In vino
veritas, dicevano gli antichi. Noi
moderni la verità la imbottigliamo e la mettiamo in cantina per anni; poi, se e
quando ci fa comodo, stappiamo. Capita così di trovarsi nel bicchiere, per restare
in metafora, verità come questa: “In Italia la libertà di stampa non esiste. Tutti i giornali appartengono
a gruppi del potere economico che li usano non per vendere, ma per attaccare o
difendersi. Non per dare le notizie, ma per nasconderle”.
A mescere questo genuino vinello è stato un celebre
vignaiolo, Massimo D’Alema. La dichiarazione è riportata in un articolo, scritto male, di Pino
Corrias per il Fatto quotidiano (credit:
Dagospia). Devo dire che mi ha
divertito leggere l’articolo, laddove si dice che D’Alema le sue verità è
andato a stapparle alla festa del Pd di Taizzano, frazione di Narni, provincia di
Terni, una quindicina di chilometri da Otricoli, un piccolo centro ai
confini tra Umbria e Lazio.
A Otricoli D’Alema possiede una
tenuta agricola, anzi, per la precisione la possiedono i suoi due figli. Vi ha
piantato delle vigne e ora produce vino. Per questo motivo la società La Madeleine (un nome proustiano davvero appropriato in Umbria) ha ricevuto anche un contributo di 57.500 euro
dalla UE, tramite la Regione Umbria. Per un fondo agricolo del valore di meno
di 250mila euro non è male. Come entità il terzo tra i contributi erogati. Almeno questo è quanto sosteneva Libero, e D'Alema minacciava querele.
Sì, perché tanto valeva quel
fondo, prima dell’iniziativa enologica dalemiana. Il 18 brumaio 2005 la società venne costituita da due bergamaschi, che per comprare i terreni
accendono un mutuo di 440mila euro con la Banca Popolare di Bergamo. Il 28
ottobre di tre anni dopo vendono tutto a Filippo Vinci, pugliese del ’64, e a
una donna, per 5mila euro (così leggo sempre su Dagospia che riportava nel giugno 2010 un articolo di Libero).
I figli di D’Alema
subentrano sette mesi dopo. Il primo a mettere un piede nella proprietà è
Francesco, classe 1990, che per 58.400 euro acquisisce il 40% de La
Madeleine, lasciando il 60% a Vinci. Il 2 marzo 2010 entra nell’affare anche
la primogenita, Giulia. Dagli atti notarili (dice il citato articolo) risulta
che Vinci vende il 49% alla ragazza, il 9% al fratello (che la raggiunge con un
altro 49%) e il 2% resta al Vinci. Il costo totale dell’operazione, tra una
cosa e l’altra, è di 246.514 euro.
Naturalmente
viene chiamato un enologo di fama, il cui nome, Riccardo
Cotarella, a me non dice nulla, ma devo ammettere di bere vini mai sopra le mie
possibilità di spesa e perciò ben al di sotto delle mie ambizioni etiliche. La
cantina aderisce al progetto Wine Research Team dell’enologo di cui sopra, per
la produzione di vino senza solfiti. E
questo è un aspetto che apprezzo. Sennonché, pare (pare!) che siano stati
impiantati anche dei vitigni proibiti, come il Tannat e il Marselan. Ma questi
sono dettagli.
Alcuni mesi or sono, il frutto di tanto sudore viene
presentato presso l’Ais-Bibenda di Roma di Franco (Maria) Ricci. Bruno Vespa,
in compagnia del plastico della cantina, ha voluto complimentarsi con l’ex
presidente del consiglio per la qualità del vino, e questi – immagino – non
avrà mancato di mandargliene a casa un paio di casse.
Il prossimo vino prodotto dalla cantina La Madeleine,
sarà il top aziendale e si chiamerà NarnOt, il cui nome è una crasi tra Narni e
Otricoli, per dare all’etichetta un taglio bordolese oltre che proustiano. Fa
così italiani-europei!
RispondiEliminaE beh, quando sta sul suo suo yatch con gli amici vuoi che beva del vino di supermercato?
Aspettiamo fiduciosi che anche fassino dopo la scoperta dei piaceri della vela si faccia la sua tenuta in piemonte!
Ma gente che ha per la testa queste belinate cosa vuoi che gliene importi delle condizioni del popolo che finge di rappresentare?
Dell'italico cattolicesimo hanno ben appreso i vantaggi della retorica e dell'ipocrisia.
Almeno, sotto questo punto di vista, nella destra c'è più coerenza tra vita privata e pubblica: son bastardi e non lo nascondono.
Per i giornali il conte, al solito, sfoggia il suo laido cinismo gabellandolo per sublime intelligenza. Uno straccio di proposta di legge sull'editoria no...vero. In fondo li paghiamo lautamente vita natural durante per andare in barca, bere vino e dir cazzate.
E' poi così strano che aspirino a titolo nobiliari da tramandare alla casata?
Il conte - come tutti questi traditori della sinistra che hanno costruito le loro fortune personali svendendo l'eredità di tante persone che sono andate in galera, hanno perso il lavoro, sono morte - mi fa veramente andare in bestia...grr
gianni
dici cose sante, gianni
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RispondiEliminaPiù che a Proust si dovrebbero richiamare a Musil e al suo "Uomo senza qualità" in quanto, oltre alla assoluta carenza di qualità, uniscono il tratto distintivo che nel romanzo Musil riscontra in tanta sinistra: l'ambizione costante a stare nei più ricchi salotti borghesi.
grr
a proposito di Musil, leggevo l'altro giorno un articolo sulla morte dello scrittore Elmore Leonard, il quale pare sostenesse che non bisogna iniziare i romanzi descrivendo le condizioni del tempo. non aveva letto l'Uomo senza qualità?
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