Naturalmente sul ruolo delle classi sociali nella
storia Canfora non poteva tacere del tutto in un’opera che tratta del potere, e
infatti l’intervistatore a p. 188 chiede al chiarissimo docente:
«Per tornare
ai caratteri generali del fenomeno schiavistico, lei è convinto che si possa
definire in termini di classe?»
Al che Canfora svicola, non risponde affermativamente
o negativamente, inizia la sua risposta citando Marx:
«“La Storia
di tutte le società esistite fino ad oggi è storia delle lotte tra le classi”.
Bisogna però saper introdurre – ricama Canfora – le opportune distinzioni,
perché, soprattutto nel caso degli schiavi che svolgono servizio domestico
vengono “cooptati”, in molti casi sono trattati ben diversamente da quelli che
lavorano nelle miniere o nelle campagne.»
Che cavolo di risposta è mai questa? La domanda posta
riguarda i caratteri generali del
fenomeno schiavistico e non la distinzione tra le diverse categorie del lavoro
servile. Che dei servi in particolare vengano adibiti a cercare i pidocchi in testa ai
propri padroni o a lavorare nella porcilaia non c’entra nulla. La domanda è se la
schiavitù come condizione generale si può definire in termini di classe oppure
no!
Il criterio fondamentale che distingue le classi è il loro posto nella produzione sociale e
in conseguenza il loro rapporto con i mezzi della produzione. Così come invece si esprime Canfora la definizione del
fenomeno schiavistico nelle sue categorie particolari diventa merda sociologica
e aleatorie le determinazioni economiche di un dato modo di produzione, ossia
la sola sede dove vanno esaminati il grado maggiore o minore degli antagonismi
sociali derivanti dalle leggi di sviluppo della produzione. E non sul fatto che
uno schiavo lavori alla catena di montaggio o faccia la colf presso il
domicilio di un docente universitario.
E lo stesso può dirsi dell’inizio del sesto capitolo,
laddove scrivendo della schiavitù nella Grecia antica non si va oltre il
riconoscimento dell’esistenza della schiavitù stessa:
«La
schiavitù era un fatto del tutto normale, anche se spesso non viene molto
enfatizzato perché guasta l’immagine idilliaca della classicità».
Ma che cazzo di modo di esprimersi è questo? Dove
insegna Canfora, all’università o alle elementari? Ovvio, lo sa anche un
bambino di terza elementare che la schiavitù era un fatto del tutto normale
nell’antichità, così come anche un docente universitario dovrebbe sapere che il
lavoro salariato, cioè la schiavitù moderna, è un fatto del tutto pacifico e
non si tende a enfatizzarlo perché guasta l’immagine idilliaca del sistema
sociale attuale. Si scrive e si vende questo genere di banalità ormai.
Non era forse il caso di sottolineare che senza la
schiavitù non sarebbero esistiti né lo Stato, né l'arte, né la scienza della
Grecia; senza la schiavitù non ci sarebbe stato l'impero romano. E senza le
basi della civiltà greca e dell'impero romano non ci sarebbe l'Europa moderna.
Non era forse il caso di rammentare che tutto il nostro sviluppo economico,
politico e intellettuale ha come suo presupposto uno stato di cose in cui la schiavitù
era tanto necessaria quanto generalmente riconosciuta, e che proprio per questo
motivo, ossia dati tali presupposti storici del mondo antico, e specialmente
del mondo ellenico, il progresso verso una società fondata sugli antagonismi
delle classi poté compiersi solo nella forma della schiavitù, e che tutti gli
antagonismi storici sinora esistiti tra classi sfruttatrici e classi sfruttate,
classi dominanti e classi oppresse, trovano la loro spiegazione nella stessa
produttività, relativamente poco o nulla sviluppata, del lavoro umano?
E magari, visto che Canfora passa per un “marxista”,
era forse il caso di rammentare al lettore che sino a quando la popolazione
effettivamente lavoratrice è stata tanto impegnata nel suo lavoro necessario da
non aver tempo di occuparsi degli affari comuni della società, direzione del
lavoro, affari di Stato, questioni giuridiche, arte, scienze, ecc., è sempre esistita
una classe dominante che, libera dall'effettivo lavoro, si occupasse di questi
affari; ma così facendo, in effetti, questa classe non ha mai mancato di
addossare alle masse lavoratrici un fardello di lavoro sempre crescente per il
proprio profitto.
Che solo l'enorme incremento delle forze produttive,
raggiunto mediante la grande industria, permette di distribuire (cari decrescisti) il lavoro fra
tutti i membri della società senza eccezioni, e perciò di limitare il tempo di
lavoro per ciascuno in tal misura che per tutti rimanga un tempo libero
sufficiente per partecipare, sia teoricamente quanto nella pratica, agli affari
generali della società. Quindi, concludendo con Engels, solo oggi ogni classe
dominante e sfruttatrice è diventata superflua, anzi è diventata un ostacolo
allo sviluppo della società e solo ora essa sarà anche inesorabilmente
eliminata, per quanto possa essere in possesso della "violenza
immediata".
Ecco dunque, a mio avviso, ciò che rimane in secondo
piano o addirittura del tutto trascurato nella paludata ricostruzione storica
di Canfora, ossia in primo luogo il fatto che ogni forza politica è fondata originariamente su una funzione economica
prima ancora che politica!
E non finisce qui, continua nel prossimo post.
Olympe, ma questo Canfora ti ha proprio fatto incazzare eh!
RispondiEliminaSaluti da F.G