Ieri ho trascorso un piacevole
pomeriggio in compagnia dei personaggi ritratti nei dipinti di Vittorio Corcos (1859-1933) in mostra a
Padova a palazzo Zabarella. Per chi ama l'arte e il genere, si tratta di un’occasione poiché la mostra è finora l’antologica più completa sul pittore
livornese, il quale operò a cavallo tra i due secoli, segnatamente nell’epoca che
celebrò i trionfi della borghesia e che va sotto il nome di belle époque. Che per la borghesia quella fosse un'epoca speciale non c’è dubbio a vedere i ritratti di Corcos, celebrato maestro in Europa.
Nonostante i progressi della
fotografia, in quell’epoca chi poteva permetterselo preferiva ancora farsi
ritrarre “a colori”, magari con i dovuti “ritocchini”; e se noi oggi
conserviamo memoria di quei volti, quasi tutti malinconici e inconsciamente
presaghi di ciò che di lì a pochi anni metterà fine ad un’epoca e ai suoi
modelli, lo dobbiamo a quei bei ritratti di donne nivee e vestitissime, così come a quelli di soddisfatti e solidi magnati con panciotto e catena d'oro. E ciò non può far riflettere sul fatto che dei nostri volti, nelle
numerose foto che ci infliggiamo continuamente e i cui colori si alterano irrimediabilmente
già dopo qualche decennio, non resterà nulla. E non è detto che ciò non sia un
bene, posto che sono in genere foto brutte, realizzate con ottiche scadenti, anche se
costose, e senza riguardo alcuno per molti altri aspetti della ritrattistica. E difatti, di tali
ritratti si dice positivamente che sono “spontanei”.
Dicevo di personaggi malinconici e
inconsciamente presaghi, come quelli ritratti nel dipinto In lettura sul mare, laddove i tre, assorti più dai loro pensieri di
cupo presentimento che dalla lettura, paiono sottrarsi a quella dimensione.
Bianchi e asettici, quei tre giovani mi ricordano la spiaggia davanti all’hotel
des Bains, più quella vagheggiata nelle eteree immagini del film di Visconti che
nelle disperanti parole di Mann, dunque un richiamo, se mi è consentito l’accostamento,
anche alla mia (più sobria e piccolo borghese) adolescenza al Lido, a dispetto
di ciò che è diventata oggi la variopinta e caotica realtà dei luoghi di mare.
I tre libri ritratti con la
copertina gialla, sebbene i titoli non siano stati resi intellegibili dall'Artista, rimandano senza
fallo alle edizioni Flammarion, e sono i libri, probabilmente i medesimi, che
ritroviamo poi nel dipinto più celebre di Carcos, Sogni, in cui è ritratta, con un’espressione anch’essa d’inquietudine,
Elena, la figlia di Jack la Bolina, pseudonimo, tratto da L’ultimo dei Mohicani di Cooper, di Augusto Vittorio Vecchi, romanziere
e anche insegnante di storia, figlio di un garibaldino e biografo di Garibaldi,
un uomo in stretta amicizia con Carducci, Morelli, Papini, Pirandello e molti
altri, i cui romanzi d’avventure marinaresche erano letti dai ragazzi fino a un
mezzo secolo fa, e questo tipo di formazione forse segnava la differenza non
solo di un gusto.
Il ritratto di Elena Vecchi,
divenuto assai famoso e riprodotto in richiestissime cartoline illustrate,
procurò alla stessa non pochi fastidi, poiché si voleva vedere nella posa, considerata disinvolta, “un’intimità insolita” col Pittore.
Altri tempi; e però lo scandalo che ne nacque causò la fuga dei pretendenti
alla mano della ragazza. Per chi non avesse la possibilità di vederlo in questa
mostra, il ritratto sarà stabilmente visibile alla Gnam di Roma.
Il taglio, di due dei tre in lettura della propria fine nell'essere quelli che sono diventati, è fotografico.
RispondiEliminaPuò essere interessante il confronto con Boldini, pittore coevo.
RispondiEliminaDotato di grandissima tecnica, nella ritrattistica soprattutto femminile fornisce uno sguardo meno 'perlaceo' e 'fogazzariano' delle signore borghesi che sembrano mostrare una diversa consapevolezza dello status. Questo in particolare ottenuto con lo sconvolgimento della prospettiva rinascimentale e l'uso della pennellata coloristica.
Mi sembra molto meno von Aschenbach più Cezanne.
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