In
un’epoca in cui è cambiata la geografia economica e con essa stanno mutando le
società industriali, in cui la crisi è appena iniziata e già sembra infinita
a molti, rivelatrice dell’ormai irriducibile dispiegarsi della contraddizione
tra forze produttive e rapporti di produzione, ebbene questa mattina – come del
resto a ogni ora – in televisione degli esperti del vacuo parlavano del nulla
elettorale.
E
ciò mi ha fatto ricordare un brano di un romanzo che ho letto in questi giorni,
laddove l’autore si compiace di descrivere i sentimenti e i motivi di un’epoca
non dissimile per carattere alla nostra:
Allora doveva essere molto forte in me il
presentimento profetico, la sensazione che questi miei commilitoni fossero
indubbiamente in grado di farsi onore a un esame, non però in una guerra. Erano
venuti su troppo viziati nella Vienna incessantemente nutrita dai paesi della
Corona, figli inermi, quasi ridicolmente inermi, dell’infiacchita e fin troppo
cantata città capitale e residenza imperiale, che simile a uno splendido ragno
ammaliatore se ne stava nel bel mezzo della rete giallo-nera e incessantemente
succhiava forza e sostanza e splendore dai circostanti paesi della Corona.
Delle tasse che pagava il mio povero cugino, il caldarrostaio Joseph Branco Trotta
di Sipolje, delle tasse che pagava il vetturino ebreo Manes Reisiger di
Zlotogrod, che conduceva un’esistenza miserabile, vivevano le superbe case sul
Ring, che appartenevano alla famiglia ebrea Todesco a cui era stato conferito
il titolo baronale, e gli edifici pubblici, il Parlamento, il Palazzo di
Giustiza, l’Università, l’Istituto di Credito fondiario, il Burgtheater, la
Hofopr e finanche la direzione di polizia.
Se
c’è da cogliere una differenza con l’oggi, ossia con quello che ci riguarda in
casa, è che da noi manca l’attenzione e la cura, ordinaria e non solo di stampo
absburgico, per i teatri, le università e il patrimonio pubblico in generale.
Quel
cambio d’epoca durò grossomodo un mezzo secolo, o, se vogliamo dividerlo nelle
sue due fasi cruciali, in un paio di quarti di secolo. Le vicende del primo
quarto, che va all’incirca dalla fine dell’Ottocento alla conclusione del Primo
conflitto mondiale e vide la scomparsa di quattro imperi secolari (*), furono il
risultato dell’imponente sviluppo industriale, del trionfo della borghesia; quelle
del secondo quarto, furono perlopiù il
prodotto, da un lato, della lotta tra le diverse potenze per il dominio
mondiale, e, dall’altro, la reazione violenta ed eversiva della grande
borghesia che, facendo leva sulle nuove classi urbane e la proprietà contadina,
con l’appoggio dell’antica nobiltà e del clero, volle mettere a tacere i
pericoli fomentati dal movimento rivoluzionario comunista, socialista e
anarchico. Le prove generali avvennero in Italia, laboratorio del totalitarismo
moderno.
Il
tutto costò alla sola Europa l’annientamento di alcune generazioni di giovani,
la cancellazione di antiche città, la dispersione e il genocidio, la divisione anche
fisica del continente in due blocchi di potenze contrapposte, e altre squisite
tragedie.
(*) Ci metto anche quello guglielmino, che pur sempre di continuità con gli antichi assetti dinastici si tratta.
(*) Ci metto anche quello guglielmino, che pur sempre di continuità con gli antichi assetti dinastici si tratta.
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