venerdì 20 giugno 2014

La fondamentale menzogna


Da quando Aristotele scriveva che “L’utilizzo degli animali domestici e quello degli schiavi sono più o meno simili, gli uni come gli altri ci aiutano con l’apporto delle loro forze fisiche a soddisfare i bisogni dell’esistenza”, sono cambiate molte cose nella condizione degli schiavi, a cominciare dal fatto che essi non vengono più chiamati schiavi e la schiavitù è stata abolita!

Lo schiavo moderno, divenuto libero lavoratore, e il suo padrone, proclamatosi imprenditore, sono determinati solo dalla loro libera volontà! Stipulano il loro contratto da libere persone, giuridicamente pari, di modo che tutti i democratici e libertari di questo mondo possano decantare quant’è migliore la libertà del lavoratore odierno rispetto alla barbarie dello schiavo del passato laddove egli era costretto al lavoro!

Nel contratto, lavoratore e imprenditore, siano essi rappresentati singolarmente o per mezzo di associazioni di categoria, sottoscrivono liberamente il contratto di modo che il risultato finale delle loro volontà si dà come espressione giuridica comune, sempre per la gioia dei democratici e libertari che non cessano di esaltare come storicamente insuperabile tale rapporto di uguaglianza.




E poiché lavoratore e imprenditore dispongono soltanto del proprio, poiché entrano in rapporti reciproci come possessori di merci, e scambiando ognuno equivalente per equivalente, ecco che il loro rapporto è tra proprietari. L’unico potere che li mette l’uno accanto all’altro e che li mette in rapporto è quello del proprio utile, del loro interesse privato.  E ciò non può che deliziare ogni onesto liberoscambista che ammiri l’armonia di questo stato di cose perfettamente naturale ed equo.

Potrebbe ben sorridere oggi Aristotele: di quali robot stiamo parlando? Non c’è macchina parlante e capace migliore di quella umana, assoggettata ai bisogni e ai piaceri dei propri padroni e che non è necessario fabbricare (anche l’umano è un bestiame in grado di procreare da solo). E, quando si guasta, la macchina umana si può sostituire in ogni momento con un’altra, efficiente e scelta sul mercato, già addestrata o da addestrare al bisogno.

Potrebbe lo stagirita ben considerare che se in antico lo schiavo non veniva impiegato in particolari lavori usuranti o pericolosi (damnatio ad metalla, per esempio, o nel combattimento dei circhi), poteva godere, dati i tempi, di una sicurezza economica relativamente invidiabile: il vitto e l’alloggio erano assicurati, mentre la libertà condannava spesso a una precarietà ben peggiore. Quale selezione migliore, quale metodo demografico più efficace che la lotta per la vita?

Se le prestazioni lavorative dello schiavo compensassero il suo padrone solo per il mantenimento dello schiavo stesso, è ovvio che il padrone non avrebbe alcuna convenienza ad impiegarlo. Dunque lo schiavo, con il suo lavoro, deve dare un “di più” di quanto costa, e ciò spiega anche perché sono stati necessari migliaia di anni dopo la rivoluzione neolitica perché potesse comparire la schiavitù, ossia fino a quando la produttività del lavoro raggiunse un certo livello.

Aristotele, sincero maestro del pensiero, potrebbe riflettere di quali mistificazioni siamo stati capaci noi moderni. In antico, persino il lavoro che lo schiavo compie per reintegrare il valore dei propri mezzi di sussistenza, in cui dunque lavora per se stesso, appare come lavoro per il suo padrone. Nel lavoro salariato, in quello dello schiavo moderno, persino il lavoro non retribuito appare come lavoro retribuito!

E, infatti, Marx non poteva non sottolineare che:

«Là il rapporto di proprietà cela il lavoro che lo schiavo compie per se stesso, qui il rapporto monetario cela il lavoro che l’operaio salariato compie senza alcuna retribuzione.

«Si comprende quindi l’importanza decisiva che ha la metamorfosi del valore e del prezzo della forza-lavoro nella forma di salario, ossia in valore e prezzo del lavoro stesso.

«Su questa forma fenomenica che rende invisibile il rapporto reale e mostra precisamente il suo opposto, si fondano tutte le idee giuridiche dell’operaio e del capitalista, tutte le mistificazioni del modo di produzione capitalistico, tutte le sue illusioni sulla libertà, tutte le chiacchiere apologetiche dell’economia volgare».

A chi dirlo, oggi, in questa temperie dove regna il pensiero di omuncoli? I capitalisti possono ben sfruttare il proprio monopolio sulla schiavitù, lasciando ai lacchè della politica e del giornalismo, agli psicologi dell’economia e ai ginecologi vaticani, insomma alla pletora di mantenuti, le royalty per occuparsi di mantenere viva la fondamentale menzogna.



4 commenti:

  1. Una sola noce nel sacco non fa rumore!
    E chi vuoi che ti senta?
    Sono tutti ad attaccare la bandiera dell'Italia alla ringhiera del balcone.
    C'è sempre una bandiera pronta per ogni occasione da attaccare alla sbarra della propria gabbia!
    Ciao

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  2. Io ci sono Olympe! E poi, i tuoi post sul lavoro, mi appassionano più degli altri. Ciao, Franco.

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