Scrive oggi il direttore del Sole 24ore nel Domenicale a proposito del Mose, di Venezia e degli scandali:
Se l’Italia vuole cambiare davvero (e va fatto assolutamente) deve
dimostrare di avere la forza, alla voce fatti, di chiudere con questo passato.
Si accertino ovviamente le singole responsabilità, perché di tutto abbiamo
bisogno meno che di processi sommari, ma avendo ben presente che la misura è
colma e non c’è più spazio per compromessi e ambiguità di sorta.
Ad ogni tornata di scandali questi
sepolcri imbiancati suonano le campane a martello perché “la misura è colma”,
puntano il dito contro “le singole responsabilità”, che ovviamente dovranno
essere accertate, ma tacciono su tutto il resto, e cioè che questo malaffare è
figlio più che legittimo di questo sistema, dell’intreccio politico-economico,
non solo italiano anche se forse in Italia è reso più vistoso dal clima
politico. Ma guai a parlare di corda in casa dell’impiccato.
Questi sepolcri imbiancati dicono
di avere intelligenza di tutto e che senz’altro saprebbero cosa fare, a cominciare da nuove privatizzazioni e
dal taglio degli investimenti pubblici, ma non vogliono avere alcun
rapporto con la realtà, per esempio con il sistema di organizzazione della
spesa pubblica e con il sistema generale di organizzazione dell’economia tout
court.
È vero che in certi paesi un
ministro si deve dimettere quando viene scoperto che non paga i contributi alla
colf, ma questo è fumo negli occhi. Per un ministro che si dimette per aver
copiato la tesi di laurea c’è un Ministro delle finanze, quel Wolfgang Schäuble
che vediamo spesso in tivù, il quale nel 1994 fece da tramite per conto della
CDU di una mazzetta da un milione di marchi per 36 panzer tedeschi all'Arabia
Saudita. Già scrissi anni fa della vicenda Tyssen-Krupp e la fornitura dei
sottomarini Type-214 alla Grecia, per cui poi il ministro della difesa ellenico
s’è beccato 20 anni per mazzette pari a 55 milioni di euro. Poi c’è la vicenda
dei carri armati, dei ferrivecchi, coinvolta la Simmens, quindi le forniture
tedesche all’India e al Portogallo.
E tuttavia, se in Grecia, in
India, in Portogallo e altrove ci sono dei corrotti, in Germania devono esserci
per forza dei corruttori, e quando si ha a che fare con la vendita di armi e sommergibili
il livello dell’intreccio non può che essere altissimo e politico. E i francesi
con l’affaire Nicolas Sarkozy-Karaki? E Tony Blair e l’inchiesta Bae System? Insomma,
non c’è solo Finmeccanica e l’Italia nella lista nera della corruzione.
E sul lato della corruzione
finanziaria, per un Madoff che finisce in gattabuia per aver truffato i ricchi
newyorchesi, quanti responsabili del crac finanziario del 2008 sono rimasti ai
loro posti? A cominciare dal presidente Clinton che ha abrogato il Glass-Steagall Act, per esempio.
Ma torniamo a Venezia, ricordo e
ritrovo un articolo di giornale:
Questo « rapporto » su Venezia non è stato scritto per rivelare qualcosa
di nuovo, qualcosa — vogliamo dire — che i cosiddetti competenti già non
sappiano, ma per rendere l’opinione pubblica finalmente consapevole dei termini
essenziali di questo angoscioso problema. Ci sarebbero infatti da sviscerare
anche altri aspetti. Ma noi abbiamo preferito limitarci a quello fondamentale,
che li condiziona tutti, del sovvertito equilibrio della laguna. E, pur
evitando gli accenti apocalittici, abbiamo dovuto denunciare la drammaticità di
una situazione che non concede più dilazioni. È cominciato, per Venezia, il conto
alla rovescia. O la salviamo ora (e si può), o l’avremo per sempre perduta.
Poi diceva ancora l’articolo a
proposito dell’acqua alta e delle sue cause:
Il processo patologico comincia
quando, invece di fermarsi a quel mezzo metro, l’acqua alta supera il metro o,
come avvenne nello spaventoso autunno del ‘66, tocca i due. Ci vuol poco a
capire quali sommergimenti e devastazioni ne derivino alla città, costruita
com’è a pelo d’acqua.
Con questa insidia, Venezia ha
dovuto vedersela da sempre, da quando è nata. Ma nel passato essa si profilava
di rado, in media una volta ogni quindici o venti anni, e quasi mai in misure
catastrofiche. È in questi ultimi quarant’anni che il fenomeno si è fatto sempre
più incalzante e abnorme sino a diventare una regola autunnale. Da cosa dipende
questa accelerazione di ritmo?
I competenti dicono che all’origine
c’è anzitutto una circostanza di ordine generale contro cui non esiste rimedio.
In tutti i mari della Terra il volume delle acque è in crescita per il lento
disgelo delle calotte polari, cioè per lo scioglimento dei ghiacci delle
regioni artiche e antartiche. È una crescita che si calcola di circa un
millimetro e mezzo all’anno. Ma a questo fattore, sul litorale adriatico, se ne
aggiunge un altro: la cosiddetta « subsidenza », cioè lo sprofondamento del
suolo.
