sabato 7 giugno 2014

Favoletta


Tutti (o quasi) abbiamo letto Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi, ma pochi si sono presi la briga di leggerlo bene, soprattutto la parte IV. Il romanzo, oggi molto citato, non fu accolto bene da una certa intellighenzia e tuttavia fu premiato con lo Strega, quando questo premio contava qualcosa. La frase più celebre e citata del romanzo è questa: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è bisogna che tutto cambi”, pronunciata dal giovane Tancredi in risposta allo zio che gli obiettava che un Falconeri doveva essere per il Re. La famosa frase, che sta all’inizio del romanzo, inizia così: “Se non ci siamo anche noi, quelli [i garibaldini] ti combinano la repubblica”.



Ciò denota come la classe dominante, anche quando si veste di tricolore o perfino alla moda dei sanculotti, ha sempre di mira la conservazione del potere, dello status quo. E del resto, come diceva quel Luigi XIV, i troni si conquistano con le spade e i cannoni, ma si conservano con i dogmi e le superstizioni, e solo il buon Dio sa come il sapere sociale non sia mai innocente e come i luoghi comuni siano l’alimento sempre sovrabbondante con cui viene nutrito il popolo dai media non meno che dalla scuola.

Quanti insegnanti di storia patria declamano ai loro alunni la seguente storiella: “cari ragazzi, l’unità d’Italia non fu opera né di Cavour e nemmeno di Garibaldi. Essi furono gli agenti di un disegno più grande. Grandi uomini senz’altro, di cui poi si perse lo stampo, ma ce ne fossero stati dieci dell’uno e altrettanti dell’altro, senza l’intervento delle grandi potenze dell’epoca, l’unità sarebbe rimasta una chimera per chissà quanto tempo ancora, non escluso che non si sarebbe mai attuata nelle forme che conosciamo.

L’unità, non della Penisola, ma solo di una sua parte, fu favorita da Napoleone il Piccolo che voleva fare del Regno di Sardegna, e della Valle Padana, un satellite della Francia; per contro, l’Inghilterra favorì l’unità di tutta la Penisola allo scopo di far nascere sul confine meridionale francese una potenza desiderosa di guadagnare uno spazio autonomo nella politica mediterranea” (*).

La morale di questa favoletta? "Cari alunni, ai Salina, ai Falconeri non meno che ai Sedàra, non importa chi siede in trono, per loro ciò che conta realmente è che chi sta sotto continui a lavorare e sia obbediente".


(*) Qui si astrae, per comodità, da altri aspetti della faccenda, come quelli minerari (zolfo) che riguardavano gli interessi inglesi e la Sicilia.


1 commento:

  1. 'L'argent que fait la guerre' rimane una caratteristica umana costante nei secoli e così rimarrà.Si suppone. Il trucco sta nel trovare un metodo attraverso il quale chi sta sopra per delega diretta non ci si abitui troppo e gli venga voglia di starci per più tempo. Historia docet.

    Ma i siciliani non sono così contenti di Giuseppe (Garibaldi) è che dopo gli ha fatto comodo adattarsi.

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