lunedì 19 agosto 2013

Se vi pare poco



Con il denaro si controllano i media e con questi s’influenza pesantemente tutto il resto, politica compresa ovviamente. È questo il senso della democrazia borghese, e non solo in Italia. In questo modo sono stati convinti gli schiavi che questo è, in definitiva, non solo il miglior sistema sociale possibile, ma anche quello definitivo. Se vi pare poco.

Per la realizzazione di tale stato di cose non c’è stato bisogno di nessun piano preordinato, infine è seguita la necessità storica. Sarà così anche per il futuro, saranno le stesse leggi dello sviluppo storico a determinare la nostra sorte? E quali? Noi non siamo come gli altri animali soggetti alle mere leggi biologiche e di evoluzione, noi possiamo altresì dare un indirizzo alla nostra storia. Dipende da noi quale.



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È singolare che il presidente degli Stati Uniti d’America che ha abolito la schiavitù in realtà non fosse per nulla un abolizionista, tanto è vero che nel suo discorso d’investitura, il 4 marzo 1861, richiamandosi alla Costituzione vigente, ebbe a dichiarare che gli schiavi fuggiaschi dovevano essere riconsegnati ai loro legittimi padroni. Egli si espresse esattamente così:

There is much controversy about the delivering up of fugitives from service or labor. The clause I now read is as plainly written in the Constitution as any other of its provisions:

No person held to service or labor in one State, under the laws thereof, escaping into another, shall in consequence of any law or regulation therein be discharged from such service or labor, but shall be delivered up on claim of the party to whom such service or labor may be due.

It is scarcely questioned that this provision was intended by those who made it for the reclaiming of what we call fugitive slaves; and the intention of the lawgiver is the law. All members of Congress swear their support to the whole Constitution—to this provision as much as to any other. To the proposition, then, that slaves whose cases come within the terms of this clause "shall be delivered up" their oaths are unanimous.

Questo discorso, redatto da Lincoln stesso, fu letto e approvato da alcuni influenti personaggi della scena politica e del patriziato americano, compreso il nuovo segretario di stato e primo ministro che vi apportò lievi modifiche. Insomma, pur di mantenere unita la nazione Lincoln avrebbe accettato lo status quo. Altri ambienti puntavano a un piano diverso, pronti a sbarazzarsi degli Stati del cotone e del loro problema della schiavitù. Un piano velleitario per molti aspetti.

Pertanto, sulla posizione di Lincoln in merito alla schiavitù praticata negli Usa mi pare che non vi possano essere dubbi e pretestuose “controversie”, se non alimentati ad arte per confondere, come solito. La questione della restituzione dei fugitive slaves fu decisiva nella controversia tra gli Stati dell’Unione e gli Stati Confederati. Solo in seguito alla Guerra di secessione Lincoln cambiò atteggiamento, ma anche in tal caso in modo ambiguo (vds. il cosiddetto proclama di emancipazione). Uno dei maggiori fautori dell’abolizionismo fu Thaddeus Stevens, personaggio carismatico e caustico oratore, il quale si appellò per una guerra totale contro i confederati, che doveva comprendere anche la confisca e la conseguente liberazione degli schiavi, prevedendo in questo modo di privare la confederazione di preziosa forza-lavoro gratuita, mettendone in ginocchio il sistema produttivo ed economico.

In definitiva, la questione dell’abolizione dello schiavismo va vista storicamente non sotto il profilo morale, bensì dal punto di vista pragmatico, ossia degli interessi reali in campo.


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