All’inizio del secolo scorso, nella
città bastò l’erogazione dell’acqua potabile e la canalizzazione delle fogne
perché la mortalità infantile crollasse di quasi il 50 per cento. In occasione
del 50° anniversario dell’unità, l’Italia poteva vantare alcuni numeri
significativi:1364 comuni erano ancora senza acqua potabile e 4877 erano privi
di fogne. Dal 1861 l’emigrazione era stata mediamente di 250mila unità l’anno,
vale a dire che in mezzo secolo emigrò, prevalentemente attraverso l’Atlantico,
circa un terzo della popolazione italiana.
L’Italia avrebbe potuto, senza
necessità di capitali stranieri, migliorare la propria situazione economica e
sociale, ma mancò, come solito, la volontà politica, ovvero l’interesse delle
classi possidenti e dirigenti di promuovere anzitutto una riforma agraria che distribuisse
le terre del latifondo. I governi non potevano farsene promotori se non
alleandosi con i socialisti, poiché i partiti che li sostenevano erano
espressione della grande proprietà. Preferirono invece le guerre coloniali, la
conquista di scatoloni di sabbia, per usare l’espressione salveminiana.
Nel primo dopoguerra il fascismo
avviò, per taluni aspetti, una modernizzazione del paese, ma non si sognò
nemmeno di varare una riforma agraria. Da questo lato l’Italia restava quello
che era sempre stata, un paese arretrato e feudale. Non si provvide nemmeno a creare
una rete infrastrutturale che collegasse meglio la penisola e favorisse gli
scambi. Caduto il fascismo e finita la guerra, la repubblica varò, certo non
pacificamente, una riforma agraria che però giungeva tardiva e con tutte le
contraddizioni tipiche delle riforme all’italiana. L’emigrazione non
attraversava più in massa l’Atlantico ma si dirigeva verso i poli industriali
del settentrione e del Nord Europa.
Seguirono alcuni decenni di rapido
sviluppo economico e, in parte, anche sociale e civile, ma le riforme che
servivano per rendere effettivamente moderno il paese furono frenate da veti
incrociati delle forze politiche e sociali. Il ruolo egemone del
partito cattolico e le resistenze del padronato sono ben noti, così come i
motivi d’ordine internazionale. Ma anche la sinistra politica e sindacale ci ha messo del suo, non disdegnando compromessi e alleanze, al pari di tutte le altre
forze politiche, con la criminalità organizzata.
Un esempio tra i tanti può essere
indicato nella vicenda dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, laddove gli
interessi locali erano rappresentati al più alto livello politico soprattutto
dal ministro socialista Giacomo Mancini. Fu imposto un tracciato
dell’autostrada interno alla Calabria (e non costiero) che non a caso presentava
notevoli difficoltà e alti costi realizzativi. Il risultato è noto: due corsie
stradali con tratti tortuosi e pericolosi, senza corsie d’emergenza, tanto che
la UE (!!), ha imposto i lavori necessari per adeguarla agli standard di
sicurezza, lavori che non sono stati ancora ultimati perché ogni cantiere
aperto è fonte di guadagno per le imprese appaltatrici, non di rado legate alla
criminalità.
Nulla è cambiato nel sistema
clientelare e corruttivo dell’Italia di un secolo fa e in quella di oggi, se
non la dimensione delle ruberie. Lo abbiamo visto con le vicende della
cosiddetta Tangentopoli, lo confermano da ultimo la vicenda dell’Expo e del
Mose di Venezia, quest’ultima un’opera inutile e assai pericolosa, realizzata
esclusivamente a scopo di rapina nel mentre continua il saccheggio della città
e la svendita ai privati del suo patrimonio.
A fronte di tutto questo la
disoccupazione è a livelli altissimi, chi trova lavora deve accettare
condizioni inimmaginabili solo vent’anni fa, a bussare alle mense di carità
sono ormai circa due milioni di persone. Scrive un quotidiano oggi: “4 milioni
e 800mila poveri, servono olio, tonno, carne in scatola, passata di pomodoro. E
per i 400mila bambini sotto i 5 anni che vivono in quell’oceano di bisogno e
disperazione servono alimenti per l’infanzia: omogeneizzati, latte in polvere”.
Serve una rivoluzione ecco quello che serve!
RispondiEliminaSolo che ognuno di noi, viaggia in solitario.
Saluti.
Leggendo "La storia d'Italia" di Indro Montanelli la situazione della penisola sembra immutata dal dopoguerra in avanti. Si potrebbero raccogliere alcune di quelle pagine per descrivere fedelmente l'Italia di oggi.
RispondiEliminaMa tanto adesso c'è Renzi.
AG
Rivoluzione e individualismo sono un ossimoro. E' che buona parte del popolo nella storia recente dalla situazione economica postbellica ne ha tratto benefici e rinunciarvi diventa doloroso. Derive consumistiche a parte,l'edonismo è sempre esistito, ma come ogni cosa del mondo subisce il proprio degrado entropico (crapula, ubriachezza, droghe, stupro e altre
RispondiEliminadescrizioni savonaroliane - rimangono trappisti e sannyasin,cubani e kibbutzniki come luce nel mondo ).
La parola 'rivoluzione' è da un pò che subisce un'usura gergale ; oltre
all'inquadramento economico, se manca una profonda predisposizione
da parte di popolo e dirigenti (quelli futuri) non si va in senso contrario all'oggi ..... resta comunque un buon tema per Asimov e compagni.
Ci alleniamo nella pars destruens e nella relativa mortificazione dei corbelli, di fatto è l'esercizio più facile, remunerativo, più che costante nel tempo.
La Salerno/Reggio è diventata da anni 'il caso' da manuale, non mi addentrerei però in analisi tecniche, perchè la nostra orografia rappresenta comunque un grosso problema progettuale e la linea costiera ligure non mi sembra p.e.un'alternativa presentabile. Le opere pubbliche possono essere costose a fronte di reali difficoltà, definitive e ben realizzate ma certo non un bancomat per i regnanti.
Se per caso vengono esposti esempi positivi la risposta è ' che non basta'
e allora.......