martedì 21 maggio 2013

Falsificazioni del marxismo /2



Naturalmente sul ruolo delle classi sociali nella storia Canfora non poteva tacere del tutto in un’opera che tratta del potere, e infatti l’intervistatore a p. 188 chiede al chiarissimo docente:

«Per tornare ai caratteri generali del fenomeno schiavistico, lei è convinto che si possa definire in termini di classe?»

Al che Canfora svicola, non risponde affermativamente o negativamente, inizia la sua risposta citando Marx:

«“La Storia di tutte le società esistite fino ad oggi è storia delle lotte tra le classi”. Bisogna però saper introdurre – ricama Canfora – le opportune distinzioni, perché, soprattutto nel caso degli schiavi che svolgono servizio domestico vengono “cooptati”, in molti casi sono trattati ben diversamente da quelli che lavorano nelle miniere o nelle campagne.»

Che cavolo di risposta è mai questa? La domanda posta riguarda i caratteri generali del fenomeno schiavistico e non la distinzione tra le diverse categorie del lavoro servile. Che dei servi in particolare vengano adibiti a cercare i pidocchi in testa ai propri padroni o a lavorare nella porcilaia non c’entra nulla. La domanda è se la schiavitù come condizione generale si può definire in termini di classe oppure no!



Il criterio fondamentale che distingue le classi è il loro posto nella produzione sociale e in conseguenza il loro rapporto con i mezzi della produzione. Così come invece si esprime Canfora la definizione del fenomeno schiavistico nelle sue categorie particolari diventa merda sociologica e aleatorie le determinazioni economiche di un dato modo di produzione, ossia la sola sede dove vanno esaminati il grado maggiore o minore degli antagonismi sociali derivanti dalle leggi di sviluppo della produzione. E non sul fatto che uno schiavo lavori alla catena di montaggio o faccia la colf presso il domicilio di un docente universitario.

E lo stesso può dirsi dell’inizio del sesto capitolo, laddove scrivendo della schiavitù nella Grecia antica non si va oltre il riconoscimento dell’esistenza della schiavitù stessa:

«La schiavitù era un fatto del tutto normale, anche se spesso non viene molto enfatizzato perché guasta l’immagine idilliaca della classicità».

Ma che cazzo di modo di esprimersi è questo? Dove insegna Canfora, all’università o alle elementari? Ovvio, lo sa anche un bambino di terza elementare che la schiavitù era un fatto del tutto normale nell’antichità, così come anche un docente universitario dovrebbe sapere che il lavoro salariato, cioè la schiavitù moderna, è un fatto del tutto pacifico e non si tende a enfatizzarlo perché guasta l’immagine idilliaca del sistema sociale attuale. Si scrive e si vende questo genere di banalità ormai.

Non era forse il caso di sottolineare che senza la schiavitù non sarebbero esistiti né lo Stato, né l'arte, né la scienza della Grecia; senza la schiavitù non ci sarebbe stato l'impero romano. E senza le basi della civiltà greca e dell'impero romano non ci sarebbe l'Europa moderna. Non era forse il caso di rammentare che tutto il nostro sviluppo economico, politico e intellettuale ha come suo presupposto uno stato di cose in cui la schiavitù era tanto necessaria quanto generalmente riconosciuta, e che proprio per questo motivo, ossia dati tali presupposti storici del mondo antico, e specialmente del mondo ellenico, il progresso verso una società fondata sugli antagonismi delle classi poté compiersi solo nella forma della schiavitù, e che tutti gli antagonismi storici sinora esistiti tra classi sfruttatrici e classi sfruttate, classi dominanti e classi oppresse, trovano la loro spiegazione nella stessa produttività, relativamente poco o nulla sviluppata, del lavoro umano?

E magari, visto che Canfora passa per un “marxista”, era forse il caso di rammentare al lettore che sino a quando la popolazione effettivamente lavoratrice è stata tanto impegnata nel suo lavoro necessario da non aver tempo di occuparsi degli affari comuni della società, direzione del lavoro, affari di Stato, questioni giuridiche, arte, scienze, ecc., è sempre esistita una classe dominante che, libera dall'effettivo lavoro, si occupasse di questi affari; ma così facendo, in effetti, questa classe non ha mai mancato di addossare alle masse lavoratrici un fardello di lavoro sempre crescente per il proprio profitto.

Che solo l'enorme incremento delle forze produttive, raggiunto mediante la grande industria, permette di distribuire (cari decrescisti) il lavoro fra tutti i membri della società senza eccezioni, e perciò di limitare il tempo di lavoro per ciascuno in tal misura che per tutti rimanga un tempo libero sufficiente per partecipare, sia teoricamente quanto nella pratica, agli affari generali della società. Quindi, concludendo con Engels, solo oggi ogni classe dominante e sfruttatrice è diventata superflua, anzi è diventata un ostacolo allo sviluppo della società e solo ora essa sarà anche inesorabilmente eliminata, per quanto possa essere in possesso della "violenza immediata".

Ecco dunque, a mio avviso, ciò che rimane in secondo piano o addirittura del tutto trascurato nella paludata ricostruzione storica di Canfora, ossia in primo luogo il fatto che ogni forza politica è fondata originariamente su una funzione economica prima ancora che politica!

E non finisce qui, continua nel prossimo post.

1 commento:

  1. Olympe, ma questo Canfora ti ha proprio fatto incazzare eh!

    Saluti da F.G

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