Sull’episodio della sparatoria avvenuta davanti alla
Camera e sulle successive parole espresse dall’on. Boldrini, si sono lette le
cose più diverse, in non pochi casi sugli aspetti psicologici della faccenda, i
quali muovono tutti sostanzialmente dallo stesso punto di vista. Da un punto di
vista diverso, che riguarda la sostanza e non solo la terminologia, dico la
mia.
* * *
Ben si sa che il comportamento esterno dipende dal
mondo psichico interno, e quindi le funzioni psichiche, elementari o superiori
che siano, si sviluppano nel rapporto concreto con la realtà esterna. Il mondo
psichico dunque non si compone soltanto di emozioni e affetti, ma anche di attività
pratica, oltre ovviamente di pensiero, le cui motivazioni si muovono come le
nuvole nel cielo, posto che la nostra psiche si stabilisce in rapporto diretto con
gli altri individui e il mondo dei linguaggi. Pertanto una comprensione reale e
completa del comportamento, è possibile soltanto quando scopriamo il retroscena
reale del condizionamento della mente umana da parte dei fattori
storico-sociali.
I sentimenti, gli stati d’animo, gli istinti, le
ideologie, cioè le teorie e le concezioni del mondo, i sistemi, in una parola
gli stati psichici delle varie classi sociali e delle masse, nascono dalle loro
condizioni oggettive dell’esistenza e dagli interessi economici fondamentali a
essa connessi. Ciò costituisce la prima e più importante fonte dei fenomeni
psico-sociali.
In materia di psicologia generale e segnatamente di
psicologia sociale, questa posizione è sulle tracce di Marx, essa rintraccia le
linee fondamentali dello sviluppo umano e pone in evidenza il salto dalle “leggi dell’evoluzione
biologica” (*) che regolano lo sviluppo psichico degli animali alle “leggi
dello sviluppo storico-sociale” (**). È un tema che ho trattato in post recenti
e che qui ho l’occasione di precisare per quanto riguarda tale peculiarità.
Considerare invece i comportamenti collettivi non
come espressione dei rapporti sociali, dell’attività concreta degli uomini, bensì
dal punto di vista del bene e del male, del razionale e dell’irrazionale,
dell’individuale e del soggettivo, di forze biologiche innate, su entità
astratte della psiche, è un modo per esorcizzare il conflitto sociale come
tale. La psicologia sociale è ridotta così a un unicum all’interno della
psicologia della personalità, della devianza, nel fondamento eminentemente
fisiologico naturale (che pure ha una sua parte rilevante, s’intende)
dell’attività psichica.
In questo modo i criteri di differenziazione della
norma dalla patologia, del razionale e dell’irrazionale, paiono non avere un
carattere storico-sociale. Ecco dunque che Giulio Cesare, responsabile dello
sterminio, secondo fonti benevoli, di oltre un milione di morti nelle sue
guerre galliche, passa per uno statista illuminato; e anche Napoleone, il quale
portava a morte in una sola campagna d’aggressione mezzo milione di poveracci,
poteva ben dire dall’alto del suo genio tattico che la Francia, “con una notte
d’amore”, avrebbe potuto rimpiazzarli.
Hitler, invece, secondo la vulgata, era pazzo e i
fascismi fenomeni di follia collettiva, o quanto meno di suggestione di massa, mentre
invece furono il portato delle contraddizioni del modo di produzione
capitalistico e della lotta di classe fomentata dalla borghesia in Europa, come
prova il fatto che il fascismo perdurò anche nel dopoguerra, per esempio in
Spagna, dove gli elementi che scatenarono la guerra civile (un milioncino di
morti), con l’intervento determinante di Mussolini e Hitler, restarono poi al
potere per decenni.
* * *
E vengo all’operaio che secondo l’on. Boldrini,
eletta nelle liste di Sinistra, ecologia
e libertà, dovrebbe diventare giudice del proprio delitto già prima che
esso sia consumato. Un giudizio e una condanna preventiva che nella sentenza pronunciata
dal presidente della camera è già cassazione e quindi giurisprudenza.
Gli operai devono assumere comportamenti responsabili, ritirarsi nel convento di una coscienza inattiva, rassegnata, magari di una coscienza del peccato, pentirsi dei loro trascorsi opulenti come vorrebbe anche il Geppetto ligure.
