materiale della vita che il cervello diviene cervello, che pensa in modo umano e l’occhio impara a vedere umanamente, eccetera. Dal che ne consegue un’altra generalizzazione: l’educazione dei cinque sensi, così come dell’intelligenza, sono il risultato dell’intera storia universale, dai primi homo sapiens ai paleoantropologi di oggi, anche se si stenta a crederlo visti i miserabili risultati. Scriveva Engels:

Perché si arrivasse al momento in cui il primo ciottolo fu lavorato dalla mano dell'uomo fino ad essere trasformato in coltello, possono essere trascorse epoche di lunghezza tale che al confronto l'epoca storica a noi nota può apparire insignificante. Ma il passo decisivo era compiuto: la mano era diventata autonoma e poteva ora acquistare una crescente destrezza: la maggiore scioltezza così acquistata si trasmise e si accrebbe di generazione in generazione.

La mano non è quindi soltanto l'organo del lavoro: è anche il suo prodotto. La mano dell'uomo ha raggiunto quell'alto grado di perfezione, sulla base del quale ha potuto compiere i miracoli dei dipinti di Raffaello, delle statue di Thorwaldsen, della musica di Paganini, solo attraverso il lavoro: attraverso l'abitudine a sempre nuove operazioni, attraverso la trasmissione ereditaria del particolare sviluppo dei muscoli, dei tendini, e, a più lungo andare, anche delle articolazioni, per questa via acquisito: attraverso la sempre rinnovata elaborazione dei perfezionamenti così ereditati per mezzo di nuove, e sempre più complicate, operazioni.

Solo attraverso il lavoro, e dunque lo “stimolo culturale” di per sé non spiega nulla. Il fattore in ultima istanza determinante nella storia è la produzione e la riproduzione della vita reale, e tuttavia con ciò non si vuol dire, come vorrebbero intendere certe testine che strozzano il concetto a una sola delle sue determinazioni, che la produzione materiale è l’unica e onnipotente causa generatrice di tutta la vita sociale, secondo la riduzione del noto schema binario “struttura/sovrastruttura”. Si tratta di una lettura meccanicistica e parziale del concetto marxiano; la legge generale della produzione si manifesta simultaneamente in una molteplicità di movimenti e di forme specifiche che, nel divenire sempre più complesso della materia sociale, si accrescono e si complicano senza fine.   


2 commenti:

  1. "... la maggiore scioltezza così acquistata si trasmise e si accrebbe di generazione in generazione ... attraverso l'abitudine a sempre nuove operazioni, attraverso la trasmissione ereditaria del particolare sviluppo dei muscoli, dei tendini, e, a più lungo andare, anche delle articolazioni, per questa via acquisito: attraverso la sempre rinnovata elaborazione dei perfezionamenti così ereditati per mezzo di nuove, e sempre più complicate, operazioni."

    Qui mi pare che Engels vada verso una visione lamarckiana. La trasmissione è culturale, non genetica, di maggiore scioltezza, di particolare sviluppo di muscoli ecc., e sempre culturale è perfezionamento attraverso sempre più complicate operazioni: è trasmissione per apprendimento, pur mantenendosi le stesse strutture biologiche e le stesse predisposizioni e capacità innate, fisiche e mentali.
    Sappiamo tutti che le giraffe non hanno il collo lungo perché dovevano arrivare a mangiare le foglie di alberi alti per cui lo sviluppavano individualmente e lo trasmettevano più lungo ai figli, ma perché quelle che non ci riuscivano morivano o erano meno concorrenziali nel momento dell'accoppiamento e via via si selezionavano quelle con collo più lungo per mutazione genetica casuale. Casualità che non piaceva per niente a Stalin, che perseguitò chi non si sottometteva al neolamarckismo di regime.

    Viene in mente "Il mondo nuovo" di Huxley. Per fortuna che "... la legge generale della produzione si manifesta simultaneamente in una molteplicità di movimenti e di forme specifiche che, nel divenire sempre più complesso della materia sociale, si accrescono e si complicano senza fine.", che, se no, quel "solo attraverso il lavoro" può risultare inquietante.

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  2. Con il lavoro l'antenato dell'uomo cominciò a prodursi socialmente come uomo.
    Senza il lavoro gli scienziati regrediscono all’orizzonte cognitivo delle grandi scimmie e producono tautologie.
    Con una decina d'anni di ergoterapia forse anche renzi perderebbe li suo sguardo da Papio. :)

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