domenica 15 giugno 2014

Scalfari e gli sterminatori degli armeni


Scrive nel suo odierno editoriale l’ineffabile grande vecchio di Repubblica:

L'Assemblea del Pd, su proposta di Renzi, ha eletto presidente del partito Matteo Orfini, capo della piccola corrente chiamata dei Giovani Turchi. Ma chi erano storicamente i Giovani Turchi? Erano giovani ufficiali che appoggiavano il laicismo di Ataturk contro l'islamismo dei califfi e dei sultani. Francamente non vedo somiglianze tra i giovani ufficiali di Ataturk e i seguaci di Orfini, ma posso sbagliare, chissà quante sorprese positive ci darà Orfini.

Scalfari afferma che forse Orfini non assomiglia ai Giovani turchi, e tuttavia egli dice di sperare di sbagliarsi, puntando a farsi sorprendere da Orfini, in modo che questi possa assomigliare davvero ai Giovani turchi. L’analogia tra i Giovani turchi e i giovani renziani può anche starci (de gustibus …), ma essa riserva delle sorprese se riletta alla luce di ciò che i Giovani turchi furono effettivamente.



Anzitutto va detto che Scalfari sovrappone due vicende che solo in parte hanno dei punti di contiguità storica, e che non vanno confuse, tantomeno dal punto di vista cronologico, ossia quella propriamente detta dei Giovani turchi e quella kemalista di Mustafa Kemal (Ataturk).

I gruppi d’opposizione, noti collettivamente come Giovani turchi, si costituirono alla fine dell’Ottocento nel Comitato d’Unione e Progresso (Ittihad ve Terrai). Erano elementi assai eterogenei, con forti presenze massoniche ma anche del movimento musulmano esoterico-millenaristico. Essi svolsero un ruolo decisivo nel destituire l’ultimo sultano importante nel 1908 con il loro giovane leader Enver Bey (*). In seguito, nel 1912, il “Grande gabinetto”, presieduto da Ahmet Muhtar Pascià, scioglieva l’Assemblea nazionale e adottava una politica violentemente opposta a quella dei Giovani turchi di Enver Bey.

Il governo di Ahmet Muhtar l’anno dopo fu a sua volta rovesciato da Enver Bey, che assunse direttamente il potere a capo di una trojka rivoluzionaria. Dal punto di vista ideologico il nazionalismo dei Giovani turchi s’ispirava largamente al darwinismo sociale e avversava la morale democratica fondata sui diritti, perseguendo invece quella dei “doveri” in un futuro impero che comprendesse i turchi non solo dell’Anatolia, ma anche dell’Azerbaigian e dell’Asia centrale.

Dovrebbe essere ben noto a Scalfari che i leader e il comitato centrale del Comitato d’Unione e Progresso (CUP), furono i principali responsabili del genocidio armeno (**). Qualcosa come un milioncino di morti. Le deportazioni e massacri permisero al CUP di garantirsi in Anatolia un’area etnicamente “purificata”, essenziale per lo sviluppo nazionale della popolazione turca. Dunque, il successo dei giovani turchi e della Turchia kemalista nel modernizzare in senso nazionale lo stato è stato reso possibile anche dal genocidio armeno.

L’avanzata delle forze inglesi in Mesopotamia indusse il governo ottomano a firmare l’armistizio di Mudros con l’Intesa, mentre il mese dopo, novembre 1918, il Comitato d’Unione e Progresso si scioglieva ufficialmente. Perciò parlare di Giovani turchi in rapporto alla vicenda kemalista del dopoguerra non è del tutto esatto.

Mustafa Kemal (Atatürk), come giovane turco fu solo un esponente di secondo piano, ma dopo il primo conflitto costituì un suo movimento per ristabilire il controllo turco sull’Anatolia e deporre il sultano. Molti esponenti, ufficiali e funzionari dell’ex CUP, passarono con Mustafa Kemal. Fu lui a rilanciare l’attacco allo Stato armeno nel 1920. Dopo aver rapidamente sconfitto l’impreparato esercito armeno, la Turchia impose una pace draconiana riducendo il territorio armeno alle terre sterili e prive di sbocchi sul mare, che formarono il territorio dello Stato armeno che fu poi diviso tra la Turchia e l’Urss.

Quello armeno è un genocidio rimosso, non meno di altri (anche gli assiri, turchi e persiani, furono perseguitati e massacrati, così come i curdi, ecc.). A Scalfari così come ad altri credo non sia manco sfiorato l’interesse per queste cose, salvo far di ogni erba un fascio tracciando un’equivalenza perfetta tra il movimento dei Giovani turchi e Mustafa Kemal, tra il riformismo ultra-nazionalista di questi e le chiacchiere renziane.

(*) Il sultano deposto era Abdulhamid  II, al quale nel 1909 subentrò Mehmet V, alla cui morte nel 1918 successe Mehmet VI, al secolo Mehmet Vahdeddin, che fu l’ultimo sultano ed effettivo califfo dei musulmani. In esilio dal 1922, Vahdeddin, dopo essersi recato alla Mecca in cerca di rifugio, approdò a San Remo, dove nel 1926 morì avvelenato.



(**) Mi riferisco alla seconda grande repressione del 1915-16; la prima avvenne nell’ultimo decennio dell’Ottocento.

Bibliografia:
Donald Bloxham, Il "grande gioco" del genocidio. Imperialismo, nazionalismo e sterminio degli armeni ottomani, Utet, 2007;
Riccardo Mandelli, L'ultimo sultano. Come l'impero ottomano morì a Sanremo, Lindau, 2011.

4 commenti:

  1. Mi stai facendo venir voglia di iniziare a comprare la Repubblica domenicale solo per leggere i deliri di questo repubblichino :)

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    1. è stato fascista ma non repubblichino :)

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    2. Quindi è sempre stato bravo a rafforzare lo stereotipo dell'italiano che va col vincitore, nemmeno la coerenza di esserlo fino in fondo ;)

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  2. Cronaca e storia. Se soltanto il 50 % di persone che millantano una professionalità intellettuale approfondissero il tema/i temi che citano, l'Italia e il mondo andrebbero meglio. Che non lo faccia poi il sig.Scalfari non può stupire, la superficialità dilaga anche tra i giornalisti (da quando p.e. i dirigenti del Corrirere hanno tagliato il numero dei correttori di bozze dilagano anche pesanti errori sintattici oltre che di contenuto).

    Forse sarebbe stato meglio scrivere ' come un milione di morti ' anzichè un 'milioncino'. Il traslato diminutivo credo non faccia onore a quei poveretti e
    non aggiunge nulla all'ironia sulla considerazione scalfariana. Almeno credo.

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