Governare è far credere, diceva un certo Machiavelli. In questa frase è
possibile cogliere tutta l’essenza dell’intrinseco legame che sussiste tra
l’informazione e il potere. Del resto perché spendere per 250 milioni di dollari per
acquistare il Washington Post, oppure il Boston Globe, o, per venire in Italia, spendere centinaia
di milioni di euro per controllare il Corriere
della sera? Che cosa spinge un tipino come Warren Buffett a comprare, come
ha fatto negli ultimi due anni, più di 60 quotidiani? Ma non è in crisi la
stampa su carta? Non
si tratta dunque di business, specie per quanto riguarda l’ultimo
quotidiano citato, il quale, se si trattasse di valutarlo dal punto di vista dei
bilanci, sarebbe stato dichiarato fallito da lungo tempo.
Ve lo ricordare Nicolò Pollari? Scrive nella prefazione ad un libro:
“Signori, stiamo attenti perché ci siamo: il Grande Fratello
è arrivato, è qui fra di noi, e molti di noi ancora non se ne sono accorti.
Spero proprio che il lettore riesca a cogliere questo messaggio: il cyberspazio
rappresenta uno strumento di comunicazione/informazione di straordinaria
potenza, democrazia e libertà assoluta, ma se male utilizzato può trasformarsi
in uno strumento in grado di produrre danni incalcolabili”.
Lasciando
da parte la retorica sulla democrazia e la libertà, concetti che sulle masse
hanno lo stesso effetto dei più forti stupefacenti, l’ex direttore del Sismi,
il servizio segreto militare italiano, ci dice semplicemente che l’informazione
è potere, pertanto non è concepibile esercitare alcun tipo di condizionamento o
azione persuasiva sulle masse senza il dominio dell’informazione. In questo
momento, chi è in grado di gestire le informazioni nel cyberspazio può assumere
un potere indescrivibile a livello planetario, grazie alla potenza della rete.
Oggi il 60,9%
degli italiani interconnessi si informa grazie a fonti disponibili online, e la
diffusione di dispositivi tecnologici, soprattutto tascabili, è in costante
aumento. Questo spiega il rilevantissimo interesse dei diversi servizi di
spionaggio per questo nuovo tipo di tecnologie e d’informazione.
I nostri
conti correnti registrano le nostre spese e tracciano i movimenti di denaro. I
nostri cellulari permettono di sapere dove siamo. E, soprattutto, con chi
stiamo. Ora immaginiamo di avere davanti a noi una lista che contenga ogni singola pagina web
che abbiamo visitato negli ultimi cinque anni. Che contenga tutto quello che
abbiamo cercato, tutti gli indirizzi che abbiamo visitato, le mail inviate, le
cose scritte in chat e tutti i video visti su Youtube.
Ora pensate se tutti questi dati sulla lista avessero giorno
e orario preciso. Tutto dettagliato e nei minimi particolari.
Immaginate infine che sia possibile averla
davanti ai propri occhi, su una normale pagina web. Adesso, siete anche in
grado di immaginare un modo per cui un hacker (non importa chi, non importa da
dove), con accesso a queste informazioni, possa usarle contro di noi?
Se volete altri dettagli, leggete questo articolo del Wall
Street Journal. Poi magari collegativi a Google Dashboard. Che ve
ne pare? È solo per dire, le capacità e potenzialità sono ben altre. Credetemi sulla parola. Sono decenni che sostengo che Orwell era uno scrittore mediocre e di
scarsa fantasia.
* * *
Singolare,
ma non troppo, l’iniziativa del governo degli Stati Uniti d’America di
rafforzare i dispositivi di sicurezza per il temuto rischio di attentati. A far
scattare l'allarme sarebbe stato un segnale di preavviso della minaccia diffuso
dalle agenzie d'intelligence secondo cui i Talebani del Pakistan starebbero
preparando il «più grande attacco di sempre».
Dopo aver perso la faccia con il caso Edward Snowden (l’ultimo in ordine di tempo), devono pur far
vedere al mondo che spiare l’intero mondo serve alla causa nobile della
“sicurezza”.
Sì, siamo quasi tutti controllati e, quindi, potenzialmente ricattabili (o, peggio, manipolabili). E il paradosso è che ci costringiamo a ciò con le nostre mani nel quotidiano utilizzo dei moderni mezzi di comunicazione. Ma il problema resta il solito: chi detiene il potere e quale tipo di utilizzo intende fare dei nostri dati. Credo che finché i nostri comportamenti collettivi non intralceranno l'attuale sistema, saremmo liberi di continuare a praticare il nostro cazzeggio internettiano.
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