lunedì 23 giugno 2014

Tramezzino in salsa schiava


Venerdì scorso il Dipartimento di Stato Usa ha pubblicato l’annuale rapporto sulla tratta degli schiavi (Trafficking in Persons Report 2014), valutati in circa 27 milioni nel mondo dalla Environmental Justice Foundation.

Si viene così a sapere che quando mangiamo dei gamberetti è molto probabile che siamo i fruitori di una filiera alimentare che sfrutta il lavoro di persone mantenute in condizioni di vera e propria schiavitù. Nella sola Thailandia sono impiegate 650.000 persone in questo ramo di attività per un giro d’affari di 7 miliardi di dollari, con una lavorazione di 4,2 milioni di tonnellate di pesce. Viene pescato anche il cosiddetto pesce spazzatura, circa 350mila tonnellate di pesce non commerciabile che viene trasformato in farine alimentari per animali. Anche in Italia, nel raggio di chilometri dagli allevamenti di polli e maiali, il fetore di queste farine è insopportabile.



Stati Uniti e UE sono i maggiori acquirenti e consumatori di pesce e crostacei thailandesi, con il Regno Unito con il 7 per cento di importazione di gamberetti. Per chi volesse farsi un’idea di come avviene la tratta degli schiavi, può leggere questo articolo del The Guardian. Molti degli schiavi intervistati dal quotidiano hanno dichiarato di essere alimentati con un solo piatto di riso al giorno. Sono schiavi “monouso” (l'espressione non è mia), il cui prezzo d’acquisto è irrisorio, e quelli che sono troppo ammalati per lavorare sono gettati in mare.

Si tratta in prevalenza di migranti provenienti dai paesi limitrofi, circa due - tre milioni di persone. Decine di migliaia di loro – tra cui donne e bambini – sono vittime del racket della prostituzione, e altri sono incatenati nella produzione di abbigliamento, del legno, nel lavoro domestico e, come detto, nella pesca e nelle industrie di trasformazione e imballaggio di prodotti ittici. Con la connivenza delle autorità e della polizia locale. Sotto la minaccia della galera o della deportazione sono costretti a lavorare 18-20 ore al giorno, sette giorni alla settimana, per salari molto bassi, e sono spesso minacciati e picchiati.


Anche in Europa, dice il Trafficking in Persons Report 2014, gli uomini provenienti da Brasile, Bulgaria, Cina e India sono sottoposti a lavoro forzato in orticoltura e nei frutteti in Belgio. Uomini e donne sono sfruttati ne settore agricolo in Croazia, Georgia, Paesi Bassi, Spagna e Regno Unito. In America Latina, adulti e bambini sono costretti a raccogliere pomodori in Messico, raccogliere frutta e svolgere lavori agricoli in Argentina, negli allevamenti di bestiame in Brasile. In Medio Oriente, i trafficanti di schiavi sfruttano gli stranieri immigrati nel settore agricolo in Israele e Giordania. I rifugiati siriani, compresi i bambini, sono costretti a raccogliere frutta e verdura nelle aziende agricole del Libano. Negli Stati Uniti, le vittime della tratta di lavoro sono stati trovati tra i migranti impiegati nei lavori agricoli stagionali, compresi i bambini addetti alle colture di tabacco e all’allevamento animale (ne ho già scritto in un post recente).

6 commenti:

  1. Non posso verificare, ma 27 milioni di schiavi nel mondo, mi sembrano pochi.
    Buona giornata.

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    1. per schiavitù i report intendono quella, per dire, di tipo classico. in premessa al report è descritta la definizione.

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  2. 'in Italia, nel raggio di chilometri dagli allevamenti di polli e maiali, il fetore di queste farine è insopportabile.'

    Alla fine della catena chi li consuma ?

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    1. io no, posto che però mangio mio malgrado altre schifezze

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  3. Posto che diventa molto molto difficile (impossibile al momento) intervenire sulla cessazione della schiavitù mondiale in tutte le sue forme, forse è più semplice partire dal basso boicottando in primis tutta una serie di prodotti spacciati da multinazionali (Kraft,Monsanto,ecc.) e da aziende nazionali equivoche (da dove provengono p.e.i polli reclamizzati da qualche oste rubicondo televisivo?)

    Faremo la rivoluzione con moschetto e sorbetto.

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    1. Non credo molto all’efficacia dei boicottaggi fatti individualmente, per buona coscienza. Dovremmo cassare dalla lista della spesa quasi tutto. Credo siano più efficaci articoli come quello del Guardian che infatti hanno determinato, da parte di Carrefour, la disdetta dell’importazione di pesce thailandese. Per quanto, beninteso, anche i comportamenti individuali possono incidere nella miserabile bottega mondiale. Del resto, a quanta gente credi che interessi ‘sta faccenda dei gamberetti? Non facciamoci troppe illusioni su questo mondo.

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