Mia figlia di
otto anni quando ho il rossetto non mi bacia, sa che è fatto con olio di palma,
e sa che per crescere le palme si distrugge l’habitat naturale degli orango
tango (Valerie Rockefeller
Wayne).
*
Uno degli aspetti più critici della crisi del modello
di sviluppo capitalistico riguarda lo
sfruttamento sconsiderato e insaziabile delle risorse naturali e la
devastazione del paesaggio naturale e umano. I così detti movimenti ambientalisti,
nella loro critica allo “sviluppismo”, ritengono
di individuare la contraddizione principale di tale stato di cose nel rapporto
tra uomo e natura, anziché nelle leggi dell’accumulazione capitalistica.
Sfugge loro che il rapporto uomo/natura è storicamente determinato dalle condizioni oggettive del suo
sviluppo.
In tal modo, i vecchi e nuovi
credenti dell’ambientalismo – come i Rockefeller – trascurano il nesso essenziale che lega i rapporti di
produzione e di scambio capitalistici – ossia i rapporti oggettivi e indipendenti dalla coscienza che si stabiliscono tra
gli uomini nella realizzazione del prodotto sociale e della successiva
ripartizione di esso – ai problemi dell’inquinamento, sfruttamento e
distruzione delle risorse naturali, e quindi evitano di affrontare il tema vero
della questione, ossia l’impossibilità
della continuazione del capitalismo.
E, del resto, chiedere ai Rockefeller, data la loro posizione di classe, di
considerare la questione dal lato
politico rivoluzionario è fuori luogo!
In altri termini, sul piano
ideologico e dunque politico, questi movimenti, pur molto eterogenei, tendono a
negare l’evidenza del processo storico reale: l’antagonismo tra lo
stadio supremo della produzione mercantile e la necessità di un
progetto razionale di sfruttamento delle risorse ancora disponibili. Non
ponendo in discussione la questione in tali termini, accettando il sistema
capitalistico come unico orizzonte
possibile della società umana, propongono le solite vecchie ubbie di
compromesso tra progresso e ritorno nostalgico all’antico.
Anche quando la critica borghese
riesce ad andare oltre un’estetica del capitalismo, ossia quando pervenire a
una critica radicale degli effetti della produzione e dei modelli di consumo,
essa si trova a discutere dei rimedi giudicando possibile risolvere i problemi
settorialmente e di volta in volta nella vigenza dell’attuale ordinamento
sociale, dimentica che il capitale è anzitutto un rapporto sociale e tutto il resto è necessaria conseguenza.
Ecco dunque che i più pragmatici
critici borghesi del sistema trasformano i temi dell’ambientalismo in nuove
occasioni di profitto. In certi casi si tratta di approcci tendenti a costruire
un’“ecologia umana” per farne una specie di scienza generale, o di approcci
parcellizzati e senza una visione globale dei problemi, che sui temi della
sostenibilità non discutono se non di scadenze e di palliativi atti a ritardare
le catastrofi, con previsioni spesso smentite.
L’ideologia ambientalista nel
considerare non fondamentale la questione dei rapporti di proprietà dei mezzi di produzione (essenziali tra tutti i rapporti poiché da essi dipende la
forma di tutti gli altri), cioè nel
negare la questione stessa dei soggetti sociali e dunque della lotta di classe,
è condannata a rimanere impotente a fronte della crescita senza controllo delle
forze produttive alienate della società di classe. Pertanto a questi movimenti
non resta, di volta in volta, che di misurare il rapido degrado delle
condizioni stesse della sopravvivenza senza mai porsi il problema d’individuare
il soggetto sociale che ha interesse
ad un progetto politico rivoluzionario di cambiamento.
Friedrich Engels, nella Dialettica della natura, scrive:
Ad ogni passo ci viene ricordato che non dominiamo la natura come un
conquistatore domina un popolo straniero soggiogato, che non la dominiamo come
chi è estraneo da essa, ma che noi le apparteniamo […]; tutto il nostro dominio sulla natura consiste nella capacità, che ci
eleva al di sopra delle altre creature, di conoscere
le sue leggi e di adoprarle nel modo più opportuno […]. Questo
richiede una completa rivoluzione […] del nostro intero
ordine sociale contemporaneo.
In definitiva non si vuole prendere
atto che il capitalismo ha portato la prova, con il proprio movimento
contraddittorio e la sua crisi di sistema, di
non poter più sviluppare le forze produttive; e questo non quantitativamente, come molti avevano creduto di capire, ma
qualitativamente.
Solo un’organizzazione cosciente della produzione sociale – scrive Engels in un altro luogo della Dialettica della natura – , nella quale si produce e
ripartisce secondo un piano, può sollevare gli uomini al di sopra del restante
mondo animale sotto l’aspetto sociale di tanto quanto la produzione in generale
lo ha fatto per l’uomo come specie. L’evoluzione storica rende ogni giorno più
indispensabile, ma anche ogni giorno più realizzabile una tale organizzazione.
Essa segnerà la data iniziale di una nuova epoca storica nella quale l’umanità
stessa, e con essa tutti i rami della sua attività, in particolare la scienza
della natura, prenderanno uno slancio tale da lasciare in una fonda ombra tutto
ciò che c’era stato prima (MEOC, XXV, p. 332).
Più di 110 e lode: bacio accademico!
RispondiEliminaciao,g
P.S. Che strano DNA si sviluppa in chi per generazioni ha fatto una vita da re principalmente con i proventi del petrolio. Sarà una malformazione genetica causata dall'inquinamento?
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RispondiEliminaPessime notizie x il mondo dal nobel x la pace:
Obama stanamore
http://www.pandoratv.it/
g
Nei movimenti possiamo trovare gli ecomarxisti (O'Connor, Ricoveri,ecc.). Ma dove pensano di ricoverare i loro nipoti e i flgli dei loro nipoti i vari Rockfeller e Obama e molti altri?
RispondiEliminaL'attività della centrale di Fukushima NON è stata fermata contrariamente a Chernobyl. Ci penserà qualcun altro a modificare il DNA prima della
rivoluzione.
Giorgio C.
Mi rifiuto di pensare che Valerie Rockefeller Wayne usi un rossetto a base di olio di palma. Sarà la baysitter.
RispondiEliminasono d'accordo
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