Non so che cosa si siano detti i
capitalisti e i loro ruffiani al forum di Cernobbio, né cosa sia andato a dir
loro Alexis Tsipras di tanto importante, sta di fatto che i disoccupati in
Italia hanno raggiunto percentuali record e sono ben 100 milioni in Europa.
Effetti collaterali del modo di produzione capitalistico. Una situazione,
quella della disoccupazione, così come per altri aspetti, che sarà destinata a
non migliorare e anzi a peggiorare e che ci dice anzitutto che una società
giunta a tale grado di sviluppo delle forze produttive non può più poggiare su
rapporti di produzione come quelli capitalistici. Sicuramente il signor Tsipras
non avrà fatto cenno a questo dettaglio poiché egli rappresenta solo una delle
frazioni della borghesia che questo sistema vuole migliorare per mezzo delle
sempre più mitiche “riforme”. E dunque il problema fondamentale non riguarda il
rapporto tra capitale e lavoro, bensì, per esempio, la questione del debito e altre
mene del genere.
*
Ma lasciamo perdere i lavoratori
produttivi, razza in estinzione come spesso ci ripetono mentendo
spudoratamente. Il signor Tsipras, e quelli come lui, dovrebbe spiegare, per
esempio, come farà il sistema ad assorbire, posto il taglio alla spesa pubblica
e il calo demografico e tante altre cose così, la disoccupazione intellettuale
e la massa dei “prof-letari”. Problema questo che non riguarda solo l’Italia, ossia
le decine di migliaia di cosiddetti insegnanti precari, bensì tutta Europa. Chi
ha un titolo di studio, una laurea, per quanto svalutato, non va certo a
sostituire il “cuoco” pakistano nelle cucine dei ristoranti, né a raccogliere mele
in Trentino o a fare il manovale nei cantieri edili di Davos. Ecco che nella
scuola la sola flessibilità può essere quella della precarietà, della
supplenza, eccetera. Peraltro di una scuola proposta nei termini di una società
che non esiste più.
Ma qualcuno ha interesse a
cambiare questa situazione, sia dal lato degli interessati e sia dal lato della
politica? Non credo proprio, poiché la funzione primaria della scuola, non da
oggi, non è quella d’istruire ma di dare occupazione, ed è del tutto secondario
porre la questione che taluni presidi e insegnanti fanno nonostante tutto al
meglio il loro lavoro. Il punto non è questo; ma vallo a dire, per esempio, a
un insegnante di ginnastica (o come diavolo si chiama) che la sua non può
essere una materia scolastica al pari delle altre, che andrebbe spostata in
sedi e orari diversi, e con valutazioni non ridicole come quella del voto. Vai
a dirglielo al ministero che i programmi dovrebbero contenersi a poche linee
essenziali e poi lasciare ampia libertà d’insegnamento, e che non dovrebbero
più esserci ruoli unici degli insegnanti, eccetera (*).
No, non cambierà; poi cambierà d’emblée.
(*) Un tempo in non poche scuole
dell’obbligo s’insegnava francese e non inglese perché si dovevano impiegare i
vecchi insegnati, anche se nel frattempo le esigenze erano cambiate. Ovvio che
poi al liceo finivi nelle sezioni di francese, e se i genitori dell’alunno obiettavano
si sentivano rispondere con tono aulico e perentorio: le français est la langue
de la culture, une langue de communication globale. Una lingua che non
parlavi con nessuno, e tuttavia potevi contraddire la carampana di francese? Se
poi avevi l’avventura di risiedere in talune località, non c’era alternativa
alla lingua tedesca. Per stare al passo con i coetanei, l’inglese dovevi
impararlo con le canzoni dei Beatles.
Che il settore della scuola con altri settori dello Stato e parastato, al di là delle competenze, abbia rappresentato (e 'potrebbe' rappresentare) uno sbocco lavorativo, soprattutto per le popolazioni del nostro sud, è una pietra miliare della sociologia.
RispondiEliminaChe la funzione della scuola sia stata (e sia) unicamente quella ,polemos a parte, onestamente mi sembra un'affermazione un pò forte, indipendentemente dal volontarismo della classe insegnante. Come considero quest'ultimo tutt'altro che un elemento secondario.
Chissà perchè noi tutti abbiamo sempre derubricato l'educazione fisica a 'ginnastica' (disprezzata soprattutto da insegnanti,alunni e genitori mezze seghe - chiedo scusa -), non avendo ancora i 'campus' ci siamo dovuti accontentare in molte occasioni di cortili trasformandola in pause di sollazzo.
Oggi comunque ci sono molti giovani che escono dall'università con precise specializzazioni e che avrebbero l'intenzione di proporla in altri termini. Con quella alimentare ritengo sia indispensabile e propedeutica
al minimo per star bene di salute (sedi e valutazioni a scelta).
Il tedesco ha unicamente il proprio limite nelle aree di utilizzo commerciale, nulla da dire per l'aspetto formativo.
Affermare la necessità di una valutazione periodica degli insegnanti in tempi antichi non sospetti (e all'interno di popolate assemblee sindacali) ed essere stati nel contempo ostracizzati, è un'ulteriore verità.
[...] non va certo a sostituire il “cuoco” pakistano nelle cucine dei ristoranti, né a raccogliere mele in Trentino o a fare il manovale nei cantieri edili di Davos [...] Entrando nel merito oltre le esemplificazioni di rito:
a parte il virgolettato del "cuoco", in effetti c'è una progressiva sostituzione in cucina, almeno nelle grandi città, di manovalanza straniera
in alternativa a quella professionale italiana con una decisa perdita di gusto (hanno un'altro palato) e di conseguenza di tradizioni gastronomiche. Negli 'stellati' la brigata è solo autoctona, a parte i lavapentole.
La raccolta delle mele come le operazioni di vendemmia fanno parte di lavori saltuari stagionali molto in uso da parte di giovani stranieri meno che dai nostri. Tra questi i più arditi e volonterosi lo fanno in genere dignità ,meglio in Australia che a casa propria.
A Davos al manovale, sempre presente la vivace domanda e l'interessante compenso, viene richiesto innanzitutto un pò di fisico, un periodo di apprendistato e una notevole dose di buona volontà. Davos comunque è una meta da privilegiare.
I prof-letari, quella parte prodotta dalla classe media vaporizzata, una volta esaurite le risorse familiari o riprendono le valigie di cartone (al centro dell'interesse attuale dei giornali aziendali) o ritengo debbano rivalutare le vigne o le interessanti nicchie di lavoro artigianale.