Come ho scritto nel post precedente, nell’Intervista sul potere di Luciano Canfora
i riferimenti bibliografici sono numerosissimi e perfino ridondanti, salvo
quando sarebbero veramente essenziali e dirimenti a suffragio delle tesi
esposte dall’Autore. Andiamo con ordine su un punto che m’interessa in
particolare.
Canfora a p. 22 racconta un episodio che lo vide
protagonista allorquando nel 1976 mandò alla rivista Rinascita, periodico
ufficiale del Pci, un ampio articolo intitolato Eurocomunismo. «La mia tesi –
scrive il professore – era che l’evoluzione del Pci costituisse di fatto un
inevitabile ritorno alla socialdemocrazia, un movimento che preesisteva alla
rivoluzione bolscevica e aveva ripreso vigore nella realtà europea dopo il
1945. A mio avviso gli stessi partiti comunisti occidentali, nella realtà
postbellica, si erano fatti portatori di istanze tipicamente socialdemocratiche».
Non ci voleva molto acume per cogliere la virata verso la socialdemocrazia dei partiti
comunisti riformisti, poiché era un
dato di fatto negli anni Settanta e anche ben prima del noto articolo di
Berlinguer sull’esperienza cilena. È in questa stessa pagina che Canfora scrive
la frase che ho riportato e discusso in un post precedente sulla sua “convinzione
che il grande fiume del movimento operaio consista in ciò che, da Karl Marx in
avanti, si chiama socialdemocrazia”.
Insomma, Canfora guarda con
interesse alla socialdemocrazia e anzi se ne fa paladino quando alle pp. 38-39
del suo libro scrive, a riguardo di Democrazia e lotta di classe
nell’antichità, scritto da Arthur Rosenberg durante la sua fase
socialdemocratica (poi aderì al Partito comunista tedesco): in quel libro “Rosenberg dà rilievo a un concetto interessante: il modello
dell’antica Atene in cui le classi abbienti sono premute dalla massa popolare,
nell’assemblea e soprattutto nei tribunali, perché la ricchezza venga
utilizzata socialmente, ma non requisita, è la forma in cui realizzare nel
tempo nostro un socialismo che non sia direttamente espropriatore, ma
redistributivo”.
Chiosa dunque Canfora: “Attingere
a quell’esperienza remota, così incisiva su tanti versanti, non è in
contraddizione con la ricerca compiuta nel Novecento per rinnovare
profondamente la società in senso egualitario”. Che poi quella ricerca sia,
alla luce di quanto avviene ancora nei nostri anni, fallita, è una
sottolineatura che Canfora si guarda bene solo dall’accennare. E tuttavia quale
pezza d’appoggio per la sua tesi, Canfora sente il bisogno di spendere, come
s’è visto, il nome di Marx e poi, come poi andrò a dire, quello di Engels.
Scrive nell’intento di esorcizzare soprattutto un’opera troppo nota di Marx
sulla questione della socialdemocrazia per essere passata sotto silenzio:
“Marx aveva uno stile polemico aspro [che come premessa non è male]
: la sua Critica al programma Gotha, cioè al programma approvato dai
socialdemocratici tedeschi nel 1875, è un testo molto severo [se si
scrivono cazzate in un programma politico di tale rilievo è chiaro che bisogna
essere severi]. E la stessa Spd nasce dalla fusione di gruppi diversi, tra
cui gli eredi di Ferdinand Lassalle, un socialista fieramente avversato da Marx”.
Scrive tra l’altro Marx:
Tra
la società capitalistica e la società comunista vi è il periodo della
trasformazione rivoluzionaria dell'una nell'altra. Ad esso corrisponde anche un
periodo politico transitorio, il cui Stato non può essere altro che la
dittatura rivoluzionaria del proletariato.
Ma
il programma [socialdemocratico] non si occupa né di quest'ultima né del
futuro Stato della società comunista. Le sue rivendicazioni politiche non
contengono nulla oltre all'antica ben nota litania democratica: suffragio
universale, legislazione diretta, diritto del popolo, armamento del popolo,
ecc. Esse sono una pura eco del partito popolare borghese, della Lega per la
pace e la libertà. Esse sono tutte rivendicazioni che, nella misura in cui non
sono esagerate da una rappresentazione fantastica, sono già realizzate.
