martedì 23 settembre 2014

Il make-up del capitalismo


Mia figlia di otto anni quando ho il rossetto non mi bacia, sa che è fatto con olio di palma, e sa che per crescere le palme si distrugge l’habitat naturale degli orango tango (Valerie Rockefeller Wayne).

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Uno degli aspetti più critici della crisi del modello di sviluppo capitalistico riguarda lo sfruttamento sconsiderato e insaziabile delle risorse naturali e la devastazione del paesaggio naturale e umano. I così detti movimenti ambientalisti, nella loro critica allo “sviluppismo”, ritengono di individuare la contraddizione principale di tale stato di cose nel rapporto tra uomo e natura, anziché nelle leggi dell’accumulazione capitalistica. Sfugge loro che il rapporto uomo/natura è storicamente determinato dalle condizioni oggettive del suo sviluppo.

In tal modo, i vecchi e nuovi credenti dell’ambientalismo – come i Rockefeller – trascurano il nesso essenziale che lega i rapporti di produzione e di scambio capitalistici – ossia i rapporti oggettivi e indipendenti dalla coscienza che si stabiliscono tra gli uomini nella realizzazione del prodotto sociale e della successiva ripartizione di esso – ai problemi dell’inquinamento, sfruttamento e distruzione delle risorse naturali, e quindi evitano di affrontare il tema vero della questione, ossia l’impossibilità della continuazione del capitalismo. E, del resto, chiedere ai Rockefeller, data la loro posizione di classe, di considerare la questione dal lato politico rivoluzionario è fuori luogo!



In altri termini, sul piano ideologico e dunque politico, questi movimenti, pur molto eterogenei, tendono a negare l’evidenza del processo storico reale: l’antagonismo tra lo stadio supremo della produzione mercantile e la necessità di un progetto razionale di sfruttamento delle risorse ancora disponibili. Non ponendo in discussione la questione in tali termini, accettando il sistema capitalistico come unico orizzonte possibile della società umana, propongono le solite vecchie ubbie di compromesso tra progresso e ritorno nostalgico all’antico.

Anche quando la critica borghese riesce ad andare oltre un’estetica del capitalismo, ossia quando pervenire a una critica radicale degli effetti della produzione e dei modelli di consumo, essa si trova a discutere dei rimedi giudicando possibile risolvere i problemi settorialmente e di volta in volta nella vigenza dell’attuale ordinamento sociale, dimentica che il capitale è anzitutto un rapporto sociale e tutto il resto è necessaria conseguenza.

Ecco dunque che i più pragmatici critici borghesi del sistema trasformano i temi dell’ambientalismo in nuove occasioni di profitto. In certi casi si tratta di approcci tendenti a costruire un’“ecologia umana” per farne una specie di scienza generale, o di approcci parcellizzati e senza una visione globale dei problemi, che sui temi della sostenibilità non discutono se non di scadenze e di palliativi atti a ritardare le catastrofi, con previsioni spesso smentite.

L’ideologia ambientalista nel considerare non fondamentale la questione dei rapporti di proprietà dei mezzi di produzione (essenziali tra tutti i rapporti poiché da essi dipende la forma di tutti gli altri), cioè nel negare la questione stessa dei soggetti sociali e dunque della lotta di classe, è condannata a rimanere impotente a fronte della crescita senza controllo delle forze produttive alienate della società di classe. Pertanto a questi movimenti non resta, di volta in volta, che di misurare il rapido degrado delle condizioni stesse della sopravvivenza senza mai porsi il problema d’individuare il soggetto sociale che ha interesse ad un progetto politico rivoluzionario di cambiamento.

Friedrich Engels, nella Dialettica della natura, scrive:

Ad ogni passo ci viene ricordato che non dominiamo la natura come un conquistatore domina un popolo straniero soggiogato, che non la dominiamo come chi è estraneo da essa, ma che noi le apparteniamo […]; tutto il nostro dominio sulla natura consiste nella capacità, che ci eleva al di sopra delle altre creature, di conoscere le sue leggi e di adoprarle nel modo più opportuno […]. Questo richiede una completa rivoluzione […] del nostro intero ordine sociale contemporaneo.

In definitiva non si vuole prendere atto che il capitalismo ha portato la prova, con il proprio movimento contraddittorio e la sua crisi di sistema, di non poter più sviluppare le forze produttive; e questo non quantitativamente, come molti avevano creduto di capire, ma qualitativamente.

Solo un’organizzazione cosciente della produzione sociale – scrive Engels in un altro luogo della Dialettica della natura – , nella quale si produce e ripartisce secondo un piano, può sollevare gli uomini al di sopra del restante mondo animale sotto l’aspetto sociale di tanto quanto la produzione in generale lo ha fatto per l’uomo come specie. L’evoluzione storica rende ogni giorno più indispensabile, ma anche ogni giorno più realizzabile una tale organizzazione. Essa segnerà la data iniziale di una nuova epoca storica nella quale l’umanità stessa, e con essa tutti i rami della sua attività, in particolare la scienza della natura, prenderanno uno slancio tale da lasciare in una fonda ombra tutto ciò che c’era stato prima (MEOC, XXV, p. 332).



5 commenti:

  1. Più di 110 e lode: bacio accademico!

    ciao,g

    P.S. Che strano DNA si sviluppa in chi per generazioni ha fatto una vita da re principalmente con i proventi del petrolio. Sarà una malformazione genetica causata dall'inquinamento?

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  2. Ultima ora
    Pessime notizie x il mondo dal nobel x la pace:

    Obama stanamore
    http://www.pandoratv.it/
    g

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  3. Nei movimenti possiamo trovare gli ecomarxisti (O'Connor, Ricoveri,ecc.). Ma dove pensano di ricoverare i loro nipoti e i flgli dei loro nipoti i vari Rockfeller e Obama e molti altri?
    L'attività della centrale di Fukushima NON è stata fermata contrariamente a Chernobyl. Ci penserà qualcun altro a modificare il DNA prima della
    rivoluzione.

    Giorgio C.

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  4. Mi rifiuto di pensare che Valerie Rockefeller Wayne usi un rossetto a base di olio di palma. Sarà la baysitter.

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