Matteo Renzi vuole acquistare una
merce preziosa: il tempo. In cambio è disposto ad offrire l’abolizione
dell’art. 18 e altri divorzi dalle residue tutele del lavoro. Tanto chi parla
di abolizione dell’art. 18 personalmente non rischia nulla. Cosa c’entrano
queste misure con la crisi? Nulla. La separazione tra la politica e la vita è
riassunta in questi discorsi burocratici di smembramento programmato delle
conquiste operaie. Il trattamento delle persone è deciso dalle istanze
monetarie internazionali secondo il punto di vista del calcolo di bilancio. Ma
non solo. Tutte le riforme strutturali invocate hanno in realtà un unico scopo:
la lotta di classe. Quella che i padroni stanno conducendo senza risparmio da
decenni. Quella razza e i suoi
galoppini sostengono che vanno conservati i posti di lavoro, non i diritti dei
lavoratori. Una logica stringente, come dire che va garantita la libertà, non
il diritto di ciascuno di essere libero.
Per il resto, lo spettacolo
mediatico ha il compito di mettere in luce, come monito, le miserie della
povertà afflitta, un sapiente miscuglio di cinismo e d’ingenuità, accompagnato
dal discredito delle ideologie, tranne quella padronale che ci rivela come
l’economia non sia altro che la gestione razionale della rapina, un’ideologia
che esibisce la sua menzogna come indiscutibile verità, sicura di non avere
davanti a sé alcun avversario, ed è perciò che non teme di mettere in scena il
suo fallimento così come un tempo dispiegava i successi del benessere.
E tutto ciò, come sempre, nella
finzione che lo schiavo sia libero di decidere delegando il potere a un’élite
provvidenziale di disgraziati, nella finzione di un popolo sovrano, inerte e
senza pensiero, incoraggiato alla passività dalla persistenza degli imperativi
del consumo, schiacciato da una comunicazione dove le parole non hanno più
importanza. Capitalismo, padronato, sfruttamento, sciopero, sono termini
desueti, politicamente scorretti, tabù. Tanto più che quando si parla di
privilegiati si fa riferimento a chi ha ancora un lavoro, un tetto sul quale
pagare le tasse, ai lavoratori e ai pensionati i cui salari e pensioni gravano
sul rendimento degli investimenti statali e privati.
Crescita è una parola chiave che
si adatta a tutte le serrature, nel momento stesso in cui si chiudono
fabbriche, cantieri e uffici, e il profitto di un’economia stagnante si
rinserra nell’ambito della cibernetica, della speculazione, laddove l’aumento
quotidiano di borsa di solo l’un per cento può significare un guadagno di
milioni. È in tale quadro che il discorso umanitario, quando incontra la
mendicità ad ogni angolo di strada, diventa premio alla miseria perché costa
meno di una rivendicazione salariale.
Sarò ingenuo ma è veramene incredibile che alcuna forza politica si faccia portavoce delle istanze antipadronali - a parte quelle populiste e reazionarie che, notoriamente, usano tali istanze soltanto per far proseguire la guerra tra poveri.
RispondiEliminaÈ proprio vero: la sinistra è morta e non si sa neanche dove sia stata sepolta per farla resuscitare.
meglio non resuscitare gli zombie. è necessario attendere, spinte in avanti sarebbero solo avventurismo.
EliminaL'art.18 per i giovani è già abolito.
RispondiEliminaQuando un sistema e un impero entrano nella fase di pura cannibalizzazione dei popoli sottoposti è il segnale per grossi temporali nel corso della storia.
RispondiEliminadi questi tempi d'arsura andrebbe bene anche solo una pioggerellina
EliminaE' sempre la stessa Storia. Cambiano le circostanze. Nihil sub sole novum.
Elimina