L’attacco al giudice Esposito, da parte dei soliti
banditi, è iniziato ben prima dell’improvvida, ingenua, e innocua conversazione
telefonica con il giornalista “amico” (esistono “amici” in quegli ambienti?).
Il presidente del consiglio superiore della magistratura – dato il rilievo
della faccenda – due parole di monito avrebbe potuto levarle. Se n’è guardato
bene. Si tratta della stessa persona che un tempo fu responsabile della Commissione
culturale del Partito comunista italiano, ed in tale veste ebbe a scrivere – quando ancora Belpietro e Sallusti frequentavano
la scuola – dello “shopping di Solgenitsyn per le
vie di Zurigo o sulle cospicue somme da lui accumulate, grazie ai diritti
d’autore, nelle banche svizzere”.
E quando si hanno simili maestri imparare l’arte diventa più
facile.
* * *
Un non
credente che dichiara di essere “interessato e affascinato dalla predicazione di Gesù di Nazareth,
figlio di Maria e di Giuseppe, ebreo della stirpe di David”, è uno che dà per
scontate troppe cose per spacciarsi quale non credente.
Ma sentite questa domanda che il “non
credente” vorrebbe porre al papa: “se una persona non ha fede né la cerca, ma
commette quello che per la Chiesa è un peccato, sarà perdonato dal Dio
cristiano?”.
Questa domanda è come il versamento di
una caparra per l’aldilà. L’educazione cattolica impregna le coscienze a tal
punto che molti – dopo una vita passata nella soddisfazione compulsiva dei
desideri di natura – nei loro ultimi anni si preoccupano di manovrare gli
scambi verso l’inferno e il paradiso, insomma di tenersi buono il “dio
cristiano”. Si sa mai.
C’è da dire che le religioni hanno trasformato
il loro dio in giudice e ciò autorizza i preti a presentarsi come suoi pubblici
ministeri. Perciò Scalfari si appella in cassazione, sperando di non imbattersi
in un giudice comunista o, quasi peggio, napoletano.
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