La prima carneficina mondiale –
come del resto altre guerre – non può essere compresa appieno senza considerare
che essa fu essenzialmente una questione di calcolo di mercanti e banchieri. Pochi
individui che, per esempio sotto bandiera a stelle e strisce, negarono nel 1917
un armistizio tra i belligeranti, poiché ciò metteva a rischio i prestiti
concessi largamente alle potenze dell’Intesa. Era necessario che vi fossero
degli sconfitti sui campi di battaglia e che questi pagassero fino all’ultimo
scellino i debiti di guerra ai vincitori.
Noi possiamo considerarci gli eredi di coloro che riuscirono a salvare la pelle in quel disastro, soprattutto europeo, subìto per fede in un qualche calcolo assurdo o fallito.
Ancora e sempre dei morti in nome dei
tornaconti venali come lo sono i morti di oggi in Ucraina seguiti al rifiuto
del presidente Viktor Yanukovich di firmare quegli stessi accordi che il suo
successore, dopo il colpo di stato, ha baldanzosamente siglato in queste ore a
Bruxelles. Come lo sono i morti in Iraq, in Afghanistan, in Siria, e dovunque
vi siano dei sacri valori della democrazia capitalistica da difendere armi in
pugno (*). Quando ci sarà una Norimberga per questi criminali?
*
Nel gennaio 1915 John Maynard barone
di Keynes era diventato, su pressione di Edwin Montagu, assistente di sir
George Paish (principale consigliere di Lloyd George) presso il ministero del
Tesoro a Londra. A maggio entra a far parte dell’ufficio finanziario dove
diventa responsabile per il settore bancario, la valuta e gli scambi della
finanza interalleata. Nei suoi concisi e lucidi rapporti poneva in luce che i
reclutamenti d’operai per i fronti di guerra (dopo l’approvazione della legge
sulla coscrizione obbligatoria per i maschi dai sedici ai quarantuno anni) nuocevano
all’industria delle esportazioni. Un tasso di cambio di una sterlina per 4,86 $
non avrebbe retto al crollo delle esportazioni e all’aumento dell’inflazione, e
da quel rapporto di cambio dipendevano le importazioni di merci e armamenti
dagli Usa. E pure la riduzione della produzione interna avrebbe posto in serio
pericolo gli approvvigionamenti alimentari e militari. Che poi quella stessa manodopera
industriale impiegata in prima linea fosse destinata all’ecatombe era un
aspetto che la cinica metodica economica non teneva in conto.
Dove ci porterà, ancora una volta,
quella stessa cinica metodica ragionieristica? A noi, per la verità, importa nulla
di cosa succede nelle varie periferie del mondo, ben consapevoli che la
faccenda della guerra non ci riguarda se non per i suoi aspetti consumistici,
ossia per la regolarità dei rifornimenti di idrocarburi e per il loro listini.
Siamo così beati nelle nostre sicurezze che l’unica cosa che può davvero
turbarci sono le immagini, purgate, dei massacri all’ora di cena in tivù.
Nondimeno il Keynes, che aveva
escluso fino all’ultimo l’eventualità di una guerra europea, già esonerato
dalla leva per essere un funzionario del Tesoro, in seguito alla legge sulla
coscrizione obbligatoria scrisse al tribunale di Holborn rivendicando
“un’esenzione completa” quale obiettore di coscienza! Secondo un suo biografo,
Donald Moggridge, egli non si presentò nemmeno all’udienza dicendosi troppo
occupato al ministero (p. 260). Due anni più tardi, scrisse a Duncan Grant,
artista membro del noto Bloomsbury Group:
“Io lavoro per un governo che disprezzo per i fini criminali che persegue” (ibid.,
279).
(*) Preciso, per chi avesse l’avventura
d’imbattersi per la prima volta in questo blog, la mia idiosincrasia, per così
dire, riguardo a quei regimi sedicenti socialisti che non sono nemmeno riusciti
a dare abbastanza di cui nutrirsi ai propri popoli (per tacere del resto).
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