«La giusta causa
per licenziare: prima lo si poteva fare a discrezione del "padrone".
Dopo fu la giusta causa una difesa da questa discrezionalità priva di
motivazione, che avrebbe dovuto essere provata dall'imprenditore di fronte al
giudice del lavoro. Il dipendente non
perdeva infatti soltanto il salario ma anche la dignità di lavorare.
Adesso si dice
che la giusta causa è già stata ridotta dalla Fornero a
"discriminazione" ma la giusta causa è sempre stata una discriminazione
e se licenzio un dipendente solo perché ha gli occhi azzurri o mi è antipatico
o piace a mia moglie o è pigro, questo in alcuni casi è giusto in altri no. Penso che bisognerebbe conservarlo
l'articolo 18 così inteso e riconoscerlo anche ai lavoratori impiegati in
aziende con meno di quindici dipendenti; penso anche che i precari che dopo
un certo numero di anni ottengono il contratto a tempo indeterminato, abbiano
anch'essi quella tutela.
Si dice però,
anche da autorevoli fonti internazionali,
che la giusta causa o discriminazione che sia costituisca un ostacolo contro l'aumento della competitività.
Ammettiamo che sia così e poiché la competitività è una condizione per attirare
investimenti, allora bisogna abolire
l'articolo 18 per tutti e sostituirlo con tutele economiche e sistemi di
formazione per favorire nuovi reimpieghi. L'America è su questo terreno il
Paese più moderno e più reattivo che conosciamo.
Ma le risorse da
mobilitare sono molto più cospicue di quelle di cui si parla. Non si tratta di
due o quattro miliardi; per compensare
chi perde il lavoro ce ne vogliono a dir poco dieci volte tanto e il
periodo di sostegno non può essere limitato ad un anno».
*
Il vecchio sparviero della borghesia italiana nel suo
editoriale di oggi – e del quale riporto uno stralcio integrale – ricorre a questi sofismi scolareschi, dapprima per affermare
una tesi, per poi, invocando autorevoli
fonti internazionali e perché così fanno in America (non in Europa, si badi la sottile astuzia del vecchio marpione), rovesciarla nel suo
esatto contrario e mutare con un
solo colpo da magliaro ciò che è socialmente discriminatorio e umanamente ingiusto in un
doveroso sacrificio per “tutelare – afferma testualmente
Scalfari – i ceti benestanti”, ovvero gli interessi padronali.
E però si lascia in tal modo sfuggire il vero
intendimento di chi vuole abolire ciò che resta dell’art. 18, la vera natura
del cinico abominio che priva il lavoratore non “soltanto del salario ma anche della
dignità di lavorare”, laddove Scalfari afferma che per non far morire di fame
chi perde il lavoro a titolo definitivo e non provocare in tal modo gravi
disordini sociali, c’è bisogno di molto denaro. È dunque chiaro che da parte del padronato non si tratta solo
di una battaglia ideologica, ma della volontà di licenziare centinaia di migliaia di lavoratori con un qualche diritto e
con un certo salario (in tal caso gli occhi azzurri cui si riferisce
Scalfari) per sostituirli con lavoratori
precari e a un più basso salario (in tal caso il colore degli occhi non
conta, basta essere simpatici al padrone).
Sarà interessante vedere se il sindacato, ossia ciò
che resta di esso, proclamerà uno sciopero generale e più ancora verificare
quanti vi aderiranno. Dopo di che, se lo sciopero generale fallirà, sarà notte
fonda e molto altro conseguirà. Per molti anni, ossia fino a quando la necessità non imporrà altre forme di
lotta e sempre che tutt’intorno non accada nulla di straordinario e tale da
impedirle. E io credo che l'eventuale sciopero sia destinato a non avere grandi effetti (spero di cuore di sbagliarmi, ovviamente), data la grande frammentazione degli interessi e data la composizione e condizione delle classi sociali in questo paese che vede convergenze tra ceti e frazioni di classe laddove non ve ne dovrebbero essere, senza contare il ruolo dei media che se non sbaglio hanno appena qualche preferenza per la parte padronale.
Lo strumento di difesa dello sciopero, una delle forme essenziali di contrasto da parte dei lavoratori agli eccessi padronali - siamo nell'ambito della possibilità di risposta ai peggiori soprusi, comportamenti che tendono a trasformare il lavoratore in schiavo (non c'è esagerazione in queste parole, sono cose che ho visto e vissuto sul posto di lavoro) - è stato metodicamente sterilizzato: castrato, se non formalmente annientato. Quando decidevamo in assemblea di ricorrere allo sciopero, dovevamo poi attentamente seguire una serie di procedure o correvamo il rischio di vederci arrivare la polizia a disperderci ai cancelli e schedarci come fossimo criminali. Tra queste procedure c'era quella di assicurare comunque la presenza minima nei reparti per l'assistenza ai malati, e questa condizione la dovevamo rispettare in un ospedale in cui, per lunghi periodi, il personale era normalmente al minimo, cioè era quello richiesto in servizio obbligato in caso di sciopero. Anzi: in alcuni reparti il personale minimo richiesto in caso di sciopero era superiore a quello che normalmente veniva usato per l'assistenza. Lo so: è assurdo, ma era così. C'erano poi tempi precisi da rispettare, anche quando occorreva invece un'azione in tempi rapidi, per non arrivare ad opporsi troppo tardi, sul già fatto, sul già accettato. E c'era la necessità, non solo per l'appoggio materiale, logistico (la stampa dei volantini, per esempio), ma anche per la legittimità dello sciopero, dell'approvazione delle strutture territoriali sindacali firmatarie del contratto di lavoro. Qui volevo arrivare. Queste strutture sono formate per la maggior parte di persone che, tramite distacco, vengono dai posti di lavoro. Cioè sono pagate da datori di lavoro, pubblici e privati: condizione materiale che certamente non agisce in senso di libertà decisionale oppositiva, nonostante la buona coscienza di alcuni. Sono poltrone anche quelle, infine, e anche se non tutti le vivono era inevitabile l'affacciarsi della domanda: stanti così le cose, come può il sindacato regionale e nazionale essere davvero dalla parte dei lavoratori? E' piuttosto uno strumento di controllo del sistema socio-economico-giuridico di cui è espressione. Soltanto il sindacato aziendale - le RSU così come avrebbero dovuto diventare, nate sui posti di lavoro con la partecipazione di tutti i lavoratori e non solo degli iscritti ad uno dei sindacati tradizionali - legittimato giuridicamente con disposizioni diverse da quelle attuali sull'attuazione dello sciopero, potrebbe essere espressione delle esigenze dei lavoratori e vero strumento di difesa contro i soprusi padronali.
