Da quando Aristotele scriveva che
“L’utilizzo degli animali domestici e quello degli schiavi sono più o meno
simili, gli uni come gli altri ci aiutano con l’apporto delle loro forze
fisiche a soddisfare i bisogni dell’esistenza”, sono cambiate molte cose nella
condizione degli schiavi, a cominciare dal fatto che essi non vengono più
chiamati schiavi e la schiavitù è stata abolita!
Lo schiavo moderno, divenuto libero
lavoratore, e il suo padrone, proclamatosi imprenditore, sono determinati solo
dalla loro libera volontà! Stipulano il loro contratto da libere persone,
giuridicamente pari, di modo che tutti i democratici e libertari di questo
mondo possano decantare quant’è migliore la libertà del lavoratore odierno rispetto alla
barbarie dello schiavo del passato laddove egli era costretto al lavoro!
Nel contratto, lavoratore e
imprenditore, siano essi rappresentati singolarmente o per mezzo di
associazioni di categoria, sottoscrivono liberamente il contratto di modo che
il risultato finale delle loro volontà si dà come espressione giuridica comune,
sempre per la gioia dei democratici e libertari che non cessano di esaltare
come storicamente insuperabile tale rapporto di uguaglianza.
E poiché lavoratore e
imprenditore dispongono soltanto del proprio, poiché entrano in rapporti reciproci
come possessori di merci, e scambiando ognuno equivalente per equivalente, ecco
che il loro rapporto è tra proprietari. L’unico potere che li
mette l’uno accanto all’altro e che li mette in rapporto è quello del proprio
utile, del loro interesse privato.
E ciò non può che deliziare ogni onesto liberoscambista che ammiri
l’armonia di questo stato di cose perfettamente naturale ed equo.
Potrebbe ben sorridere oggi
Aristotele: di quali robot stiamo parlando? Non c’è macchina parlante e capace migliore
di quella umana, assoggettata ai bisogni e ai piaceri dei propri padroni e che
non è necessario fabbricare (anche l’umano è un bestiame in grado di procreare
da solo). E, quando si guasta, la macchina umana si può sostituire in ogni
momento con un’altra, efficiente e scelta sul mercato, già addestrata o da
addestrare al bisogno.
Potrebbe lo stagirita ben
considerare che se in antico lo schiavo non veniva impiegato in particolari
lavori usuranti o pericolosi (damnatio ad
metalla, per esempio, o nel combattimento dei circhi), poteva godere, dati
i tempi, di una sicurezza economica relativamente invidiabile: il vitto e
l’alloggio erano assicurati, mentre la libertà condannava spesso a una
precarietà ben peggiore. Quale selezione migliore, quale metodo demografico più
efficace che la lotta per la vita?
Se le prestazioni lavorative dello
schiavo compensassero il suo padrone solo per il mantenimento dello schiavo
stesso, è ovvio che il padrone non avrebbe alcuna convenienza ad impiegarlo.
Dunque lo schiavo, con il suo lavoro, deve dare un “di più” di quanto costa, e
ciò spiega anche perché sono stati necessari migliaia di anni dopo la
rivoluzione neolitica perché potesse comparire la schiavitù, ossia fino a
quando la produttività del lavoro raggiunse un certo livello.
Aristotele, sincero maestro del
pensiero, potrebbe riflettere di quali mistificazioni siamo stati capaci noi
moderni. In antico, persino il lavoro che lo schiavo compie per reintegrare il
valore dei propri mezzi di sussistenza, in cui dunque lavora per se stesso,
appare come lavoro per il suo padrone. Nel lavoro salariato, in quello dello
schiavo moderno, persino il lavoro non retribuito appare come lavoro
retribuito!
E, infatti, Marx non poteva non
sottolineare che:
«Là il rapporto di proprietà cela
il lavoro che lo schiavo compie per se stesso, qui il rapporto monetario cela
il lavoro che l’operaio salariato compie senza alcuna retribuzione.
«Si comprende quindi l’importanza
decisiva che ha la metamorfosi del
valore e del prezzo della forza-lavoro nella forma di salario, ossia in valore e prezzo del lavoro stesso.
«Su questa forma fenomenica che rende invisibile il rapporto reale e
mostra precisamente il suo opposto, si fondano tutte le idee giuridiche
dell’operaio e del capitalista, tutte le mistificazioni del modo di produzione
capitalistico, tutte le sue illusioni sulla libertà, tutte le chiacchiere
apologetiche dell’economia volgare».
A chi dirlo, oggi, in questa
temperie dove regna il pensiero di omuncoli? I capitalisti possono ben
sfruttare il proprio monopolio sulla schiavitù, lasciando ai lacchè della
politica e del giornalismo, agli psicologi dell’economia e ai ginecologi
vaticani, insomma alla pletora di mantenuti, le royalty per occuparsi di mantenere
viva la fondamentale menzogna.
Una sola noce nel sacco non fa rumore!
RispondiEliminaE chi vuoi che ti senta?
Sono tutti ad attaccare la bandiera dell'Italia alla ringhiera del balcone.
C'è sempre una bandiera pronta per ogni occasione da attaccare alla sbarra della propria gabbia!
Ciao
pizza e calcio
EliminaIo ci sono Olympe! E poi, i tuoi post sul lavoro, mi appassionano più degli altri. Ciao, Franco.
RispondiElimina:) ciao
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