«In un certo senso Karl Marx aveva ragione.
Siamo testimoni di una grande crisi rivoluzionaria, una crisi in cui le istanze
dell’ordine economico cozzano contro quelle dell’ordine politico». Ronald
Reagan, discorso alla Camera dei Comuni inglese tenuto in occasione della sua
visita dell’8 giugno 1982.
* * *
Se
il XIX è stato il secolo inglese, il XX è stato il secolo americano, ovviamente
dell’America bianca e protestante. La concorrenza per la primazia globale,
quella di espressione tedesca e sovietica, in sottordine quella francese, è
stata vinta. La lingua ufficiale del pianeta è l’inglese, divenuto d’obbligo
nelle università, necessario via internet e in aeroporto, esatto pure in
farmacia o in autobus con il ticket, ovunque.
All’inizio
del XXI secolo, paradossalmente nel momento del massimo trionfo, gli Usa
rivelano una fragilità e una crisi del proprio sistema di egemonia, in parte
apparente ma anche reale ed effettiva. In tal senso è emblema l’11 settembre
2001, un evento che segna una cesura tra prima e dopo non solo nella suggestione
mediatica.
Nel
paese considerato dall’opinione generale come il più opulento del pianeta,
restano comunque evidenti le crepe e le contraddizioni di un sistema economico
e di un modello sociale che definire squilibrato è un eufemismo. Chi è ricco
negli Usa lo è veramente, mentre i poveri lo sono relativamente secondo certi
parametri, ma sicuramente se la passano davvero male secondo gli standard di
benessere Usa o dell’Europa occidentale. La crisi ha colpito soprattutto la
classe media, e la così detta qualità della vita in certe aree metropolitane e
nella provincia è veramente scadente e spesso squallidissima. Quando non hai
soldi per mandare i figli a scuola o per le cure sanitarie indispensabili,
quando vivi con i food stamps e non
hai un lavoro oppure è un lavoro precario e mal pagato, c’è poco da gingillarsi
con il relativismo.
Insomma,
da questo lato almeno, la condizione di molti che vivono il “capitalismo più
avanzato”, è quella della mera sopravvivenza. Non è più la crisi dello status
dei neri americani come negli anni 1960, che esplode nelle fiamme di Watts, ma
la crisi dello status degli Usa. Il conflitto razziale permane soprattutto
sottotraccia, ben mascherato dai media; quella che invece emerge aperta ed
evidente è la contraddizione sociale, di classe, un disagio compresso
dall’ideologia del mito americano e che però assume forme schizoidi con le note
e periodiche mattanze. In questo cazzo di sistema, mentre gli anziani devono
continuare a lavorare per non morire di fame, i politici, gli economisti e le
grandi firme dei media lavorano fino all’ultimo respiro per il proprio
compiacimento.
Più
che la critica teorica, un dato statistico (fornito periodicamente dal
Dipartimento dell'Agricoltura: cfr. sito del Food and Nutrition Service ) fa riflettere e riguarda la platea
sempre in incremento dei nuovi poveri americani, cioè di coloro che per vivere
hanno bisogno dei sussidi pubblici per l’acquisto dei più comuni generi
alimentari (Supplemental Nutrition
Assistance Program). Ne ho parlato in diversi post negli anni scorsi. Ricapitolo
e aggiorno di seguito i dati perché credo meritino attenzione.
Nel
2010 gli americani che a causa dei bassi livelli di reddito sono stati
costretti a ricorrere ai Food Stamp,
buoni pasto garantiti dal governo di cui possono usufruire le persone “non
abbienti” e senza un lavoro, sono stati 42.4
milioni, con un aumento del 17% dai livelli del 2009, e del 58.5% da agosto
2007, prima della nuova recessione. In quell’anno il tasso di popolazione che
riceveva i food stamps era pari all’8.7%, ovvero circa 26.3 milioni di persone.
La
situazione è questa: The number
of recipients in the food stamp program, formally known as the Supplemental
Nutrition Assistance Program (SNAP), reached 47.6 million, or nearly one in seven Americans, ovvero il 15% della popolazione USA tira avanti
grazie a sussidi pubblici.
Per
fare un paragone con l’Italia, sarebbe come se 9 milioni di persone avesse
bisogno dei buoni dello Stato per mangiare le schifezze che l’industria
alimentare propina ad ogni ora del giorno. E, a ben vedere, ciò che negli Usa
si chiama food stamps, qui da noi si chiama pensioni al minimo, cassa
integrazione, ecc.
Tra
gli americani poveri, quelli con meno di diciotto anni sono il 22%, ossia un
totale di 16,4 milioni di bambini e adolescenti, pari alla popolazione di New
York City, Los Angeles, Chicago e Houston insieme. Il numero totale delle
persone in povertà è equivalente alla popolazione complessiva delle 50 maggiori
città degli Stati Uniti.
Questi
dati spiegano il modello sociale americano molto più esattamente e in dettaglio
di tante analisi e teorie strombazzate quotidianamente dai media.
E no, il professor Pietro Reichlin dice che Marx è obsoleto, adesso la sinistra deve predicare l'eguaglianza delle opportunità, cioè:
RispondiElimina"..gli individui devono in larga parte sopportare le conseguenze delle loro stesse scelte, anche se dovere dello stato è quello di rimuovere tutte le barriere che ostacolano la mobilità sociale. Le istituzioni pubbliche devono promuovere quello che in inglese si chiama level playing field: le condizioni di partenza devono cioè essere uguali per tutti, così che gli individui siano completamente assicurati rispetto ad eventi nei confronti dei quali non sono responsabili."
Come in Svezia, Germania, dice il professore, lui "non parla di Stati Uniti" nei suoi esempi....
Insomma, siamo indietro, Olympe :-)
P.S.: per il professor Reichlin immagino che i poveri americani sono poveri per colpa loro e del welfare pervasivo e nullificante...Reichlin, la nuova sinistra che avanza....nel baratro....