Tuttalpiù manifestare il proprio dissenso
compostamente, in passeggiata per Roma. In attesa che i signori del sindacato
in accordo con quelli dell’economia e con la benedizione della classe politica,
creino le condizioni della “crescita”, dello “sviluppo” e già non più del
“welfare”. In modo, per esempio, da gestire il
contratto aziendale in modo privatistico, applicato soltanto agli iscritti al
sindacato, per cui quelli non iscritti ne resteranno fuori. Eccetera.
Insomma, con la trance ipnotica alla quale ci sottopongono, irradiandoci
in tutte le reti della comunicazione coi loro linguaggi paranoici, i media
controllati dalla borghesia puntano anzitutto a stabilire i significati del
dominio, a piegare i comportamenti sociali ai programmi riproduttivi dei
rapporti sociali alienati. È una lotta assassina che non ammette devianze, trasgressioni
innovative e ribelli, se non quelle apparenti e funzionali.
Bloccano così ogni possibilità di comunicazione autentica, non
ghettizzata. Informano deformando, simulando dissimulano, obbligano a dire
esercitando costrizione e gregarismo, autorizzano vietando, generano la colpa e
seminano la paura. Usano una lingua che parla al maschile le sue modellazioni
del mondo e impone al femminile il luogo gerarchico della subalternità.
Sono messaggeri del padrone, arroganti e intimidatori da un alto, quanto
servili e mascherati dall’altro. Hanno un sapore disgustoso, un gusto alienato,
ostile, estraneo, contrapposto. Sapore del dominio di una classe che muore e
non rimanda ad altri saperi, una classe rivolta al passato e infinitamente
ripetitiva degli stereotipi autorizzati, che non concepisce la vita se non come
sopravvivenza, oppressione, sofferenza.
(*) Leggi strettamente finalizzate alla soddisfazione
della motivazione biologica, per es.: la fame.
(**) L’uomo nella sua attività lavorativa non
effettua solo un cambiamento di forma dell’elemento naturale, bensì egli
realizza nell’elemento naturale, allo stesso tempo, il proprio scopo, da lui
ben conosciuto, il quale scopo determina come legge il modo del suo operare, e
al quale deve subordinare la sua volontà (cfr. Il Capitale, I, cap. 5).
ma il re è nudo e un episodio a volte è sufficiente a scatenare l'emulazione.
RispondiEliminaNon credo che siano così abili come li descrivi.
Hanno dato moltissimo spazio alla notizia e alla vita dello sparatore.
Prevedo a breve molti preiti.
Marx tentò in tutti i modi di completare il suo pensiero basandosi sulle scoperte di Darwin. Volle addirittura dedicare il secondo libro del Capitale allo scienziato inglese il quale gentilmente, ma fermamente, declinò l'offerta.
RispondiEliminaIn una lettera a Engels scrisse "E'degno di nota come Darwin riconosca tra le bestie e le piante la sua società inglese, con la sua divisione del lavoro, l'apertura di nuovi mercati, la competizione e la 'malthusiana' lotta per l'esistenza".
Questo significa che Marx, pensatore rigoroso quanto pochi altri, era perfettamente consapevole dell'insufficienza di basare le proprie teorie su presupposti non biologici.
Bisogna imparare a vedere il capitalismo come un fenomeno "naturale" che, come tutti i fenomeni "naturali" che non viene distrutto da fattori esterni, si autodistrugge dall'interno.
La teoria dell'evoluzione, sviluppata da Darwin, investe anche i fenomeni sociali, anche adesso, anche se in modi non sempre visibili. Marx, l'aveva intuito, al di là, forse, di Darwin stesso.
E' importante vedere la continuità dell'opera della "natura" anche nel comportamento sociale dell'uomo, senza cesure, che neanche Marx, in fondo, trovava. IL suo problema era nel desiderare un "lieto fine" necessario, quando in natura ci può essere teleologia, ma non finalismo.
PS Scusa se intervengo ancora, Olympe, ma i tuoi post sono troppo stuzzicanti ... comunque prometto che mi limito.
OOPs, scusa, volevo dire il primo libro del Capitale ... quella del secondo libro è una leggenda ... comunque, post densi, come sempre.
RispondiElimina