L’intervista
sul potere di Luciano Canfora è
certamente un libro di grande interesse, "denso", come amano dire quelli che apprezzano
la commistione continua di argomenti e tesi tra i più disparati e non di rado
tra loro contraddittori. Un libro che è un monumento di erudizione per le insistenti citazioni e rinvii bibliografici. Insomma, un’opera
che piace a un certo pubblico e che può poi essere usata come un bancomat dal
quale prelevare un po’ di quella stessa moneta da spendere sul mercato delle idee
correnti e in saldo.
Non si parla quasi che di élite, generali, statisti,
dittatori e cialtroni del genere. Dall’antichità a ieri l’altro mattina. Le
cause del mutamento sociale e di rivolgimento statuale per
Canfora vanno ricercate nel gioco politico tra le diverse élite da un lato e
nella disputa per l’egemonia tra potenze dall’altro. Le quali cose, soprattutto
la seconda, indubbiamente rivestono la loro importanza; e tuttavia se tali
aspetti sono declinati lasciando in ombra un fattore essenziale e decisivo
della dinamica storica, quale il ruolo dei mutamenti del modo di produzione e
di scambio, matrice dei
rapporti di dominio e di servitù, di conquista ed espansione, si finisce nell’histoire événementielle, pur se nella versione
prestigiosa dei tipi Laterza.
Può essere un esempio il modo in cui il filologo barese
delinea le cause dell’affermazione del cristianesimo, francamente con
argomentazioni datate e assai banali sulle quali forse ritornerò in una
prossima occasione.
Ed è appunto trascurando l’aspetto decisivo dei rapporti
sociali basati sulla produzione e lo scambio, dunque gli antagonismi reali tra
le classi, che Canfora può stabilire che nazismo e fascismo rappresentino una “terza
via tra capitalismo e socialismo”. Come se, appunto, i mutamenti d’ordine politico
potessero imprimere di per sé il cambiamento dell’ordine economico e dei
relativi rapporti sociali.
Paradossalmente, per certi versi, è lo stesso errore che
Canfora, in un suo libretto del 2009 (La
natura del potere), attribuisce e rimprovera alla formulazione di Marx ed
Engels contenuta nel Manifesto del
1848, laddove la conquista del potere da parte del proletariato per attuare il
loro programma è data per ottenuta con il “suffragio universale”!
Cosa non
vera, peraltro, poiché si tratta di una forzatura di Canfora stesso, il quale non
può esimersi dal precisare che Marx ed Engels non usano tale locuzione, bensì quella di “conquista della democrazia”, che evidentemente per Canfora è concetto equipollente a quello di suffragio universale. Ed infatti noi vediamo ogni giorno come per “democrazia”
s’intenda essenzialmente il voto elettorale. E sì che Canfora ha scritto un
poderoso e interessante volume sulla democrazia quale storia di un’ideologia.
Solo che Marx ed Engels la conquista della democrazia l’intendono
in modo diverso dal mero suffragio universale, laddove invece si tratta di
“eliminare il carattere miserabile di questa appropriazione, nella quale
l'operaio vive solo allo scopo di accrescere il capitale, e vive solo quel
tanto che esige l'interesse della classe dominante”. E che ciò possa avvenire,
secondo Marx ed Engels, per mezzo del voto elettorale, è una fantasia e una
strumentalizzazione di Canfora.
Infatti, subito dopo, i due estensori del Manifesto, indicano le prime dieci
misure da prendere (le elenca anche Canfora irridendole) in tal senso, scrivendo
esattamente: “Naturalmente, ciò può
avvenire, in un primo momento,
solo mediante interventi despotici nel
diritto di proprietà e nei rapporti borghesi di produzione, cioè per mezzo
di misure che appaiono insufficienti e poco consistenti dal punto di vista
dell'economia; ma che nel corso del movimento si spingono al di là dei propri
limiti e sono inevitabili come mezzi per il rivolgimento dell'intero sistema di produzione”.
Come ciò potesse conciliarsi e ottenersi con il mero “suffragio
universale”, lo sa solo Canfora e chi gli dà retta.
Sul “suffragio universale”, Marx scriverà solo due anni dopo:
«Il dominio borghese come emanazione e risultato del suffragio
universale, come espressione della volontà popolare sovrana, questo è il significato
della Costituzione borghese». Quindi,
nulla di più lontano dalla sua concezione e dalle prospettive di Marx.
Tutto ciò non deve sorprendere, come cercherò
peraltro di illustrare nel post successivo, questo è il modo consueto di
falsificare Marx ed Engels da parte degli esponenti del
pensiero borghese al quale Canfora di diritto va annoverato. Dico questo nella
certezza che si tratta per il professore barese di un titolo di cui
compiacersi.
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