RispondiEliminacaro Romeo, sono cose che ho vissuto in prima persona, anche se da una posizione non di rilievo (rsu) e che perciò conosco bene, e anzi potrei – come potresti del resto fare tu – aggiungere molte altre cose a quelle che segnali. in me, per fare il caso personale, non maturarono delle convinzioni e delle riserve perché già le possedevo quando m'iscrissi al sindacato, ed erano divenute tanto più forti quando mi dimisi. e tuttavia poi mi trovai ad essere rappresentante a mia iniziale insaputa perché a mia insaputa mi votarono ed elessero, cosa che mi diede anche una certa soddisfazione personale. solo per questo motivo di fiducia accettai, ma mi resi ben conto che ben poco potevamo fare, e quel poco e anche di più lo feci con dedizione assoluta e passione. chi si loda si sbroda, e oggi mi sbrodo un po'.
EliminaIo sono da qualche tempo (dopo regolare elezione, nella quale ho ricevuto una percentuale di voti forse superiore, in proporzione, al famoso 40% del meno di 50% dei votanti) nel comitato degli iscritti del sindacato nel luogo dove lavoro. Non RSU, ma un "parlamentino" al quale vanno sottoposti, per discussione e, se del caso, approvazione o rifiuto a maggioranza di voto, i programmi e le proposte del livello superiore. E, proprio come un parlamentino, suddiviso in "gruppi di lavoro", ciascuno dei quali si occupa di una particolare tematica: precariato, informazione, diritti, ecc.
EliminaDa quel punto di osservazione della realtà sindacale è chiaro che una buona maggioranza degli iscritti non condivide la politica di inciucio praticamente permanente - a tutti i livelli, dal vertice a Roma al segretario locale - tra sindacato e padronato/governi/amministrazioni, considerata (giustamente) un tradimento e una resa. C'è molta amarezza al riguardo e anche un certo disprezzo nei confronti dei venduti più eminenti. Ma da quei sentimenti non verrà alcuna azione o reazione. Essi convivono con una passività e una rassegnazione da fachiri indiani. Come sentii dire ad una collega, i rapporti di forza tra lavoro e rendita sono tali che è del tutto illusorio immaginare di cambiarli o modificarli. Ed è vero: nel contesto di quella che chiamano democrazia liberale, e che io chiamo invece Stato di polizia e psicopolizia, è del tutto impossibile.
Ricordiamo però che l'articolo 18 riguarda una parte dei lavoratori italiani, si può dire credo una minoranza data la massiccia presenza di piccole imprese e di una percentuale di lavoro a termine o parasubordinato.
RispondiEliminaE' su questa differenza oggettiva che il potere fa leva, la balla delle tutele per tutti perché adesso ci sono i pochi privilegiati, i lavoratori di aziende medie-grandi. Le tutele per tutti, che sarebbero tradotto in soldoni la mancia del padrone, l'indennità. Così siamo uguali ai tedeschi o agli svizzeri, come dice la vulgata ideologica del momento.
In effetti queste contraddizioni non si eliminano se non con l'abolizione del lavoro salariato, come diceva il barbuto di Treviri. Il fatto è che al momento è una prospettiva che appare fuori dal tempo, adesso al più ci si limita al contingente della sopravvivenza. Poi una cosa del genere, l'abolizione del lavoro salariato, presuppone tutta una storia e la consapevolezza dei salariati di essere classe e non individui isolati, atomici.
Saluti,
Carlo.
Al momento sul piatto c'è solo la manifestazione del 25 della cgil, sciopero generale sembra una parolaccia che ciò che resta del sindacato non vuole pronunciare, pronto com'è a sedersi nella sala verde di palazzo Chigi per sentirsi un'altra televendita di renzi su precari, impresa e dintorni...
RispondiEliminaResta la Fiom che ha ancora capacità di mobilitazione e i sindacati di base che ovviamente si faranno la concorrenza tra loro: temo anch'io che a brindare saranno i padroni e chi li sostiene.
Ci sarebbe poi un'altra data, quella milanese del vertice europeo sul lavoro: se tutto tacerà anche li a fine ottobre potremmo darci la buona notte perché sarà davvero notte fonda....
ogni tanto ci si sente, bene.
Eliminaè già notte fonda, vorrei dire che è notte fonda in premessa. come ben sai. e poi, hai visto chi nel Pd discute dei diritti dei lavoratori? ma dai, lasciamo perdere. ciao
Ciao Olympe, l'intervento di D'Alema è il classico caso in cui uno ride per non piangere....
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