Questo secondo fenomeno sarebbe
determinato, o per lo meno accelerato, dalla industrializzazione delle zone
rivierasche, come quella di Mestre-Marghera. Le fabbriche — e le abitazioni che
vi nascono intorno — hanno bisogno di acqua dolce. La pompano dal sottosuolo. E
via via che le sue «polle» o «falde» vengono prosciugate, il suolo si abbassa a
colmarne il vuoto.
Secondo il dato più comunemente
accettato, la subsidenza sarebbe di due millimetri all’anno. Ma da quanto mi
risulta, si tratterebbe invece di cinque millimetri. Comunque, limitiamoci alle
constatazioni. Negli ultimi cinquant’anni, grazie soprattutto al pompaggio
dell’acqua dolce nelle zone rivierasche, Venezia è sprofondata di quindici
centimetri. Cosa succederebbe, se dal sottosuolo cominciassero a pompare anche
metano? Che le sonde, mi dicono, stanno cercando proprio in alto Adriatico? Nel territorio di Rovigo, l’estrazione di
metano ha provocato sussidenze anche di un metro. E un metro di sprofondamento,
per Venezia, è la morte sicura. Ci si è pensato? Ci si pensa?
Nell'articolo non si cita, quale altra causa (non secondaria) del fenomeno delle acque alte, lo scavo del cosiddetto Canale dei petroli. Ad ogni modo, sapete a quale epoca risale l’articolo? Al più tardi ai primissimi
anni Settanta. Chi l’ho scrisse? Un certo Indro Montanelli.
(*) A proposito di stime farlocche
sulla corruzione, ecco cos’ha dichiarato, il 6 marzo scorso, in Commissione
parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, il presidente della
Corte dei conti: «È impossibile stimare la ricaduta della corruzione
sull'economia, qualsiasi stima è velleitaria. La corruzione va combattuta ma è
impossibile pensare di stimarla. La Corte dei conti non ha mai detto che il
fenomeno costa 60 miliardi».
Il crac finanziario del 2088? Lei predice il futuro Olympe?
RispondiEliminaMi auguro che l'umanità possa liberarsi dai crac finanziari (e soprattutto da ciò che li genera) ben prima del 2088! :-)
RispondiEliminaAfosi saluti, Olympe.
scommetto un trilione di dollari, nel 2088 ci sarà un crac
RispondiEliminaLa qualità etica di un paese in genere non la fa chi la dirige ma la media nazionale dei suoi abitanti (poi dovremmo capire se un certo tipo di comportamento 'civile' è dettato da un modus vivendi introiettato da famiglia e scuola o da una banale certezza della pena in caso di infrazione delle regole).
RispondiEliminaPrima di pensare ai grandi danni della corruzione come quel pirla che ha scritto 'Se l'Italia vuole cambiare davvero', sarebbe opportuno iniziare con alcune semplici regole come il banale saluto quando si entra a contatto con estranei (in Europa è tutto un bonjour, guten tag e good morning ad ogni incontro in passeggiata) e il rispetto per i luoghi pubblici trattati a volte - quasi sempre - come pattumiere.
Se non inizi da lì non c'è acqua alta che tenga.
2088 o prima: che c'è frega, saremo morti. Tanto per stare in tema.
quella sul saluto, per quanto banale, è una mia piccola indefessa battaglia personale
RispondiEliminala mia risposta sul 2088 a questo alludeva ironicamente
Salutare è meglio che non salutare così come il bene è meglio del male e mettete dei fiori nei vostri canoni. Tuttavia per innestare l'etica non credo basti l.esercizio del saluto così come non si può imporre per legge l'amore. L'etica, purtroppo, può solo essere appresa attraverso educazione e formazione. Non è istintiva e non è scritta nel dna. È solo un meccanismo della mente, un riflesso pavloviano, un comportamento ereditato dall'habitat in cui si vive. Così come la meno nobile "morale" che è una mera serie di consuetudini, di usi e costumi di popoli e luoghi. Il problema risiede proprio nei formatori e/o educatori che rubano, rubano e rubano e restano eternamente impuniti travestendosi da prete ed emanando leggi ad castam. Persino Papa Francesco va dicendo urbi et orbi che le rapine sono fatti occasionali e non sistemici. Come a dire che la corruzione è da combattere ma è in fondo in fondo normale che esista dal momento che esiste l'inferno. Insomma se il buon Dio ha creato il demonio allora bisogna tollerarlo e dargli anche da mangiare. E salutarlo, se lo so incrocia, con il dovuto rispetto.
EliminaLe riflessioni e le opinioni servono a poco. Per un popolo in cattività conta solo l'esempio. È la certezza della pena che manca. Corrotti e corruttori dovrebbero marcire in galera ai lavori forzati a vita (non agli arresti domiciliari o altro) e subire, oltre a processi immediati, l'esproprio totale di ogni bene. Ma alla fine chi controlla il controllore? Come possono dei ladri fare leggi per acchiappare i ladri? Solo il popolo potrebbe beccarli e bastonarli. Ma non subito. Al limite dopo il campionato del mondo. Ciao a tutti.
Al terzo rigo del commento volevo dire "innescare l'etica ...." e non "innestare". Ciao
Elimina