La
stessa democrazia volgare, che vede nella repubblica democratica il regno
millenario e non si immagina nemmeno che appunto in questa ultima forma statale
della società borghese si deve decidere definitivamente con le armi la lotta di
classe.
Eccetera.
Sono d’accordo con Canfora, difficile
rinvenire un Marx socialdemocratico in questo scritto così come in tutti gli
altri testi marxiani. E come non si poteva parlare di lotta armata nella
Germania bismarkiana, ossia, per dirla con Marx stesso, in quella “specie di democratismo entro i confini di
ciò che è permesso dalla polizia e non è permesso dalla logica”, allo
stesso modo parlare di lotta armata è tabù nella democraticissima Europa del
XXI secolo.
Per quanto riguarda Engels,
Canfora scrive subito dopo (p. 203): “Engels arriva a pensare che la Spd,
man mano che i suoi voti aumentano, possa arrivare a condizionare in proporzione anche
l’esercito e quindi non debba più tenere la repressione: a suo avviso con
l’andar del tempo, il socialismo in Germania si affermerà per una sorta di
automatismo. Un ragionamento che potrebbe avvallare in un certo senso le teorie
revisioniste di Edward Bernstein, il quale considerava possibile un passaggio
pacifico al socialismo, attraverso le lotte sindacali e il lavoro parlamentare,
senza rottura rivoluzionaria”.
Mancano, a tale riguardo, come ho
detto all’inizio, le indicazioni bibliografiche necessarie al lettore per
prendere atto in che modo Engels si sia espresso in tal senso. E tuttavia posso
affermare che siamo in presenza di una
deliberata falsificazione e passo a dimostrarlo con un esempio tratto da due
lettere scritte da Engels pochi mesi prima della sua scomparsa (il grassetto
corrisponde alle sottolineature dell’originale). La prima è indirizzata a Karl
Kautsky e porta la data del 1° aprile 1895:
Con mia
grande meraviglia vedo oggi sul “Vorwärts” un estratto della mia Introduzione pubblicato a mia insaputa e così
sconciato che io vi appaio come un pacifico sostenitore della legalità quand mêne [ad ogni costo]. Tanto più ci tengo che il testo completo
venga ora pubblicato sulla “Neue Zeit”, in modo che venga cancellata questa
vergognosa impressione. Dirò a Liebknecht molto chiaramente ciò che penso in
proposito e anche a coloro che, chiunque essi siano, gli hanno dato questa
possibilità di deformare il mio pensiero, e questo senza dirmi una parola.
La seconda lettera è di due giorni dopo ed è rivolta
al genero di Marx, Paul Lafargue:
Liebknecht
mi ha appena fatto un bello scherzo. Ha preso dalla mia Introduzione agli
articoli di Marx sulla Francia dal 1848 al 1850 tutto quanto poteva servirgli a
sostegno della tattica ad ogni costo pacifica e contraria alla violenza che gli
piace predicare da qualche tempo, e soprattutto in questo momento in cui a
Berlino si presentano delle leggi repressive. Ma questa tattica io la
raccomando solo per la Germania d’oggi
e, anche qui, con considerevoli riserve.
Alla Francia, al Belgio, all’Italia, all’Austria questa tattica non si adatta
nella sua interezza e, per la Germania, può divenire inapplicabile domani.
Non solo, con estrema
spudoratezza, Canfora conclude: “Si può discutere all’infinito su che cosa
pensassero a tal proposito i padri fondatori del socialismo marxista, ma la verità è che essi stessi non avevano
le idee chiarissime”!!
Infine, una notazione storica: né la Neue Zeit, quindicinale diretto da
Kautsky, né l’opuscolo contenente Le
lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850 riportarono il testo integrale
dell’Introduzione di Engels. Su
richiesta esplicita della direzione socialdemocratica, la quale temeva che il
governo emanasse in Germania una nuova legge contro i socialisti, Engels fu
costretto a cancellare alcuni passi della sua Introduzione, relativi all’eventuale lotta armata del proletariato
contro la borghesia. Il testo integrale venne pubblicato per la prima volta nel
1934 in Urss.
