Domani è l’anniversario dell’attentato
di Sarajevo. Esattamente 100 anni fa, Gavrilo Princip, ormai rassegnato che il
complotto per assassinare l’arciduca austriaco era fallito, per una serie di
circostanze davvero singolari si trovò a dover rinunciare a sgranocchiare il
suo panino per mettere mano alla pistola e con ciò creare il pretesto per l’ultimatum
dell’Austria alla Serbia, cui seguì la scriteriata decisione di Nicola II di ordinare
la mobilitazione e da qui l’escalation che porterà dritti al grande conflitto.
Le premesse però, erano lì che aspettavano solo l’occasione giusta (il “caso”)
per manifestarsi con inesorabile “necessità”.
Un secolo dopo, la questione
Ucraina rischia di diventare il pretesto per un conflitto aperto tra potenze.
Probabilmente non si arriverà a tanto, ma ciò segnala che la necessità storica è
ormai pregna e troverà, prima o poi, l’occasione perché s'inneschi una nuova
escalation guerresca. Lo conferma la notizia che proprio ieri il segretario di
Stato americano, John Kerry, nel contesto della riunione dei ministro degli
esteri della NATO ha emesso un nuovo ultimatum al governo della Russia,
avvertendo che essa doveva dimostrare, "entro poche ore", di agire per porre fine alla rivolta in Ucraina orientale contro il governo
filo-occidentale installato a Kiev o affrontare le conseguenze.
L’Europa s’è dimostrata un po’
meno decisionista, per ora, tanto che il ministro degli esteri francese,
Laurent Fabius, ha parlato di una "de-escalation" in Ucraina e degli
impegni che il presidente russo Vladimir Putin aveva fatto il giorno prima in
una conferenza telefonica, a quattro vie, con il cancelliere tedesco Angela
Merkel, il presidente francese Francois Hollande e il presidente ucraino Petro
Poroshenko. Il ministro ha detto di sperare che le promesse della
Russia sarebbero state adempiute "nei prossimi giorni". Nel
frattempo è evidente che non vi è stata alcuna "de-escalation" della
situazione in Ucraina e che la vicenda si sta trasformando in una grave crisi
umanitaria, ignorata dai governi occidentali e da gran parte dei media.
Nell’indifferenza generale la città
di Slavyansk – la cui posizione è strategica – è sottoposta a bombardamenti
aerei e di artiglieria, manca l’acqua potabile e l’elettricità, in alcuni
distretti anche il gas, ma soprattutto da oltre due mesi non riceve
rifornimenti di cibo. I residenti hanno riferito che le famiglie che tentano di
lasciare la città sono state respinte ai posti di blocco presidiati dalla
guardia nazionale, nelle cui fila si contano numerosi nazionalisti e fascisti.
L'Associated Press riferisce di "Migliaia di ucraini in auto al confine
orientale nell’intento di fuggire verso la Russia, i quali affermano di
sentirsi traditi dal loro governo e giurando di non ritornare mai". Il
servizio di immigrazione della Russia riferisce che 90.000 ucraini hanno
attraversato il confine per cercare rifugio da quando sono iniziati i
combattimenti.
Non va dimenticato, nell’ambito
della strategia di provocazione
Usa, che dal 2004 i più importanti membri della NATO hanno intrapreso la
Quick Reaction Alert (QRA), ossia un’operazione di pattugliamento nei cieli di
Lituania, Estonia e Lettonia, stabilendo basi aeree sul loro territorio in modo
da consentire un rapido trasferimento di forze e armi verso l'Europa orientale
(*). Un tempo la Russia era l'impero del male; ora che non c'è più il comunismo, gli Usa non tollerano che vi sia una Russia che non sia uno stato satellite come quelli europei.
(*) La RAF ha schierato quattro
Typhoon in Lituania a fianco dei polacchi Mig-29 e F-16 danesi. La Germania si è
offerta di inviare i Typhoon della Luftwaffe e la Francia ha offerto Mirage e
Rafale. La US Air Force ha
schierato i suoi F-15C e poi altri F-15Cs, dodici F-16 insieme con gli Airborne
Warning And Control System (AWACS) basati in Polonia.
credo che quello che potrebbe salvarci, o dilazionare l'arrivo di un nuovo Gavrilo, è che oggi gli interessi economici sono talmente intrecciati a livello globale che (forse) la guerra aperta non conviene a nessuno... (l'ottimismo è il sale della vita).
RispondiEliminaChe ne pensi?
http://diciottobrumaio.blogspot.it/2014/06/in-una-tranquilla-giornata-destate-cosi.html
Eliminaio però non riesco a immaginare uno scenario di conflitto globale in cui si combatta fisicamente in Europa.. mi sembra davvero improbabile. In questo senso, non credo convenga agli attori in gioco. L'Europa è un mercato, non un antagonista economico. Credo che lo scacchiere più importante sia quello asiatico (Russia compresa ovviamente).
Eliminal'europa seguirà le dinamiche e le sorti degli usa. ciò che oggi ci pare incredibile può diventare maledettamente reale in pochi giorni. ormai si parla di "stagnazione secolare", e vediamo bene che le contraddizioni stanno per esplodere in ogni momento. molto dipenderà dal clima sociale, dal progressivo impoverimento, dalla disperazione, dai grandi numeri insomma. ricordiamoci che per dare fuoco a un bosco basta poco.
EliminaMi permetto di aggiungere che la risposta alla prima domanda sta proprio nella domanda stessa: l'intreccio di interessi (rigorosamente borghesi) non può non condurre alla lunga alla
Eliminatracimazione della competizione dagli argini diplomatici.
A meno che non crediamo ai recenti spot da Istituto Luce della Rai, dove la competitività capitalistica viene incoronata come santa protettrice della pace europea :-)
Circa il "combattimento fisico", è sempre bene ricordare quanto droni e armamenti simili abbiano mutato nel profondo il concetto stesso di guerra: non più qualcosa di necessariamente legato ad un vasto consenso popolare, ma cataclisma subìto dall'alto.
Nemmeno il piacere della diserzione è rimasto.
E i droni, a ben pensarci, sono un'efficace metafora del Dominio in cui siamo immersi: una forza che vola alta, che non si fa neanche sfiorare.
Unica possibilità: abbattimento.
condivido le osservazioni sulla rai, e del resto cosa aspettarci?
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