* * *
Canfora è uno di quegli scrittori politici, poiché di
questo si tratta, che nel voler “dimostrare” la bontà delle proprie tesi
contrarie al materialismo storico e al marxismo in generale, gioca
sull’ignoranza odierna, assai diffusa presso i più diversi strati sociali,
contando sul fatto che pochi dei suoi lettori, pochissimi direi, hanno
cognizione di prima mano della letteratura marxista. Perciò, quanti potranno essere
i lettori che in questi tempi oscuri si peritano di verificare le affermazioni dell’oracolo
di Bari con i classici del marxismo alla mano? Egli sa bene che si tratta di un
pubblico sempre pronto a smerciare acriticamente la mercanzia offerta
cospicuamente dagli specialisti della manipolazione, spazzatura da opporre a
chiunque osi anche solo proporre una via alternativa di radicale cambiamento a
questo sistema.
Lo scorso venerdì ero al Salone del libro di Torino.
RispondiEliminaIl pomeriggio era previsto l’incontro tra Canfora e Zagrebelsky per la presentazione del suddetto saggio.
La prima cosa da segnalare è il forte afflusso di spettatori per un dibattito del genere, decisamente più elevato rispetto al solito. Segnale evidente che l’incertezza del momento crea paura, necessità di punti fermi, qualsiasi essi siano.
Il dibattito è scivolato via tra un “siamo in una fase che definirei post-democratica” , “il centro decisionale si è spostato verso organismi sovranazionali”, ecc …
Unica nota positiva: Zagrebelsky che ammette la sudditanza della scienza all’interesse.
Ecco, appunto …
Avessero dato il tempo per intervenire, avrei voluto rammentare ai due il concetto di “Imperialismo fase suprema del Capitalismo”.
Ma in effetti “post-democrazia” è più rassicurante per le anime belle.
P.S.: volevo segnalare, a proposito di libri, l’operazione che reputo meritoria di una piccola casa editrice, Pgreco (http://www.ibs.it/editore/Pgreco/pgreco.html).
Nel catalogo sembra proporre molte cose interessanti.
A tal proposito, mi sa dire qualcosa della biografia su Trotskij di Isaac Deutscher?
Grazie, buona giornata Olympe!
interessante quello che dici, dovevo andarci anch'io quest'anno al salone ma per tutt'altri motivi. su Trotskij volentieri, però più tardi: devo attendere a faccende domestiche urgenti se no i lavoratori oggi non mangiano.
Eliminamolte grazie a te.
di Isaac Deutscher ho letto solo Il profeta disarmato (longanesi), in un'epoca assai lontana. forse è meglio confrontarla con Irving Howe, Trotzkij, mondadori, un'edizione che scopro ora essere abbastanza recente: 1990. quindi Kostas Mavrakis, Trotskismo: teoria e storia, mazzotta, 1972, con una prefazione della buonanima di michelangelo notarianni !! penso sia difficile reperirlo ma in qualche biblioteca forse.
Eliminadi Trotskij stesso immagino tu abbia letto un po' tutto – compresa la sua autobiografia edita da mondadori – perciò ti risparmio la bibliografia. ti segnalo solo, nel caso non l'avessi letta, la biografia di Stalin scritta da Trotskij. Mi avvedo ora che la prima edizione degli anni trenta sembra scomparsa dalla mia libreria e temo che ciò mi rovinerà la giornata e sarà burrascosa per altri.
ti segnalo anche un bel libro fotografico su Trotsckij. A Photographic biography, curato da david king e con un'introduzione di tamara deutscher, pubblicato da basil blackwell - oxford: ISBN 0-631-14689-X.
leggi senz'altro Daniel Bensaid, St. e attualità di una corrente eretica, ed. Alegre, 2007, 16 euro.
ciao
Immagino che la sua presenza al salone potesse essere riconducibile alla volontà di farsi autografare la copia dei Meridiani di Scalfari, che certamente farà bella mostra di sé sulla sua libreria …
Elimina:)
L’autobiografia ho avuto modo di recuperarla e leggerla in rete.
Gli altri da lei citati li avevo già sentiti nominare ed entreranno a far parte delle mie future ricerche.
Del libro fotografico ero invece totalmente all’oscuro, e vedo che purtroppo non è di facile reperibilità: peccato!
Sperando che la battuta iniziale non pregiudichi sue future illuminanti indicazioni bibliografiche (di cui mi avvalgo ed avvarrò), la ringrazio per la gentilezza!
Buona serata!
scalfari? un motivo in più per andarci e tirargli la barba. ciao
EliminaPubblicato si
RispondiEliminahttp://www.areaglobale.org/index.php/it/m-formazione/198-18brumaio-falsificazioni-marxismo
AG
grazie!
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